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STANISLAO FRASCHETTT
Da un foro praticato nella faccia laterale sinistra dell' arca ho potuto vedere ciò che
resta della spoglia di Maria, la bella principessa rapita dal Castelnuovo in una notte d'amore.
Poche ossa giallicce appaiono consparse fra i calcinacci su un logoro e ricco sudario. Ho
potuto esaminare qualche brano della stoffa preziosa che si dissolve al contatto dell'aria :
è un tessuto di broccato finissimo d'un color d'oro fosco, su cui ancora si scorge il lavorìo
della trama delicata. Cinquecent'anni di barbarie, di licenza e di profanazione non hanno
potuto ancora disperdere quelle misere tracce di fasti meravigliosi.
Il Padiglione. — S'apre su gli alti pilastrelìi occupati dagli usati angioli custodi del
velario funebre, i quali hanno qui un disegno molle e indeciso come quello del gruppo cen-
trale dell'arca: le loro forme arrotondate hanno un non so che di languore, e le braccia
pendono stancamente come foglie morte da un albero: la modellatura è sommaria, vaga,
senza sapienza e senza audacia ; il partito di pieghe della cortina è semplice e di poco rilievo.
.Sull'azzurro araldico del fondo lumeggiato di faville d'oro si allunga la resupina statua
di Maria, ricca e regale nel manto arabescato, nella corona gigliata, nello scettro e nel
globo simbolico. Reca inoltre sul sommo del petto quel medaglione fregiato d'un grosso
giglio di cui vanno adorne le statuine dei sovrani nel sarcofago del grande monu-
mento. Ella ha il viso duro, rigido, invecchiato, stretto sul soggolo bianco che
le fascia il collo interamente, ed ha capelli foggiati a cannoncini, rudi e diritti
come negli antichi avori carolingi. Il letto dalle pieghe simetrichc, foggiate quasi
come le stecche d'un ventaglio, ha una tinta diversa da quella di certe parti della
statua che appaiono azzurre.
Sul tabernacolo si trova una novità: non v'è più la Vergine col Bambino, a
cui un personaggio mistico presenta l'angioino genuflesso, bensì il crocifisso eretto
su una roccia che ha ai lati due statuine muliebri in atteggiamenti pietosi, che
forse raffigurano le Marie. 11 Cristo è rude e suggestivo, mentre nelle due figurine
, laterali si ritrova quella stanchezza e quel lanouorc di cui sembrano prese le altre
Sepolcro o
(3 e j Penna
figurazioni sottoposte. Anzi qui appare tanto esagerate) il sentimento di completo
Frammento
abbandono, che le imagini sembrano reggersi artifiziosamente, avendo perduto il
naturale equilibrio, ha concezione e il modellato di codeste figurine appaiono pure infinita-
mente più gentili di quelli del crocifisso, che tutto ha rude e tragico: dagli aculei della
croce fino alla testa del mostro che appare schiacciato fra le rocce, ignobile ed atroce.
VII.
Del sepolcro di Agnese e Clemenza d'Angiò.
L'abate Baboccio marmorario da Piperno, secondo le notizie più accreditate, nacque
nel 1351, benché il De Dominici precisi la sua nascita nel 1368: morì nel 1435. Egli fu
artefice assai operoso e lasciò nel reame alquanti lavori improntati a una caratteristica stra-
vaganza, la gran parte dei quali si conserva tuttora. Nel 1407 operò alcuni intagli su la porta
maggiore del Duomo di Napoli e condusse la stranissima e meravigliosa facciata della chiesa
di San Giovanni di Pappacoda. Nel 1412 eseguì nel tempio di San Francesco in Salerno
la tomba di Margarita di Dimazzo insieme col suo lavorante Alessio de Vico, ed anco il
sepolcro del cardinale Arrigo Minutolo. Nel 1421 scolpì in San Lorenzo Maggiore il sepolcro
di Ludovico Aldomorisco, e, finalmente, nel 1423, il monumento di Onofrio di Penna -- già
citato a suo luogo — nella chiesa di Santa Chiara.
A queste opere, a giudicare da affinità stilistiche spiccatissime, si deve aggiungere il
sepolcro di Agnese e Clemenza d'Angiò, eseguito poco dopo il 1381, che così risulterebbe
una delle primissime opere dell'abate scultore. Si comparino, ad esempio, il bassorilievo
dell'urna dei Penna, animato dai truci aspetti degli cremiti paurosi, e le statue giacenti del
STANISLAO FRASCHETTT
Da un foro praticato nella faccia laterale sinistra dell' arca ho potuto vedere ciò che
resta della spoglia di Maria, la bella principessa rapita dal Castelnuovo in una notte d'amore.
Poche ossa giallicce appaiono consparse fra i calcinacci su un logoro e ricco sudario. Ho
potuto esaminare qualche brano della stoffa preziosa che si dissolve al contatto dell'aria :
è un tessuto di broccato finissimo d'un color d'oro fosco, su cui ancora si scorge il lavorìo
della trama delicata. Cinquecent'anni di barbarie, di licenza e di profanazione non hanno
potuto ancora disperdere quelle misere tracce di fasti meravigliosi.
Il Padiglione. — S'apre su gli alti pilastrelìi occupati dagli usati angioli custodi del
velario funebre, i quali hanno qui un disegno molle e indeciso come quello del gruppo cen-
trale dell'arca: le loro forme arrotondate hanno un non so che di languore, e le braccia
pendono stancamente come foglie morte da un albero: la modellatura è sommaria, vaga,
senza sapienza e senza audacia ; il partito di pieghe della cortina è semplice e di poco rilievo.
.Sull'azzurro araldico del fondo lumeggiato di faville d'oro si allunga la resupina statua
di Maria, ricca e regale nel manto arabescato, nella corona gigliata, nello scettro e nel
globo simbolico. Reca inoltre sul sommo del petto quel medaglione fregiato d'un grosso
giglio di cui vanno adorne le statuine dei sovrani nel sarcofago del grande monu-
mento. Ella ha il viso duro, rigido, invecchiato, stretto sul soggolo bianco che
le fascia il collo interamente, ed ha capelli foggiati a cannoncini, rudi e diritti
come negli antichi avori carolingi. Il letto dalle pieghe simetrichc, foggiate quasi
come le stecche d'un ventaglio, ha una tinta diversa da quella di certe parti della
statua che appaiono azzurre.
Sul tabernacolo si trova una novità: non v'è più la Vergine col Bambino, a
cui un personaggio mistico presenta l'angioino genuflesso, bensì il crocifisso eretto
su una roccia che ha ai lati due statuine muliebri in atteggiamenti pietosi, che
forse raffigurano le Marie. 11 Cristo è rude e suggestivo, mentre nelle due figurine
, laterali si ritrova quella stanchezza e quel lanouorc di cui sembrano prese le altre
Sepolcro o
(3 e j Penna
figurazioni sottoposte. Anzi qui appare tanto esagerate) il sentimento di completo
Frammento
abbandono, che le imagini sembrano reggersi artifiziosamente, avendo perduto il
naturale equilibrio, ha concezione e il modellato di codeste figurine appaiono pure infinita-
mente più gentili di quelli del crocifisso, che tutto ha rude e tragico: dagli aculei della
croce fino alla testa del mostro che appare schiacciato fra le rocce, ignobile ed atroce.
VII.
Del sepolcro di Agnese e Clemenza d'Angiò.
L'abate Baboccio marmorario da Piperno, secondo le notizie più accreditate, nacque
nel 1351, benché il De Dominici precisi la sua nascita nel 1368: morì nel 1435. Egli fu
artefice assai operoso e lasciò nel reame alquanti lavori improntati a una caratteristica stra-
vaganza, la gran parte dei quali si conserva tuttora. Nel 1407 operò alcuni intagli su la porta
maggiore del Duomo di Napoli e condusse la stranissima e meravigliosa facciata della chiesa
di San Giovanni di Pappacoda. Nel 1412 eseguì nel tempio di San Francesco in Salerno
la tomba di Margarita di Dimazzo insieme col suo lavorante Alessio de Vico, ed anco il
sepolcro del cardinale Arrigo Minutolo. Nel 1421 scolpì in San Lorenzo Maggiore il sepolcro
di Ludovico Aldomorisco, e, finalmente, nel 1423, il monumento di Onofrio di Penna -- già
citato a suo luogo — nella chiesa di Santa Chiara.
A queste opere, a giudicare da affinità stilistiche spiccatissime, si deve aggiungere il
sepolcro di Agnese e Clemenza d'Angiò, eseguito poco dopo il 1381, che così risulterebbe
una delle primissime opere dell'abate scultore. Si comparino, ad esempio, il bassorilievo
dell'urna dei Penna, animato dai truci aspetti degli cremiti paurosi, e le statue giacenti del