ARTE CONTEMPORANEA
443
fine scultore, il quale,
tornato in Italia da
qualche anno, e aperto
studio in Firenze, dove
la sua mente si schiuse
ai primi fervidi entu-
siasmi, ha già model-
lato un busto del Re,
un altro del pittore
Eduardo Gelli, un me-
daglione della signora
Gioii, e tre statue, an-
cora in gesso, ma che
saranno esposte quan-
do le avrà tradotte in
marmo, per una fon-
tanina immaginata di
marmo e bronzo. Egli
prepara adesso una sta-
tua, La figlia di Niobe,
per l'esposizione vene-
ziana della futura pri-
mavera, e noi aspet-
tiamo con ansia di
veder questa novella
prova della sua gentile
versatilità.
Lo scultore paler-
mitano, educatosi a Fi-
renze, ove recava dalla
nativa Sicilia in germe
la sua delicata personalità artistica, sviluppatosi poi in Parigi, pur serbando sempre il suo
carattere di autodidatta, occupa ormai uno dei primi posti nell'arte contemporanea, ed è fra
i pochi che, di fronte alle nuove aspirazioni che ci vengono d'oltralpi, sa congiungere al
pregio della tecnica il valore del sentimento. Poiché, pur troppo, dobbiamo confessarlo, per
varie cause e specialmente per la deficienza della cultura, i nostri pittori e i nostri scultori
d'og-gi, i quali non temono il confronto dei pittori e degli scultori stranieri nel dipingere o
nel modellare, sono spesso vinti nella concezione per una desolante vuotaggine e talora per
un' evidente volgarità. Ma di questi difetti, che chiamerei anzi malattie, non si guarisce
idolatrando alla cieca tutto quel che viene dal nord; e se ne dovrebbero persuadere una
buona volta gli artisti italiani, osservando con che « lungo studio e grande amore » gli
stranieri seguano lo sviluppo storico dell'arte nostra. Perchè dunque o poltrire nell'igno-
ranza, o spigolare una cultura di seconda mano, accogliendo le manifestazioni artistiche sol
quando recano il bollo della dogana di confine?
AVE. di Domenico Trentacoste
Ugo Fleres.
443
fine scultore, il quale,
tornato in Italia da
qualche anno, e aperto
studio in Firenze, dove
la sua mente si schiuse
ai primi fervidi entu-
siasmi, ha già model-
lato un busto del Re,
un altro del pittore
Eduardo Gelli, un me-
daglione della signora
Gioii, e tre statue, an-
cora in gesso, ma che
saranno esposte quan-
do le avrà tradotte in
marmo, per una fon-
tanina immaginata di
marmo e bronzo. Egli
prepara adesso una sta-
tua, La figlia di Niobe,
per l'esposizione vene-
ziana della futura pri-
mavera, e noi aspet-
tiamo con ansia di
veder questa novella
prova della sua gentile
versatilità.
Lo scultore paler-
mitano, educatosi a Fi-
renze, ove recava dalla
nativa Sicilia in germe
la sua delicata personalità artistica, sviluppatosi poi in Parigi, pur serbando sempre il suo
carattere di autodidatta, occupa ormai uno dei primi posti nell'arte contemporanea, ed è fra
i pochi che, di fronte alle nuove aspirazioni che ci vengono d'oltralpi, sa congiungere al
pregio della tecnica il valore del sentimento. Poiché, pur troppo, dobbiamo confessarlo, per
varie cause e specialmente per la deficienza della cultura, i nostri pittori e i nostri scultori
d'og-gi, i quali non temono il confronto dei pittori e degli scultori stranieri nel dipingere o
nel modellare, sono spesso vinti nella concezione per una desolante vuotaggine e talora per
un' evidente volgarità. Ma di questi difetti, che chiamerei anzi malattie, non si guarisce
idolatrando alla cieca tutto quel che viene dal nord; e se ne dovrebbero persuadere una
buona volta gli artisti italiani, osservando con che « lungo studio e grande amore » gli
stranieri seguano lo sviluppo storico dell'arte nostra. Perchè dunque o poltrire nell'igno-
ranza, o spigolare una cultura di seconda mano, accogliendo le manifestazioni artistiche sol
quando recano il bollo della dogana di confine?
AVE. di Domenico Trentacoste
Ugo Fleres.