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MARIO SALMI
Gregorio X, ioo libre di cera quae. . . converti ciebeanl in construciione ipsius ecclesiale',
si imposero balzelli alle porte della città e si incaricarono quattro cittadini di presie-
dere ai lavori.1 Dopo una lacuna di quasi un secolo e mezzo,
i documenti ci avvertono che nel 1471 e negli anni succes-
sivi sino al 1511,2 3 4 la chiesa fu aumentata delle due navate
che mancavano ancora al suo compimento. E così la bella
mole che troneggia nella parte più elevata della città, comin-
ciata agli inizi del periodo ogivale, fu finita nel Rinascimento
maturo che le conservò intatto — con un rispetto degno di
ammirazione — l’organismo architettonico di chiesa a tre
navi (fig. 1), spartita da piloni a fascio in cinque campate
archiacute e da una sesta più piccola (fig. 2) presso la tri-
buna terminata con un’abside pentagonale (fig. 3).
Pure, non ostante le notizie che ci restano, diligente-
mente pubblicate dai fratelli Pasqui, sono da risolversi vari
problemi riguardanti la costruzione del Duomo aretino. Du-
bita taluno 5 che fino al 1279 si perdesse tempo in indugi
avanti che la prima pietra dell’edifizio fosse collocata, mentre
è da credersi che durante lo stesso anno 1277 si preparasse il
materiale e subito, o ai primi del 1278, i lavori fossero co-
minciati. Infatti già tre anni prima si pensava alla nuova
cattedrale per cui furono lasciati, in un testamento del 1275,
venti soldi qui non dentur nisi jìerel ipsa ecclesia ; 4 e un mo-
dello doveva essersi già fatto eseguire dal vescovo Gugliel-
mino — uomo energico e fattivo — se soli cinque anni di
tempo sembravano bastanti a condurre la nuova chiesa tanto
innanzi da essere uffiziata. Nè dovevano mancare mezzi pe-
cuniari per cominciare l’opera perchè Gregorio X, morto in
Arezzo nel 1276 (io gennaio) di ritorno dai concili di Lione
e di Losanna, lasciò tesoro a la città che si fabricasse il Duomo
moderno. 5 Nulla dunque fa credere che si ritardasse ad
iniziare l’impresa; e se non fu presto finita sia per la gran-
diosità del modello, sia per difficoltà sopraggiunte, tuttavia sono concordi gl’illustratori
Pi
j: — Pianta del Duomo
di Arezzo.
1 Pasqui, op. cit., doc. 8.
2 Pasqui, op. cit., docc. 10-37.
3 Pasqui, op. cit., pag. 22.
4 F. Vagnoni, Del duomo di Arezzo, in Atti della
1. e R, Accad. Aret. di scienze, lettere ed arti, voi. I,
1843, pag. 31. Nella stessa carta (Arezzo, Ai eh di
Murello, pergarn. n. 15), nella quale il tempo can-
cellò il nome del munifico testatore, si leggono
molti legati a varie chiese aretinè e fra gli altri
quinque solidos prò ecclesiae abbatie S. Flore ha-
cienda. Questa abbazia era già in parte costruita,
nel 1278 (Cfr. M. Salmi, in L’Arte, 1912, fase. IV)
e, quantunque d’importanza architettonica di gran
lunga minore a quella del Duomo, sta a dimostrarci
con quanta celerità si componessero gli editi zi quando
v’erano i mezzi.
5 U. Pasqui, Cranichetta di Anonimo in Doc. per
la storia di Arezzo, voi. IV, Arezzo, 1004, pag. 95. Il
Grazini, Mem. dei vescovi d’Arezzo, mss. nell’Arch.
Cap., Aret., parte II, pone in dubbio che Gregorio
avesse lasciato effettivamente, per la costruzione
del Duomo, 30 mila scudi (in questa cifra il Vasari
determina il tesoro dell’Anonimo), perchè non si
spiega come in tal caso i canonici stanziassero 100
lire annue per i cinque primi anni. Al che è facile
rispondere che queste erano destinate a tenere in
piedi la cadente chiesa di San Pietro, per uno scopo
dunque diverso da quello espresso dal testatore. Non
facendosene poi menzione, continua il G., nella let-
tera apostolica, interpreta artificiosamente la frase
della lettera di Gugli elimino : obtemptu sanate recor -
dationis Gregorii pape decimi, cuius sepultura ecclesia
ipsa meruit decoravi, per riguardo a Gregorio X.
Ma quale riguardo ? per riguardo al corpo bastava
un sontuoso sepolcro che fu eretto invece assai più
tardi ai primi del '300 e la traduzione più natu-
rale di obtemptu mi pare per volere. Lo stanziamento
inoltre da parte del Consiglio nel 1327 (tanti anni
MARIO SALMI
Gregorio X, ioo libre di cera quae. . . converti ciebeanl in construciione ipsius ecclesiale',
si imposero balzelli alle porte della città e si incaricarono quattro cittadini di presie-
dere ai lavori.1 Dopo una lacuna di quasi un secolo e mezzo,
i documenti ci avvertono che nel 1471 e negli anni succes-
sivi sino al 1511,2 3 4 la chiesa fu aumentata delle due navate
che mancavano ancora al suo compimento. E così la bella
mole che troneggia nella parte più elevata della città, comin-
ciata agli inizi del periodo ogivale, fu finita nel Rinascimento
maturo che le conservò intatto — con un rispetto degno di
ammirazione — l’organismo architettonico di chiesa a tre
navi (fig. 1), spartita da piloni a fascio in cinque campate
archiacute e da una sesta più piccola (fig. 2) presso la tri-
buna terminata con un’abside pentagonale (fig. 3).
Pure, non ostante le notizie che ci restano, diligente-
mente pubblicate dai fratelli Pasqui, sono da risolversi vari
problemi riguardanti la costruzione del Duomo aretino. Du-
bita taluno 5 che fino al 1279 si perdesse tempo in indugi
avanti che la prima pietra dell’edifizio fosse collocata, mentre
è da credersi che durante lo stesso anno 1277 si preparasse il
materiale e subito, o ai primi del 1278, i lavori fossero co-
minciati. Infatti già tre anni prima si pensava alla nuova
cattedrale per cui furono lasciati, in un testamento del 1275,
venti soldi qui non dentur nisi jìerel ipsa ecclesia ; 4 e un mo-
dello doveva essersi già fatto eseguire dal vescovo Gugliel-
mino — uomo energico e fattivo — se soli cinque anni di
tempo sembravano bastanti a condurre la nuova chiesa tanto
innanzi da essere uffiziata. Nè dovevano mancare mezzi pe-
cuniari per cominciare l’opera perchè Gregorio X, morto in
Arezzo nel 1276 (io gennaio) di ritorno dai concili di Lione
e di Losanna, lasciò tesoro a la città che si fabricasse il Duomo
moderno. 5 Nulla dunque fa credere che si ritardasse ad
iniziare l’impresa; e se non fu presto finita sia per la gran-
diosità del modello, sia per difficoltà sopraggiunte, tuttavia sono concordi gl’illustratori
Pi
j: — Pianta del Duomo
di Arezzo.
1 Pasqui, op. cit., doc. 8.
2 Pasqui, op. cit., docc. 10-37.
3 Pasqui, op. cit., pag. 22.
4 F. Vagnoni, Del duomo di Arezzo, in Atti della
1. e R, Accad. Aret. di scienze, lettere ed arti, voi. I,
1843, pag. 31. Nella stessa carta (Arezzo, Ai eh di
Murello, pergarn. n. 15), nella quale il tempo can-
cellò il nome del munifico testatore, si leggono
molti legati a varie chiese aretinè e fra gli altri
quinque solidos prò ecclesiae abbatie S. Flore ha-
cienda. Questa abbazia era già in parte costruita,
nel 1278 (Cfr. M. Salmi, in L’Arte, 1912, fase. IV)
e, quantunque d’importanza architettonica di gran
lunga minore a quella del Duomo, sta a dimostrarci
con quanta celerità si componessero gli editi zi quando
v’erano i mezzi.
5 U. Pasqui, Cranichetta di Anonimo in Doc. per
la storia di Arezzo, voi. IV, Arezzo, 1004, pag. 95. Il
Grazini, Mem. dei vescovi d’Arezzo, mss. nell’Arch.
Cap., Aret., parte II, pone in dubbio che Gregorio
avesse lasciato effettivamente, per la costruzione
del Duomo, 30 mila scudi (in questa cifra il Vasari
determina il tesoro dell’Anonimo), perchè non si
spiega come in tal caso i canonici stanziassero 100
lire annue per i cinque primi anni. Al che è facile
rispondere che queste erano destinate a tenere in
piedi la cadente chiesa di San Pietro, per uno scopo
dunque diverso da quello espresso dal testatore. Non
facendosene poi menzione, continua il G., nella let-
tera apostolica, interpreta artificiosamente la frase
della lettera di Gugli elimino : obtemptu sanate recor -
dationis Gregorii pape decimi, cuius sepultura ecclesia
ipsa meruit decoravi, per riguardo a Gregorio X.
Ma quale riguardo ? per riguardo al corpo bastava
un sontuoso sepolcro che fu eretto invece assai più
tardi ai primi del '300 e la traduzione più natu-
rale di obtemptu mi pare per volere. Lo stanziamento
inoltre da parte del Consiglio nel 1327 (tanti anni