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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 4
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Rossi, Angelina: Le Sibille nelle arti figurative italiane, [3]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0464

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43°

ANGELINA ROSSI

Nè va trascurata la parte che rappresenta la Sibilla nella
Crocifissione di San Marco, di pochi anni posteriore alle
Fig. 13 — Andrea del Castagno: porte del Battistero. Nel fregio semicircolare, che cinge

Sibilla Cumana. Firenze. il mirabile affresco di frate Angelico, sono effigiati, a

mezzo busto, i dieci Profeti e, ultima a destra, a busto
intero, la Erythea. È una gentile creatura, quale l’Angelico poteva concepire, d’una bellezza
ingenua e composta, dal viso ovale incorniciato dal velo, che copre il capo di quasi tutte le
donne del Beato, dallo sguardo mite e sereno, dal braccio destro piegato, come per chiedere
umilmente silenzio e per richiamare i riguardanti dalle scene dolorose del dipinto alla buona
novella della Risurrezione, contenuta nel rotulo che la destra si protende a spiegare. La Sibilla
di Sant’Angelo informis minaccia il giudizio e la imminente conclusione dei tempi; l’Erythea
dell’Angelico promette la redenzione dell’umanità dalla schiavitù del peccato. E la voce della spe-
ranza, che si leva dal fondo dell’anima del credente pure tra i morsi e le punture del dolore.

tre ad Alfonso Lombardi (e sono le migliori), tre al Tri-
bolo. tre a Girolamo da Treviso, tra le quali la caratte-
ristica Cumana e la Sibilla seduta tra due delfini, della
porta destra. Le altre, in generale, sono assai mediocri,
qualcuna d’una mediocrità intollerabile. Nella porta centrale
sono, com’è noto, i Profeti di Jacopo della Quercia. Se
già nel disegno generale delle porte abbozzato dal grande
Senese fossero comprese, per le porte minori, le Sibille,
non può affermarsi con sicurezza. Se così fosse, Jacopo
e Lorenzo si sarebbero mossi entro lo stesso ciclo di pen-
sieri e di figurazioni artistiche. Non oseremmo però affer-
mare che, nell’intenzione di Jacopo, le Sibille dovessero
raggiungere così alto numero; il disegno primitivo del
maestro doveva portarne assai meno, e forse anch’esse, al
pari del Ghiberti, idealmente congiunte con le scene rap-
presentate sui battenti. Si può credere che le numerose
figurazioni delle Sibille nell’arte posteriore a Giacomo, e
soprattutto i modelli insuperati di Raffaello e di Michelan-
gelo, non siano stati estranei alla determinazione del nu-
mero. E certo però che gli esecutori, pur imitando nelle
forme esteriori i loro modelli, le Sibille michelangiolesche
specialmente, non ne compresero, in generale, l’intimo
senso. Per alcuni di essi le Sibille non sono, evidente-
mente, che figure decorative e nient’altro.

* * *

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Non meno chiaramente s’impronta della natura del suo autore la Cumana di Andrea del
Castagno. Nella villa Pandolfini, a Legnaia, Andrea aveva dipinto una specie di cronaca figu-
rata, ad uso quasi dei soli fiorentini. Vi troviamo gli uomini più illustri di Firenze, Farinata,
Dante, Petrarca, Boccaccio, e poche eroine dell’antichità giudaica o cristiana, tra cui la più
famosa delle Sibille, la Cumana. In questa fiera e imponente figura (fig. 13) di donna, l’artista
ci offre uno dei più belli esempi della energia potente dell’arte sua. Maschia e risoluta nel-
l’atteggiamento come nel modo di vestire, non è caratterizzata da nessuno dei soliti attributi.
Non la senilità, nè il motto virgiliano, nè alcun altro segno può distinguere questa dalle altre
sue sorelle. « Sibilla Cumana que prophetavit aclventum Christi», dice l’iscrizione, indicando
 
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