I ig. 3 3 — Antonio da Fabriano : Madonna col Bambino
Matelica, Duomo.
Ma quando quella luce languì, è naturale che riprendessero l’antico cammino. Il fatto sta che
l’osservazione stilistica porta a conchiudere che lo stile di Antonio da Fabriano non si spiega
senza pensare a un influsso della scuola di Masaccio, e che quello di Girolamo di Giovanni
o di Lorenzo II da San Severino è inondato dalla luce di Piero della Francesca.
* * *
Le notizie su Antonio da Fabriano sono :
1451. Firma un quadro rappresentante San Girolamo, ora nella collezione Fornari a Fa-
briano, così: « 145 1. | Antonius d. Fabri[ano] ».
LIONELLO VENTURI
fonda impressione abbia dovuto fare in un paese di tradizione gentilesca, quest’opera ove
le figure piantavan dritte, e giravano cilindricamente con perfetto rilievo, ed erano immerse
in una luce tagliente, fredda, e colorante le vesti e le carni con una vivacità aspra, in pieno
contrasto con qualsiasi armonia a fondo d’oro.
Nè d’altronde è necessario il ricordo vasariano o il quadro di Neri di Bicci per pro-
vare un rapporto fra le Marche e Firenze circa il 1450. Si ricordi che nel secolo precedente,
proprio a Firenze, andava ad educarsi Allegretto Nuzi. Nel principio del Quattrocento i Mar-
chigiani non ricorsero a Firenze: troppa luce d’arte si sprigionava nella loro stessa contrada.
Matelica, Duomo.
Ma quando quella luce languì, è naturale che riprendessero l’antico cammino. Il fatto sta che
l’osservazione stilistica porta a conchiudere che lo stile di Antonio da Fabriano non si spiega
senza pensare a un influsso della scuola di Masaccio, e che quello di Girolamo di Giovanni
o di Lorenzo II da San Severino è inondato dalla luce di Piero della Francesca.
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Le notizie su Antonio da Fabriano sono :
1451. Firma un quadro rappresentante San Girolamo, ora nella collezione Fornari a Fa-
briano, così: « 145 1. | Antonius d. Fabri[ano] ».
LIONELLO VENTURI
fonda impressione abbia dovuto fare in un paese di tradizione gentilesca, quest’opera ove
le figure piantavan dritte, e giravano cilindricamente con perfetto rilievo, ed erano immerse
in una luce tagliente, fredda, e colorante le vesti e le carni con una vivacità aspra, in pieno
contrasto con qualsiasi armonia a fondo d’oro.
Nè d’altronde è necessario il ricordo vasariano o il quadro di Neri di Bicci per pro-
vare un rapporto fra le Marche e Firenze circa il 1450. Si ricordi che nel secolo precedente,
proprio a Firenze, andava ad educarsi Allegretto Nuzi. Nel principio del Quattrocento i Mar-
chigiani non ricorsero a Firenze: troppa luce d’arte si sprigionava nella loro stessa contrada.