396 STANISLAO FRASCHETTI
Di queste figure, dice il Perkins — il quale non le ha viste neppur tutte —■ che hanno
un semplice valore decorativo ;1 io, senza giungere alla crudezza della definizione di questo
scrittore, dirò bensì che alcune delle teste di codeste statue sono difformi e duramente model-
late : che la più parte de'panneggi è convenzionale e talvolta veste a caso la figura; ma
aggiungerò inoltre che le proporzioni sono generalmente giuste: che il disegno è d'una
eleganza quasi giottesca e che alcune non sono prive di una certa pensosa bellezza che spira
dai volti purissimi.
Queste Virtù trecentistiche non sono più rappresentate da suore e da monaci a seconda
della tradizione ieratica, sì bene da damigelle coronate, mistiche come nel paradiso dantesco,
aulenti ed esangui gigli di purezza che affermano la emancipazione delle umane forme laiche
su quelle oscure claustrali.
La GIVSTIZIA — raffigurata nel pilastro destro anteriore — ha il volto un poco duro
e allungato, dal profilo caratteristico, incorniciato dalla chioma fluente
in riccioli gonfi e grossolani distribuiti su la fronte da un curiosissimo
serto formato di anella, arieggianti il contorno d'un violino, strettamente
inserite l'una nell'altra nello stesso modo e quasi nella stessa forma
della coda di un serpente a sonagli. Ha nella mano sinistra alzata sul
petto la bilancia, mentre con la destra sorregge sul fianco uno spadone
chiuso nel fodero; ma questi simboli appaiono notevolmente danneggiati.
Ha il petto appena arrotondato e la vita stretta da una cintura donde
scendono le pieghe ampie foggiate a festoni obliqui che nascondono
ogni forma del corpo. Il naso adunco, gli occhietti socchiusi e l'ovale
allungato del volto rammentano certe figure virili ne' primissimi intagli
del campanile di Firenze. Le ali, elegantemente profilate ma somma-
riamente graffite, fiancheggiano la figura adattate in simetria su la
convessità del pilastro.
Questa rappresentazione della Giustizia è la più comune ed insieme
la più chiara: in seguito, tolto l'istrumento mercantile, fu anco raffigu-
rata con la corona e con lo scettro, come nel 1350 o poco dopo da
Taddeo Gaddi nel cappellone degli Spagnuoli in Santa Maria Novella
La Giustizia Firenze, e nel 1493 da Antonio Pollaiolo nel sepolcro di Sisto IV
al Vaticano.
Accoppiata con la Giustizia nel medesimo pilastro appare la seconda delle quattro fonti
d'onestà e della scienza del vero, esaltate dai filosofi d'Alessandria e proclamate da Cicerone
e da Dante: la FORTEZZA. Questa Virtù che suol essere rappresentata da un'infinità di
simboli, quali la corona, lo scettro, la corazza, la pelle di leone, la spada, la picca, il globo,
la torre, qui è vigorosamente raffigurata da un leone che la possente fanciulla afferra per
le zampe posteriori. Ella ha il bel volto fine e intelligente, rialzato a manca, dalla bocca
semiaperta atteggiata quasi a lanciare una sfida suprema. Col piede sinistro preme la irsuta
testa felina nel modo stesso in cui fu rappresentato l'arcangelo Gabriele nell'atto di schiac-
ciare il mostro tartareo. Ha l'ovale del volto più leggiadro e meglio proporzionato della
figura precedente, ed i capelli, acconciamente partiti sulla fronte, scendono dalle due parti.
La modellatura del corpo è rude, ma dall'insieme traspare evidente lo sforzo: il petto è
quadrato, levigato, senza grazia, e vi si allaccia una specie di manto succinto, con una
gemma ; ornamento che si trova ripetuto in molte consimili statue dei monumenti vicini.
La testa della belva è di rozzo e sommario lavoro, e, nel complesso, la figura umana se
guadagna nel carattere e nella vivacità dell'espressione, perde nella finezza e nell'eleganza.
La prima figura del pilastro simetrico, la quale reca nella destra un grosso mazzo di
fiori, raffigura la TEMPERANZA. L'ampio panneggio grossolano, scendente a costole diritte
1 Italian Sculptor : being a History of Sculpture in Northern, Southern and Eastem Italy. London, 1868.
Di queste figure, dice il Perkins — il quale non le ha viste neppur tutte —■ che hanno
un semplice valore decorativo ;1 io, senza giungere alla crudezza della definizione di questo
scrittore, dirò bensì che alcune delle teste di codeste statue sono difformi e duramente model-
late : che la più parte de'panneggi è convenzionale e talvolta veste a caso la figura; ma
aggiungerò inoltre che le proporzioni sono generalmente giuste: che il disegno è d'una
eleganza quasi giottesca e che alcune non sono prive di una certa pensosa bellezza che spira
dai volti purissimi.
Queste Virtù trecentistiche non sono più rappresentate da suore e da monaci a seconda
della tradizione ieratica, sì bene da damigelle coronate, mistiche come nel paradiso dantesco,
aulenti ed esangui gigli di purezza che affermano la emancipazione delle umane forme laiche
su quelle oscure claustrali.
La GIVSTIZIA — raffigurata nel pilastro destro anteriore — ha il volto un poco duro
e allungato, dal profilo caratteristico, incorniciato dalla chioma fluente
in riccioli gonfi e grossolani distribuiti su la fronte da un curiosissimo
serto formato di anella, arieggianti il contorno d'un violino, strettamente
inserite l'una nell'altra nello stesso modo e quasi nella stessa forma
della coda di un serpente a sonagli. Ha nella mano sinistra alzata sul
petto la bilancia, mentre con la destra sorregge sul fianco uno spadone
chiuso nel fodero; ma questi simboli appaiono notevolmente danneggiati.
Ha il petto appena arrotondato e la vita stretta da una cintura donde
scendono le pieghe ampie foggiate a festoni obliqui che nascondono
ogni forma del corpo. Il naso adunco, gli occhietti socchiusi e l'ovale
allungato del volto rammentano certe figure virili ne' primissimi intagli
del campanile di Firenze. Le ali, elegantemente profilate ma somma-
riamente graffite, fiancheggiano la figura adattate in simetria su la
convessità del pilastro.
Questa rappresentazione della Giustizia è la più comune ed insieme
la più chiara: in seguito, tolto l'istrumento mercantile, fu anco raffigu-
rata con la corona e con lo scettro, come nel 1350 o poco dopo da
Taddeo Gaddi nel cappellone degli Spagnuoli in Santa Maria Novella
La Giustizia Firenze, e nel 1493 da Antonio Pollaiolo nel sepolcro di Sisto IV
al Vaticano.
Accoppiata con la Giustizia nel medesimo pilastro appare la seconda delle quattro fonti
d'onestà e della scienza del vero, esaltate dai filosofi d'Alessandria e proclamate da Cicerone
e da Dante: la FORTEZZA. Questa Virtù che suol essere rappresentata da un'infinità di
simboli, quali la corona, lo scettro, la corazza, la pelle di leone, la spada, la picca, il globo,
la torre, qui è vigorosamente raffigurata da un leone che la possente fanciulla afferra per
le zampe posteriori. Ella ha il bel volto fine e intelligente, rialzato a manca, dalla bocca
semiaperta atteggiata quasi a lanciare una sfida suprema. Col piede sinistro preme la irsuta
testa felina nel modo stesso in cui fu rappresentato l'arcangelo Gabriele nell'atto di schiac-
ciare il mostro tartareo. Ha l'ovale del volto più leggiadro e meglio proporzionato della
figura precedente, ed i capelli, acconciamente partiti sulla fronte, scendono dalle due parti.
La modellatura del corpo è rude, ma dall'insieme traspare evidente lo sforzo: il petto è
quadrato, levigato, senza grazia, e vi si allaccia una specie di manto succinto, con una
gemma ; ornamento che si trova ripetuto in molte consimili statue dei monumenti vicini.
La testa della belva è di rozzo e sommario lavoro, e, nel complesso, la figura umana se
guadagna nel carattere e nella vivacità dell'espressione, perde nella finezza e nell'eleganza.
La prima figura del pilastro simetrico, la quale reca nella destra un grosso mazzo di
fiori, raffigura la TEMPERANZA. L'ampio panneggio grossolano, scendente a costole diritte
1 Italian Sculptor : being a History of Sculpture in Northern, Southern and Eastem Italy. London, 1868.