/ SARCOFAGI DEI REALI ANGIOINI IN S. CHIARA DI NAPOLI
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e concentriche, è sorretto dalla sinistra e pare, anzi che una gonna, un drappo qualunque
adattato sul corpo a rao' di grembiule. Il capo è cinto dalla corona, che ha tutti i gigli spez-
zati, donde scendono i capelli ondulati nello stesso modo della figura simetrica, incorniciando
il volto sereno e leggiadro, dagli occhi allungati dei dipinti giotteschi, qui però offuscati e
senza vita. La movenza del busto è abbastanza sciolta nonostante un lieve difetto di pro-
porzione nel braccio destro : le ali adattate al pilastro sono appena appena incise, e il mazzo
dei fiorellini, eguali, a quattro petali, è bucherellato profondamente col trapano. Le mani
finalmente sono liscie, allungate, convenzionali, pur non essendo prive di una certa eleganza
nelle movenze.
Questa gentile rappresentazione della Temperanza non è la più comune, benché anche
nell'apoteosi di San Tommaso d'Aquino in Santa Maria Novella sia raffigurata con un verde
ramoscello. Di solito i fiori si trovano nelle allegorie della Speranza, mentre l'attributo più
usitato nella Temperanza è il versare dell'acqua nel vino operato con
due calici come nel detto monumento del Pollaiolo, e in un altro pure
del Quattrocento nel chiostro di Santa Maria sopra Minerva in Roma,
che chiude le spoglie del cardinale Agnensi, napolitano.
Nella parte posteriore del pilastro medesimo appare scolpita la
figurazione della PRVDENZA, come si rileva dalla stranissima parti-
colarità delle due facce a seconda della derivazione scolastica. In altre
opere d'arte questa Virtù è anche simboleggiata dal compasso o dal
serpe come si vedrà in seguito nella tomba di Roberto d'Angiò. L'in-
sieme di questa figura è plasticamente armonico, ma idealmente am-
biguo nella espressione duplice e perciò negativa del corpo bicipite,
e non può conseguentemente avere che una importanza decorativa.
Reca nelle mani il libro della scienza universale e un oriuolo a polvere.
E coronata da un serto gigliato e le pieghe e le ali appaiono lavorate
assai più diligentemente che quelle delle altre allegorie.
Passando ai pilastri posteriori, a sinistra del primo si trova scol-
pita la SPERANZA, come appare dal simbolico uccello posato sulla
destra esprimente il significato poetico della Virtù alata proclive ai j a Temperanza
sublimi voli. Come nell'antichità classica la Speranza è dolcissima
sorella del Sonno che sospende le pene degli umani : spes publica, spes augusta, spes per-
fecta; e come tale impera nel sepolcro angioino concedendo la sua spiritualità allo sviluppo
sintetico del grande sentimento politico.
Ella si sporge in un atto sciolto ed elegante accompagnato dal braccio sinistro lieve-
mente alzato, chiusa nella gonna ampia drappeggiata in un modo assai più delicato e più
completo delle altre. I capelli, partiti su la fronte, ricadono liberamente in ciocche sulle
spalle rivelando uno studio più scrupoloso del vero e una tecnica più franca e risoluta.
A destra dello stesso pilastro è rappresentata un'altra delle Virtù classificate da San Paolo:
la FEDE. Reca questa figura nella sinistra tre libri : due chiusi con fermagli e uno aperto
su cui posa la destra in atto di ammonire. In altri monumenti la Fede fu anche simboleg-
giata dal calice, dalla croce, dal cero, dalla verga, dal globo, dai segni della passione e dallo
scudo radioso.
Questa statua ha i capelli divisi in ciocche scendenti inanellate sugli omeri, e, fra i tenui
riccioli, sul collo, in prossimità delle orecchie ricoperte, si arrotonda una fogliolina di acanto,
particolarità che ho osservata in consimili allegorie del monumento di Roberto d'Angiò ed
anche di altri. Il drappeggio della gonna è ampio ed elegante e il volto della spirituale
figura ha una espressione di amore e di gravità.
Nell'altro pilastro corrispondente è raffigurata a sinistra la madre di tutte le virtù: la
CARITÀ, che facilmente si rileva come non sia stata terminata dalla chioma appena squa-
drata dal tagliapietre, dal volto appena sbozzato e dalle pieghe accennate a colpi di scalpello.
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e concentriche, è sorretto dalla sinistra e pare, anzi che una gonna, un drappo qualunque
adattato sul corpo a rao' di grembiule. Il capo è cinto dalla corona, che ha tutti i gigli spez-
zati, donde scendono i capelli ondulati nello stesso modo della figura simetrica, incorniciando
il volto sereno e leggiadro, dagli occhi allungati dei dipinti giotteschi, qui però offuscati e
senza vita. La movenza del busto è abbastanza sciolta nonostante un lieve difetto di pro-
porzione nel braccio destro : le ali adattate al pilastro sono appena appena incise, e il mazzo
dei fiorellini, eguali, a quattro petali, è bucherellato profondamente col trapano. Le mani
finalmente sono liscie, allungate, convenzionali, pur non essendo prive di una certa eleganza
nelle movenze.
Questa gentile rappresentazione della Temperanza non è la più comune, benché anche
nell'apoteosi di San Tommaso d'Aquino in Santa Maria Novella sia raffigurata con un verde
ramoscello. Di solito i fiori si trovano nelle allegorie della Speranza, mentre l'attributo più
usitato nella Temperanza è il versare dell'acqua nel vino operato con
due calici come nel detto monumento del Pollaiolo, e in un altro pure
del Quattrocento nel chiostro di Santa Maria sopra Minerva in Roma,
che chiude le spoglie del cardinale Agnensi, napolitano.
Nella parte posteriore del pilastro medesimo appare scolpita la
figurazione della PRVDENZA, come si rileva dalla stranissima parti-
colarità delle due facce a seconda della derivazione scolastica. In altre
opere d'arte questa Virtù è anche simboleggiata dal compasso o dal
serpe come si vedrà in seguito nella tomba di Roberto d'Angiò. L'in-
sieme di questa figura è plasticamente armonico, ma idealmente am-
biguo nella espressione duplice e perciò negativa del corpo bicipite,
e non può conseguentemente avere che una importanza decorativa.
Reca nelle mani il libro della scienza universale e un oriuolo a polvere.
E coronata da un serto gigliato e le pieghe e le ali appaiono lavorate
assai più diligentemente che quelle delle altre allegorie.
Passando ai pilastri posteriori, a sinistra del primo si trova scol-
pita la SPERANZA, come appare dal simbolico uccello posato sulla
destra esprimente il significato poetico della Virtù alata proclive ai j a Temperanza
sublimi voli. Come nell'antichità classica la Speranza è dolcissima
sorella del Sonno che sospende le pene degli umani : spes publica, spes augusta, spes per-
fecta; e come tale impera nel sepolcro angioino concedendo la sua spiritualità allo sviluppo
sintetico del grande sentimento politico.
Ella si sporge in un atto sciolto ed elegante accompagnato dal braccio sinistro lieve-
mente alzato, chiusa nella gonna ampia drappeggiata in un modo assai più delicato e più
completo delle altre. I capelli, partiti su la fronte, ricadono liberamente in ciocche sulle
spalle rivelando uno studio più scrupoloso del vero e una tecnica più franca e risoluta.
A destra dello stesso pilastro è rappresentata un'altra delle Virtù classificate da San Paolo:
la FEDE. Reca questa figura nella sinistra tre libri : due chiusi con fermagli e uno aperto
su cui posa la destra in atto di ammonire. In altri monumenti la Fede fu anche simboleg-
giata dal calice, dalla croce, dal cero, dalla verga, dal globo, dai segni della passione e dallo
scudo radioso.
Questa statua ha i capelli divisi in ciocche scendenti inanellate sugli omeri, e, fra i tenui
riccioli, sul collo, in prossimità delle orecchie ricoperte, si arrotonda una fogliolina di acanto,
particolarità che ho osservata in consimili allegorie del monumento di Roberto d'Angiò ed
anche di altri. Il drappeggio della gonna è ampio ed elegante e il volto della spirituale
figura ha una espressione di amore e di gravità.
Nell'altro pilastro corrispondente è raffigurata a sinistra la madre di tutte le virtù: la
CARITÀ, che facilmente si rileva come non sia stata terminata dalla chioma appena squa-
drata dal tagliapietre, dal volto appena sbozzato e dalle pieghe accennate a colpi di scalpello.