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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 1
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Galassi, Giuseppe: Scultura romana e bizantina a Ravenna
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0080

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GIUSEPPE GELASSI

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funzione di grigio. Nessun oggetto deve rimanere isolato, niuna cosa deve avere i contorni
definiti, un’architettura propria, una statica e una esistenza a sè : ogni effigie deve disgregarsi
e scentrarsi, deve congiungersi con le altre, formare con le altre come un solo elemento insta-
bile che si spanda in tutti i sensi, e qua o là si sfrangi e si crivelli.

Nelle facce dove sono rappresentate le pecore, notasi un largo uso della policromia: si
alternano il bianco lattescente delle pecore, il bruno-marrone del fondo e il verde-smalto delle
palme. L’effetto è cromatico integralmente: superficie colorate presso superficie colorate.

In tali figurazioni dobbiamo pertanto riconoscere la pittura marmorea bizantina, dal ra-
besco allo pseudo-bassorilievo.

Il rabesco marmoreo conserva in gran parte l’originale funzione nelle facce laterali dei
quattro pulvini del loggiato inferiore, nel Presbiterio (cfr. fig. 5 cit., in alto, a destra); ma nei
capitelli sottostanti essa è ridotta di molto. Col sovrapporsi dei tondi dorati al rabesco, si
arresta improvvisamente la grande agitazione dei cordoncini : qualche frullo sporadico ancora ;
qualche ondulazione solitaria, qualche getto lineare subito tronco. Così è creata una zona di
colore frantumata in piccole particelle bianche, grige, auree, brune, or quiete ed ora irrequiete.

I fili grigi che venano qua e là le foglioline sono le uniche linee che mantengano piena
libertà nell’angustia dello spazio tiranno.

Essi ricorrono più numerosi nei capitelli ondulati del loggiato superiore (es. fig. 6 cit.), spe-
cialmente nelle più larghe foglie appaiate le ime sopra le altre. Ma si direbbe che il loro
ufficio si limitasse a dare alla materia la mollezza inconsueta; chè nell’effetto cromatico gene-
rale questi solchi, ripetuti indefinitamente con approssimativa regolarità, acquistano un valore
molto simile a quello di certe strie filamentose nelle stoffe: dànno cioè alla materia il ca-
rattere.

Serpentelli luminosi guizzano linearmente in una transenna (fig. 7 cit.) dentro i rettan-
goli del doppio cordoncino dorato; ma questo senz’arcuamenti ne’ quattro lati, assume l’ufficio
coloristico di una triplice lista. Le foglioline si allargano, s’incrinano di nero e appaiono esi-
lissime linguette forcute.

Nella transenna vicina (fig. 8 cit.), per il maggiore schiacciamento delle pianticelle e delle
corolle, la funzione cromatica prevale; ma in compenso il nastro del reticolato si ondula fra
contorni sinuosi.

Le buie finestrelle rappiccinite si congiungono spesso in costellazioni immobili : centinaia
di pupille mandorlate o poligonali, tonde talora, sospese ai fili invisibili di un ordine geome-
trico ritmicamente rinnovellato. Chi s’accorge, fra le costellazioni, della croce cristiana tra le
due colombe simboliche?

Nei capitelli quadrifronti del loggiato inferiore, con l’alga frapposta alla rete, si presen-
tano già larghe e piatte superficie marmoree, campi cromatici; ma filiazioni lineari su quei
campi, ma confini arcuati attorno.

Qualche scivolamento dell’occhio comandano le archeggiature, che ancora sopravvivono
nelle faccie dei pulvini del Presbiterio, con la figurazione di vasi tra pavoni (es. fig. 9 cit.);
ma nelle altre facce, con le pecore affrontate alla Croce (es. fig. io cit.), quasi completamente
cessa il moto dei contorni. Questi non destano l’interesse principale, non hanno valore in sè
stessi : servono soltanto a render possibile la distinzione fra zona e zona di colore.

Non abbiamo modo purtroppo di ricostruire l’intero cancellato di transenne, quale do-
veva essere in origine in San Vitale, presso l’altare maggiore.

Non è possibile quindi giudicare la composizione coloristica, allora formata dall’avvicina-
mento di ciascuna di esse, col valore — nella subordinazione all’effetto generico — di campi
 
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