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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 1
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Galassi, Giuseppe: Scultura romana e bizantina a Ravenna
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0086

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52

GIUSEPPE GASASSI

A questi problemi risponderà l'osservazione dei monumenti.

Nella basilica di San Vitale, dove abbiamo visto trionfare il nuovo stile col rabesco mar-
moreo e con qualche esempio dello pseudo-bassorilievo ad effetto pittorico, sono stucchi e
capitelli che mostrano caratteri diversi.

I capitelli del matroneo sono dissimili dagli altri bizantini : essi mantengono la forma
tardiva del composito, divenuta comune. Ed hanno riscontro, infatti, coi capitelli dello Spirito
Santo, con l’ultimo a sinistra di quelli sovrapposti alle colonne di piazza Vittorio Emmanuele,
con uno proveniente da Santo Stefano degli Ulivi, nel Museo, e con quasi tutti gli altri del
secolo VI conservati nello stesso Museo e altrove.

E anche qui bucherellamento di favi; ma il traforo, pur ottenendo qualche effetto pitto-
resco, non altera quello plastico essenzialmente.

I capitelli del matroneo di San Vitale furono dunque lavorati da romani. E artefici romani
stuccarono anche alcune vòlte ed alcuni archi della medesima Basilica (es. fig. 18). Rive-
diamo i grossi tralci di vite, carichi di grappoli quali erano rilevati nei sarcofagi dei dodici
Apostoli e di Teodoro in Sant’Apollinare in Classe. In altra parte tralci giranti grossolani,
tozzi e grevi, quali apparvero già in alcuni mosaici ravennati.

Ma questi lavori di artefici locali nella basilica di San Vitale potevano essere stati com-
piuti anche prima dell’entrata in Ravenna dei Bizantini. Il tempio infatti fu iniziato sotto il
dominio gotico, dall’arcivescovo Ecclesio.

Tuttavia, simili stucchi, forse dei medesimi artefici, si ritrovano nel fregio interno di
Sant’Apollinare in Classe, dove anche ritornano capitelli pesanti e massicci, come quelli teo-
doriciani della piazza, derivati da Sant’Andrea dei Goti.

Anche questi, dunque, sono capitelli romani.

Ma gli artisti locali non tardarono a sentire il fascino dello stil novo.

II primo accenno a nuovi elementi nell’opera dei Romani appare nell’urna di San Barba-
ziano (fig. 19), nel Duomo.1 Per la forma generale l’ispirazione fu data dai due sarcofagi di San Fran-
cesco, a edicolette, o da altri simili. Le figure umane stecchite, sono evidente derivazione da
quelle scolpite nella prima metà del secolo nelle altre arche ravennati, per esempio in quella
di Esuperanzio nella stessa Cattedrale.

Il chiaroscuro fascia ancora la movimentata superficie marmorea; e getti plastici, simili
ai rameggi lunati delle palme nell’urna di San Rainaldo, escono dai vasi ansati.

Ma vi è per tutta l’urna un tritume decorativo, nei sarcofagi non osservati ancora. Gemme,
perle e perline nelle grandi croci gemmate; rosette negli spazi tra la ghirlanda e il mono-
gramma cristiano. E nelle fasce, correnti intorno al dorso dell’arca e sopra la cassa, l’imi-
tazione si scopre : qui è il sottile cordoncino marmoreo bizantino con ricci e fioretti trilobati.
Più giù, negl’ interstizi fra conchiglia e conchiglia, scorgesi anche il ramoscello biforcuto, coi
due apici ripiegati e terminati in una corolla giliata, tratto direttamente da transenna o da ca-
pitello di San Vitale. Ma dall’artista romano il ramoscello fu tornito, rotondato, disposto in
simmetria.

I due cancelli marmorei della Cappella delle Reliquie in Sant’Apollinare Nuovo (fig. 20), a
meandri, a rombi, a croci gemmate, potrebbero a prima vista essere ritenuti lavoro bizantino.
E bizantini, in gran parte gli elementi che la compongono, come bizantino essenzialmente è
l’adozione dei vuoti, che traforano il marmo. Tuttavia non vi è qui nessuna ricerca di ele-
ganza, di raffinatezza ; la lavorazione è grossa, la mano pesante. Chi lavorò queste transenne

1 Santi Muratori (/ sarcofagi ravennati di San tuizione indicò già per l’urna di San Barbaziano la

Rainaldo, di San Barbaziano e del Beato Pietro Pec- data della metà del secolo vi.

catore, ecc. in Bollettino d’Arte, 1908) con acuta in-
 
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