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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 3.1897

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Fasc. V
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Menotti, Mario: Van Dyck a Genova, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.19209#0423

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VAN DYCK A GENOVA 387

se egli vi avesse sortito i natali. Roma e Venezia intanto lo chiamavano, e non è improba-
bile che lo spettacolo desolante dei flagelli affrettassero la sua partenza.

Infatti, nel febbraio di quell'anno, tolse commiato dai De Wael, s'imbarcò sopra una feluca,
e, da Civitavecchia, giunse presto nell'Urbe, contrariamente a quanto affermò il Walpole,1 che
cioè da Genova il pittore si fosse recato a Venezia.

Il primo soggiorno a Roma fu tutto impiegato nello studio dell'antichità, e nessuno
sospettò nello studioso interrogatore delle colonne del Foro, nel frequentatore delle Collezioni

VAN DYCK - SCHIZZO PER L'ECCE HOMO DELLA. GALLERIA DI BERLINO

Collezione Dutuit, Parigi

Vaticane, il potente ritrattista fiammingo. Di null'altro preoccupato, se non di far tesoro
degli insegnamenti dei grandi maestri antichi, non si curò che di prender note e schizzi,
che gli avrebbero servito più tardi. Già da qualche tempo trova vasi in Roma, quando, non
sapendo più resistere al desiderio di conoscere in casa loro i preferiti suoi Veneziani, partì
alla volta della città di San Marco, passando per Firenze. Qui fu assai bene accolto dallo zio
del piccolo Ferdinando II de' Medici, che l'incaricò di ritrarlo, regalandogli in ricambio cento
zecchini d'oro. Alla Corte era tenuto in gran conto Giusto Substermans, patrizio d'Anversa,
quasi coetaneo di Antonio; nel ritratto aveva raggiunto una incontestata eccellenza ed era
pittore di Corte. Antonio apprezzava assai in lui, oltre all'ingegno, le gentili maniere e l'edu-

1 Walpole.
 
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