Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

DOI Heft:
Fasc. 1
DOI Artikel:
Galassi, Giuseppe: Scultura romana e bizantina a Ravenna
DOI Seite / Zitierlink:
https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0071

DWork-Logo
Überblick
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
SCULTURA ROMANA E BIZANTINA A RAVENNA

Spazio a due dimensioni e colore, colore
e discentramento sono i comandamenti di una
stessa volontà creatrice. Quando in un’opera co-
loristica appare una composizione centrata, si
deve ritenere che l'artista si è valso di uno
schema iconografico anteriormente formato. E
perfino quando, adottata la prospettiva, col « sin-
tetismo di forma e colore»1 si faranno conver-
gere verso un punto le tarsie cromatiche, que-
ste potranno da quel punto essere diffuse, e
come radiate, all’infinito. Fuga di piani verso
un punto, non accentramento e isolamento di
masse : non il compendio plastico.

La rispondenza fra marmi e mosaici bizan-
tini è, dunque, perfetta Perfino gli elementi
lineari, che ad un primo esame potrebbero sem-
brare prevalenti nei marmi, hanno in entrambe
le produzioni lo stesso ufficio modesto; almeno
nelle opere anteriori al secolo vili. Dallo pseu-
do-bassorilievo al rabesco marmoreo seguiamo
le medesime oscillazioni stilistiche che possiamo,
ad esempio, notare, osservando la teoria di mar-
tiri di Sant’Apollinare Nuovo e gl’ imperiali
cortei di San Vitale.

Perciò dobbiamo giudicare ogni marmo pit-
torico bizantino come un frammento caduto da
quelle pareti. O come un frammento di quelle
sontuose stoffe che ammantano le cortigiane
di Teodora o le Vergini di Sant’Apollinare:
creazioni dell'arte esse pure, nelle quali ancora
tivo bizantino.

Fig. 2 — Sant’Apollinare in Classe.

Fianco dell’urna romana dei Dodici Apostoli.
Prima metà del secolo vi — (Fot. Ricci).

una volta si rivela immutato il genio figura-

2.

Soltanto la visione figurativa romana, abbiamo veduto, era suscettibile di prosecuzioni
stilistiche nella scultura. Romane, dunque, debbono essere le produzioni plastiche che ci
appaiono fra i marmi ravennati.

La sicurezza di questa determinazione via via convalideranno fatti ed osservazioni.

Ma, per camminare su fermo terreno, conviene avere la possibilità di una datazione —
se non certa, approssimativa — dei monumenti marmorei. A tale datazione non si può in
alcun modo pervenire, se non prendendo in esame tutti i marmi nel loro complesso — sarco-
fago amboni, plutei, capitelli, transenne — non già catalogando una sola serie di opere,
siano essi capitelli o siano sarcofagi. Nè basta. Conviene osservare parallelamente le produzioni
marmoree e quelle musive e seguire in essi le vicende di una medesima visione figurativa.
Staccando i sarcofagi, come è stato fatto recentemente,1 2 dal resto delle produzioni, si corre
il rischio di arrivare ad una cronologia fantastica. Tale, appunto, è quella adottata dal Dutschke,
il quale trasporta la data dei sarcofagi ravennati indietro di due secoli, e pone così la mag-

1 Cfr. Roberto Longi-ii, Piero de Franceschi e lo ualischeu Sarkophage, Strasburgo (Ediz. Heitz) 1906 ;
svolgimento della pittura veneziana, in L’Arte, 1914. A. Dutschice, Ravennatische Studien, Lipsia 1909.

2 Per i sarcofagi cfr. K. Goldmann, Die raven-
 
Annotationen