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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 2
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Fiocco, Giuseppe: La giovinezza di Giulio Campagnola
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0173

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LA GIOVINEZZA DI GIULIO CAMPAGNOLA

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di qualche pregio, se dobbiamo credere alle lodi di Antonio Tebaldeo, 1 nato nel 1482, egli
già nel 1495 dava saggio di quella vivacità d’ingegno che tanto meravigliò i contemporanei.
Cantore, musico, erudito di greco, di latino e di ebraico e pratico del disegno e della pittura,
fu dal padre mandato nel 1498 a Ferrara alla corte del duca Ercole, 2 non potendo, come
aveva divisato inviarlo a Mantova alla scuola del vecchio corifeo dell’arte Dadovana.

Nel 1507 sappiamo anche di un suo viaggio a Venezia, 3 e risulta dai documenti sco-
perti dalla signorina Cocco che finì sacerdote. Furono gli obblighi religiosi a distrarlo dalla
pittura e a ridurlo nel breve ambito dell’incisione? o a comporre punzoni per Aldo Manuzio?4 5
Certo studiando le stampe finora note del padovano si scorgono appena le ultime tracce
dell’educazione mantegnesca, nell’Angelo e Tobiolo, nè ci è permesso risalire molto più ad-
dietro del 1510.

La Scuola del Carmine.

Resta innanzi tutto un periodo inesplorato, tanto più interessante in quanto può rive-
larci in formazione la maniera instabile del giovane, che al dire di Matteo Bosso ’ « stilo,
atque peniculo claros ita aemulatur, ut vix ulla vel Mantineae, vel Bellini imago tam porro
sit elegans quam si in mentem induxerit atque contenderit, non examussim effìngat et pro-
prius aequet ».

Senza preoccupazioni per ia veste giorgionesca, che parve finora troppo inseparabile dalla
figura di Giulio Campagnola, pensai ricercarlo nel breve numero degli affreschi che furono
l’estremo strascico della maniera del Mantegna a Padova, e precisamente in alcuni pochi della
scuola del Carmine, che oggi per la trascuranza assoluta della critica vanno sotto il nome, per
certo erroneo, di Girolamo da Santacroce.

Strano sbaglio, in quanto alcuni scrittori locali vi avevano intorno lungamente battagliato
e non al tutto invano. Già il Brandolese ù parlando dei quattro scomparti di maniera più
antica, rappresentanti fatti relativi alla vita della Vergine, e precisamente — procedendo da
destra a sinistra — la Natività, la Presentazione al tempio, la Purificazione e lo Sposalizio di
Maria, notava nella terza scena i due scudi appoggiati alle colonne, il motivo araldico con
le lettere T. I. precedute dal sole e la speciale importanza delle tre sigle segnate sui gradini
dell’altare: O. I. P. Non poteva invece esserne accettata la spiegazione che avrebbe suonato :
Opus Hieronimi Patavini, perchè l’iniziale di Hieronimus avrebbe dovuto essere H e non mai F

Più a lungo e con risultati che par davvero strano di non veder raccolti e discussi dal
Kristeller, il Selvatico tornò sull’argomento. 7 Egli osserva che l’impresa del tronco d’albero,
intorno a cui si snoda il filaterio con le lettere T. F e il sole è certamente araldica, come
dimostrano gli annodamenti del cordone, dipinto al di sotto, e divisa della famiglia Cumano,
al pari di quella che si nota nello scudo di destra, mentre l’altro reca lo stemma dei GrompoF

1 U. Renda, Girolamo Campagnola e Antonio Te-
baldeo, Modena, 1907. Cfr. inoltre: B. Cestaro, Due
nuovi documenti su Gerolamo Campagnola e un codi-
cetto miniato e scritto da lui, Padova, 1908 (estratto
dal Boll, del Museo Civico)-, Id., Rimatori padovani
del sec. XV. Ateneo Veneto, a. XXXVII (1914), fase. I,
tomo II. Vi si troverà anche qualche notiziola su Giulio.

2 A. Luzio, Giulio Campagnola fanciullo prodigio,
in Arch. storico dell’Arte, I, page 184.

3 Silvio de Kunert, in Boll. d. Museo Civico di
Padova, 1907, page 6.

t Carlo Castellani, l.a stampa in Venezia. Ve-
nezia, 1889, pag. 99.

5 Matteo Bosso, Ppistolac famiHares. Mantova,

1498, ep. 86, cfr. pure quelle 45 e 211.

6 Pietro Brandolese, Giada di Padova, 1817,
pagg. 189-90.

7 Pietro Selvatico, Guida di Padova. 1817, pa-
gine 112-116.

8 I Grompo, mutando colori, portano sempre un
busto di cane mastino, con la bocca aperta e la lingua
fuori nel mezzo del loro blasone. Questo, con altre
notizie utili a queste ricerche, ricavò gentilmente per
me il prof. Vittorio Razzarmi dal « Blasonario delle
famiglie padovane» di G. B. Tissier (Museo Civico,
BP 1232), e gliene rendo vive grazie. Il Selvatico
nella sua Guida scambiò lo stemma dei Grompo con
quello dei Cumano e va rettificato.
 
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