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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 4
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Galassi, Giuseppe: Dall' antico Egitto ai Bassi Tempi, [2]: A proposito di un movimento artistico del secolo VI
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0373

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DALL'ANTICO EGITTO AI BASSI TEMPI

dario, che si deve ugualmente distinguere dall’arte copta e dalla cor-
rente che, continuando direttamente l’arte egiziana, rinnovò nei bassi
tempi la visione volumetrica pura. Le opere che determinarono quel
movimento non raggiunsero, certo, l’assolutezza nell’intrinseco valore
artistico. In esse, di fatto, si rinnovava il dissidio d’intuizioni formali
inconciliabili che già si era manifestato nell’arte babilonese assira: im-
peti di vita dalla materia inorganica inerte, efflorescenze di una sensi-
bilità nuova da schemi preordinati da una sensibilità opposta. Ma non
poteva un artista giungere all’intuizione di una forma che non fosse nè
plastica, nè volumetrica, ma qualcosa di mezzo ; giungere alla rivela-
zione di una sostanza avvivata, sì ma saldissima ad. un tempo? Un
artista, credo, avrebbe potuto non preoccuparsi nè della vita, nè del-
l’inerzia assoluta per esaltare qualche altro carattere — certo meno
importante — della materia, e raggiungere così una intuizione nuova
della forma; ma non fissare in una intuizione il punto medio fra due
determinate visioni e tanto meno compiere una combinazione fra
quelle due visioni. Quel che sopra tutto ci assicura del dualismo in-
tuitivo in queste sculture porfìretiche è l’adozione di un aspetto preformato, rispondente
ad una particolare intuizione storica: quella egiziana.

Eppure il tentativo di raggiungere l’intuizione nuova c’è stato, in questi scultori;
senza dubbio un atto creativo vi fu, che senza conciliare visioni inconciliabili ne acquetò
nondimeno il dissidio: e fu la scelta del porfido. Nella funzione formale delle creazioni
egiziane due principali coefficienti, abbiamo veduto, operavano: l’armonizzazione di volumi
regolari nello spazio e l’opposizione della materia allo spazio. Forma cioè come semplice
limite spaziale armonioso e forma come sostanza resistente ed impenetrabile, frapposta
allo spazio. Sebbene elementi di origine diversa, bilanciati ed equiparati, si unificavano
nell’arte egiziana in un’intuizione unica formale. Ma l’uso del porfido-—-che svela alla super-
fìcie l’intima costituzione con il variare squillante della sua grana
—- troppo intensificava l’impressione di resistenza e di coesione
della materia; sì che l’altro doveva naturalmente scemare. E
poiché per ottenere tale compattezza granita era necessario un
aspetto marmoreo particolare che — per gli acuti rapporti dal
bianco al rosso — assumeva anche non indifferente valore colori-
stico, ne seguiva naturalmente che l’attenzione era vie più stor-
nata dalla forma —- come limite di spazio.

Le impressioni di resistenza sostanziale e di rapporti cromatici,
congiunte in un primordiale aspetto pittorico, distraendo dalle
vicende spaziali della superficie, dovevano dunque attenuare,
nel gruppo di sculture dei bassi tempi, la discordia plastico-volu-
metrica per imporre la propria petulanza rosso-bianca.1

* >|c ì|ì

La determinazione del carattere fondamentale plastico-costrut-
tivo delle opere appartenenti a questo movimento artistico se-
condario fa sorgere spontaneamente il problema se esso avesse
rapporti con la corrente proto-romanica che fu essenzialmente plastico-costruttiva a sua
volta.2 Tale comunanza figurativa è di per sè affermazione sufficiente di un rapporto;

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Statua acefala
Ravenna

Coll, arcivescovile
(Fot. Ricci)

1 Immaginiamo di attuare nel marmo bianco artisticamente non avremo guadagnato di certo,
un’opera siffatta: avremo un aspetto non molto 2 Cfr. G. Calassi, art. cit., e Scultura romana

dissimile dal così detto Costantino degli Uffizi: ed e bizantina a Ravenna, in L’Arte, 1915.
 
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