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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 1
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Bollettino bibliografico
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0114

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8o

BOLLETTTNO J3LBL IO GRAFICO

zione iniziale era veramente stòrico-artistica epperciò giusta:
e basterebbe ricordare con quanta acutezza Fenollosa stabilisse
una scala di valori anche fra gli artisti della scuola popolare
— per esempio affermando la superiorità artistica di Kivo-
naga o di Hiroshige su Hokusai — per convincersi che almeno
da parte sua non poteva esser luogo a prevenzioni. L’Aubert
invece ha tentato di dimostrare la figliazione della scuola po-
polare dalle scuole classiche, e le sue illazioni sono or deboli
or forti a seconda ch’egli si fonda su continuità di soggetti o
di tecniche, oppure su continuità stilistiche che nessuno aveva
mai pensato di escludere del tutto. Ma che il soggetto, la
preoccupazione descrittiva e illustrativa non prenda talora il
sopravvento sulla pura ideazione artistica, di tanto più pos-
sibile nei grandi periodi mistici e aristocratici, è cosa troppo
difficile da sostenere. Lo dimostra la stessa critica dell’Aubert,
che pur avendo le capacità native, per essere puramente figu-
rativa, è costretta troppo spesso a dare sfondi acquarellati
d’ambiente e di coltura per poter spiegare; avvicinandosi per
tal modo, più che a quella del Fenollosa, alla critica del
Petrucci, cui d’altra parte è molto superiore nei riguardi let-
terari. Ed anche per altri lati il libro dell’Aubert non è da con-
fondere con la media della produzione critica francese. Sene
apparta per un senso singolarmente sottile di caratterizza-
zione estetica: chè dopo una lettura siffatta non si sovrap-
porrebbero più mentalmente Harunobu o Utamaro, Hokusai
o Hiroshige, coppie di artisti apparentemente affini. Se ne ap-
parta ancora per la delizia snella dei raccordi lanciati — nel-
l’ultimo capitolo — tra l’arte orientale e l’arte occidentale
(intendo francese) del tardo secolo xix; per Whistler o Manet
cose già note; ma condotte con maggiore penetrazione per
Monet Lautrec e Degas; seppure questi raccordi valgano spesso
più in un ordine etico o intellettuale che figurativo: siano
più equazioni di stati d’animo impressionistici di fronte alla
natura che scoperte di reali identità tra le interpretazioni
visive di essa. Per questo lato sarebbe troppo lunga discus-
sione). Se ne apparta infine per nobili predilezioni letterarie
le quali se lo spingono talora all’uso del leit-motiv verbale, lo
portano quasi sempre alla ricerca della parola propria.

È un bel libro. (r. /.).

MARCEL REYMOND

Sparisce con lui uno dei francesi più affezionati all’Italia e
alla sua arte. Chi conobbe Reymond non può ricordare senza
commozione l’entusiasmo profondo con cui parlava delle opere
della Rinascenza e studiava gli artisti del 500 e del 600. Non
c’era in lui, forse, lo storico d’arte « scientifico » che non tra-
scura il minimo documento, ma l’uomo di gusto appassionato,
che ha posto interesse per istinto a tutta una serie di opere
d’arte e le ha studiate con amore. Si può dire che è stato in

Francia uno dei grandi iniziatori dello studio dell’arte ita-
liana: e tiene, a questo riguardo, un posto grande quasi come
quello del Miintz. Fino agli ultimi mesi ha lottato, perchè
c’era in lui anche un bisogno di propaganda, un bisogno
d’apostolato per l’arte sincera e franca.

Egli s’interessa da principio alla Rinascenza fiorentina: la
sua prima grande opera fu consacrata alla storia della scultura
fiorentina, in quattro volumi, riccamente illustrati, die la casa
Alinari pubblicò dal 1897 al 1900. .Su molti punti i suoi giudiizi
e le sue attribuzioni furono corretti; ma l’opera rimane la piii
sintetica sull’arte toscana del marmo e del bronzo. Revmond
non ebbe in verità la pazienza di restringersi a minuziose ana-
lisi delle opere d’arte: egli vede i grandi monumenti nella loro
complessità e anche nella loro armonia. Per la qualcosa, dopo
aver consacrato gran parte della sua attività a Donatello, a Yer-
rocchio e a Desiderio volle compiere la stessa opera sintetica a
proposito dell’architettura italiana e ne presentò lo schema d’in-
sieme nel capitolo che scrisse per la « Storia dell’Arte » pubbli-
cata sotto la direzione di André Michel. Nulla di strano dunque
che sia stato anche collaboratore attivo in raccolte di volga-
rizzazione e che in quella dei Grandi artisti (Laurens ed.) ab-
bia dato su Brunellesco e Bramante, e in generale sull’archi-
tettura italiana del xv secolo, indicazioni essenziali e precise.

Dopo essersi interessato vivamente al 400, egli sentì tra-
sporto per l’arte dei secoli seguenti. Alla passione con cui con-
dusse quegli studi, dobbiamo un libro su I.orenzo Bernini e una
scorsa generale dell’arte italiana dalla fine del 400 fino all’au-
rora del 700, vale a dire da Michelangelo a Tiepolo. Egli mise
in opera tutta la sua chiarezza di spirito per districare un pe-
riodo così complicato, e tutto il suo entusiasmo per difenderlo
e « riabilitarlo ». Gran parte della sua esperienza e del suo sa-
pere si è trasfusa in quest’opera ardente e ricca d’idee; scritta
perla glorificazione dello stile della Controriforma e dell’arte
così malamente chiamata barocca. L’ultimo libro di Marcel Rey-
mond sarà di prima utilità per chi s’occupa dell’evoluzione ar-
tistica di quest’epoca. Egli ebbe il gran merito, dopo aver amato
il genio di Bernini, di definirci le qualità di un’epoca in cui que-
sto grande artista fu una specie di « monarca ne’ suoi dì ». La
sua sintesi è attualmente l’opera francese piti comprensiva che
esista sopra un’arte il cui studio è ancor oggi troppo trascu-
rato. Oltre queste opere fondamentali sull’arte italiana Marcel
Revmond scrisse per un gran numero di riviste francesi e ita-
liane una serie di articoli originali. Quelli in cui mise più im-
pegno furono consacrati all’attività del Bernini in Francia; ed
era per lui una gioia profonda ritrovare nel suo paese le traccie
dell’opera del grande artista italiano. T1 600 era divenuto il
suo dominio favorito.

L’ultimo articolo apparve nella Reme des deux mondcs, poco
prima della sua morte. Era consacrato alla cattedrale di Reims.
Le vicissitudini della lotta tragica avevano riempito di tri-
stezza la sua anima d’artista. La sua sensibilità ne fu torturata.
Egli fu in un certo modo vittima del grande conflitto. In lui
l’Italia ha perso uno de’ suoi pili grandi ammiratori, e uno rleì
suoi devoti più intelligenti e appassionati.

I. Al.AZARl)

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per IP tali a e per l'estero.

Adolfo Venturi, Direttore.

Roma, Tip. dell’Unione Editrice, Via Federico Cesi, 45.
 
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