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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 1.1898

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Fasc. 10-12
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Fraschetti, Stanislao: I sarcofagi dei reali angioini in Santa Chiara di Napoli
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https://doi.org/10.11588/diglit.24143#0489

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43°

STANI SLA O FRASCHE TTI

ritmica, librati ampiamente nel tran-
quillo remigar delle grandi ali, so-
stengono il bimbo in un moto lieve
come una carezza, ne' ginocchi e
ne'fianchi; e le gonne lunghe hanno
ampli svolazzi sul fluido leggero. I
volti nobilissimi vivono nella grazia
de' pensosi occhi allungati, e tutti i
minimi particolari del corpo fles-
suoso sono condotti con incompara-
bile delicatezza: i capelli che scen-
dono tenui sugli omeri, morbidi
come il musco: le picciole mani
protettrici, lievi come farfalle: i pie-
dini che spuntano sotto la gonna
fini e sottili come foglie ricurve.
Tutto vi è armonico e concorde :
l'atto di grazia delle teste, l'arrotondarsi delle ali, il protender delle braccia che fanno nel
gomito quel rigonfio delle maniche già osservato negli altri angioli del padiglione funebre di
Roberto, la curva armonica delle gambe e fino una piegolina della tunica a sommo del petto.

Il bimbo, con le mani adorabilmente giunte in una dolce preghiera, ha la faccia grassoccia
incorniciata dai capelli riccioluti, su cui appare rilevato il nasino insolente e incisi gli angoli
della bocca, abbassati intorno al mento rotondo. Le braccine grassocce, sebbene modellate
con una scarsissima ricerca anatomica, pure sono ben proporzionate, e le fasce infantili
scendono nel basso del corpicino lasciando liberi i piedi gentili e delicati come i petali d'un
giglio. Il dolce pargolo appare evidentissimo nell'innocente espressione, la quale implica quasi
una conscienza della prece santa e soave.

Degli altri membri del picciolo sepolcro non si ha traccia alcuna : si sa soltanto ch'esso
era situato nella cappella di Sant'Agnese, sul lato destro della nave, e che appariva ancora
nella sua integrità su lo scorcio del secolo XVII.

VI.

Del sepolcro di Maria di Durazzo.

S'è già vista questa Maria, figlia postuma di Carlo Illustre, raffigurata su i monumenti
della madre Maria di Valois e dell'avo Roberto d'Angiò. Ella nacque nel 1329 e si maritò
nel 1343 con Carlo di Durazzo, dal quale ebbe cinque figliuoli, che furono: Giovanna, Ludo-
vico, Agnese, Margarita e Clemenza. Alla morte di Carlo passò a seconde nozze con Roberto
del Balzo, conte di Avellino, col quale non ebbe alcun figliuolo, e, morto a sua volta que-
st'altro marito, si unì nel 1353 con Filippo III, principe di Taranto e imperatore di Costan-
tinopoli, con cui procreò alcuni figliuoli difformi, che morirono tutti piccini.

Maria si spense nel 1366 e fu seppellita nella tomba ornatissima che tuttora si vede
a fianco di quella del grande Roberto.

Di codesto monumento non s'è potuto assolutamente precisare l'autore, poi che le carte
angioine non parlano affatto di esso. Molto ingenuamente il Perkins, su la scorta mendace
del De Dominici, lo dice opera del famigerato Masuccio ; ma tutti sanno ornai in qual conto
si possa tenere questa gratuita asserzione. 1

1 II Filangieri nel suo Indice degli Artefici, in una
nota a pag. 581 del primo volume, accenna a una

tomba della regina Maria, condotta da Gagliardo Pri-
mario in Santa Chiara. Certo questo è un errore di
 
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