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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 1
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Longhi, Roberto: "Battistello", [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0104

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70

ROBERTO LONG HI

abbandonare, al possibile, lo stile caravaggesco. E perciò più che l’ecclettismo del Bolognese,
gli servì il risalire agli esemplari del primo Cinquecento che combinati, se non sempre felice-
mente, almeno con costante serietà, allo stile nuovo ed arcaico di Caravaggio, danno a Batti-
stello, qui ed altrove, un curioso sapere di quattrocento o tutt’al più di quello stile che a’ suoi
tempi si designava come antico-moderno.

Un’altra riconferma alla mia ipotesi che la causa principale del temperamento portato
al caravaggismo integrale fu il problema dell’affresco, l’abbiamo ritornando alle tele che si
possono ripórre in questo periodo, nelle quali, naturalmente, l’antico stile si rinforza per
quanto possa, sebbene a poco a poco vi si facciano strada i nuovi schemi plastici disegnativi,
soprattutto negli effetti di composizione. Ad ogni modo non potrebbero servirci in questa dimo-
strazione le tele laterali della stessa cappella frescata in Santa Teresa, poiché il restauro non
vi ha lasciato una sola pennellata del maestro allo scoperto. 1

Meglio è rivolgerci addirittura alla tela più importante, io suppongo, che Battistello abbia
fatto fra le prime opere studiate e la notissima Lavanda del perìodo maturo a San Martino:
io mi riferisco alla Immacolata Concezione con San Domenico, Sant’Antonio da Padova e Adamo
(fig. 4), ch’è in un ripostiglio della sagrestia di Santa Maria della Stella.2 V’è tale rinascita di
caravaggismo in questo capolavoro che noi non potremmo creder l’opera che di poco, seppure,
posteriore al soggiorno romano di Battistello.

Tagliata per alto la tela, l’opportunità di porre di sopra la scena divina, nel basso l’umana,
ha permesso al pittore di legar così la catena dei corpi, che l’opera ci appare per tutto zonata
egualmente di rilevate placche luminose, secondo il vero intento caravaggesco cui talora Carac-
ciolo era venuto meno — come nella Liberazione di Pietro — accentrando di troppo il partito
di luce o facendo gravar di troppo le chiarità al basso, per la subordinazione ad intenti più
plastici che pittorici, sicché l’alto della tela n’era risultato zona scurita di troppo assoluta
neutralità. Anche qui non v’è di certo la profondità intersecata delle cose che il maestro
qualche volta sapeva, v’è tuttavia un telaio luminoso, una catena plastica che sono pur vicini
alla fonte.

Forse, come ci potevamo aspettare, la plasticità predomina, ed è veramente una plasti-
cità a vita, quale Battistello aveva avuto campo di apprendere dall’opera più puramente pla-
stica che Merisi avesse creato a Napoli ed altrove: la Madonna del Rosario, dove l’effetto
luminoso d’intento struttivo era ridotto al minimo. Chi non s’accorge infatti che i due busti
di santi in basso si richiamano particolarmente ai santi del Rosario di Vienna? Chi d’altra
parte non gioisce degli sviluppi, tutti battistelleschi, dei motivi di contatto plastico, soprattutto
nelle mani, quelle mani che sostenevano nella stessa opera del maestro una parte così essen-
ziale? Vedete qui in particolare come la mano della Vergine s’appiglia, poi stagna pesando
sulla destra dell’Eterno: vedete come gli angeli di gioiosa malizia sostentino il Padre; come
infine sul dinanzi l’Adamo, che si assesta per inclinazioni sul primo piano, rigirato, solido,
contrastato, tutto sodezza intessuta e vivente dal capo alle piante e in ogni gesto minimo, si
possa considerare come una delle più profonde creazioni di quella che potremmo chiamare
plasticità in materia pittorica, ottenuta cioè essenzialmente con mezzi di materia cromatica,

1 Tuttavia il Rolfs s’è fermato con compiacenza su
queste due croste, prendendone l’aire per alcune con-
siderazioni sulle figure di beccai, care a Battistello. Mali !

2 Già ai tempi del De Dominici era stata trasferita
da un altare a far da sovrapporta alla sagrestia ; ora,
assai peggio, giace dimenticata ed esposta ad ogni
guaio, in un andito della sagrestia stessa. Perchè la
Direzione del Museo Nazionale di Napoli, dove Ca-
racciolo, il fondatore della scuola napoletana, e, di-
ciamo, addirittura il più grande dei napoletani, non è

rappresentato o, peggio, è rappresentato male, non
pensa a ritirare questo capolavoro, dal bugigattolo
dove finirà per andare a brandelli? insomma, o a Na-
poli o altrove, noi speriamo di veder presto l’opera
tenuta in maggior onore. A meno che non si voglia
concludere col vecchio e ciarliero Dalbono : [questa
« opera] ha belle teste, ma intonazione caravaggesca».
(Nuova Guida di Napoli, 1876, pagg. 488-89). Mi
spiace non poterla presentare che nella sciagurata
fotografia del signor Sommer, di Napoli.
 
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