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GIUSEPPE GASASSI
Tuttavia qua e là dai piccoli laghetti incandescenti ed ombrati anche il marmo af-
fiora, insinuando la propria apparenza nativa nella vicenda aerea dei bianchi c dei neri :
ne risulta una composizione più sfaccettata; più interessante, quindi, nella sua nuova
ricchezza.
Così s’iniziò nell’arte egiziana la corrente dei volumisti decompositori della luce.
Opere di tal genere divengono via via più numerose;1 finché nei periodi saitico e
tolemaico s’incontrano con frequenza. Si fa contemporaneamente più comune l’uso dei
basalti e di altri marmi durissimi, che assai si prestavano alla scomposizione della luce.
1 'ombra, come bagnata, acquistava maggiore profondità; la luce, riverberata da un’an-
golarità cristallina, maggiore violenza. Ma non si dica che la frazione della luce fosse ca-
Fig. 12 — Scipione. Roma, Palazzo Rospigliosi
{Dal Remo itili).
suale, dovuta soltanto all’uso di certi marmi, tersi e lucidi come l’ebano. Se l’artista egi-
ziano non avesse voluto quegli effetti avrebbe ripudiato i serpentini e i basalti. Certo
era possibile che egli rimanesse colpito dalla meravigliosa attitudine di quei marmi; ma
una volta conosciuta ed accettata quell’attitudine, l’artista, ormai consapevole, doveva
asservirla alla propria sensibilità fosse pur modificata. D’altra parte, se la frazione fosse
casuale, non si spiegherebbero le accentuazioni angolari, che appunto avvivano quella
frazione e ne fissano l’ordine compositivo.
Tutto ciò naturalmente non impediva che artisti insensibili adoprassero i marmi
duri indifferentemente, lavorandoli come gli altri. Ma le opere così riuscite manchevoli
1 Affini all’opera della Gliptoteca Ny-Carlsberg scher Sculptur, Monaco, 1914 : a proposito della testa
sono, per esempio, una testa imperiale del Museo di Kopenhagen) ed un’altra in pietra verde del
di Berlino (cfr. il Bissino, Denkmaeler aegypti- Museo di Vienna (n. 40).
GIUSEPPE GASASSI
Tuttavia qua e là dai piccoli laghetti incandescenti ed ombrati anche il marmo af-
fiora, insinuando la propria apparenza nativa nella vicenda aerea dei bianchi c dei neri :
ne risulta una composizione più sfaccettata; più interessante, quindi, nella sua nuova
ricchezza.
Così s’iniziò nell’arte egiziana la corrente dei volumisti decompositori della luce.
Opere di tal genere divengono via via più numerose;1 finché nei periodi saitico e
tolemaico s’incontrano con frequenza. Si fa contemporaneamente più comune l’uso dei
basalti e di altri marmi durissimi, che assai si prestavano alla scomposizione della luce.
1 'ombra, come bagnata, acquistava maggiore profondità; la luce, riverberata da un’an-
golarità cristallina, maggiore violenza. Ma non si dica che la frazione della luce fosse ca-
Fig. 12 — Scipione. Roma, Palazzo Rospigliosi
{Dal Remo itili).
suale, dovuta soltanto all’uso di certi marmi, tersi e lucidi come l’ebano. Se l’artista egi-
ziano non avesse voluto quegli effetti avrebbe ripudiato i serpentini e i basalti. Certo
era possibile che egli rimanesse colpito dalla meravigliosa attitudine di quei marmi; ma
una volta conosciuta ed accettata quell’attitudine, l’artista, ormai consapevole, doveva
asservirla alla propria sensibilità fosse pur modificata. D’altra parte, se la frazione fosse
casuale, non si spiegherebbero le accentuazioni angolari, che appunto avvivano quella
frazione e ne fissano l’ordine compositivo.
Tutto ciò naturalmente non impediva che artisti insensibili adoprassero i marmi
duri indifferentemente, lavorandoli come gli altri. Ma le opere così riuscite manchevoli
1 Affini all’opera della Gliptoteca Ny-Carlsberg scher Sculptur, Monaco, 1914 : a proposito della testa
sono, per esempio, una testa imperiale del Museo di Kopenhagen) ed un’altra in pietra verde del
di Berlino (cfr. il Bissino, Denkmaeler aegypti- Museo di Vienna (n. 40).