LE SIBILLE NELLE ARTI FIGURATIVE ITALIANE
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Pietro Vannucci, nei primi anni del Cinquecento, era trattenuto a Perugia dalle molte,
forse troppe commissioni ricevute, principale fra tutte la decorazione della Sala detta del
Cambio. Egli sentiva oramai, oltre il peso degli anni, quello dell’eccessivo lavoro, al quale
forse non poteva sottrarsi. Faceva quindi grande assegnamento sulla cooperazione dei suoi
discepoli, ai quali lasciava grande libertà nell’esecuzione, se non pure nell’ invenzione e com-
posizione. Così, mentre nella parete sinistra, nell’affresco degli eroi riconosciamo facilmente le
Fig. 23 — Raffaello : Affresco dei Profeti e delle Sibille. Perugia nel Cambio.
forme vuote di Andrea d’Assisi, nell’opposta non tardiamo a convincerci che il Perugino do-
vette servirsi del migliore e già celebre suo scolaro, di Raffaello Sanzio.
Com’è noto, fino a un paio d’anni fa, questo affresco è andato sotto il nome del Peru-
gino. Adolfo Venturi per primo ha riconosciuto nell’affresco il capolavoro dell’arte giovanile
dell’Urbinate. Evidentissimo è il contrasto di questo meraviglioso dipinto con le altre pitture
della Sala, di mano deU’ormai stanco e vecchio maestro perugino. Nella parete sinistra gli
eroi sono messi l’uno accanto all’altro in linea orizzontale; non hanno tra loro altro rapporto
che quello della contiguità. Essi non hanno nessuna energia nel volto o nell’atteggiamento,
nessun segno che attesti la loro personalità; il nome e niente altro distingue Fabio Massimo
da Socrate, Publio Scipione da Cincinnato. E una delle solite storie figurate e niente più.
Nell’opposta parete, in vece, rifulgono tutti i pregi contrari a tali innegabili difetti (fig. 23).
Nell’alto 1’ Eterno è bensì, al modo peruginesco, inscritto in un tondo, circondato da cherubi,
adorato da due angeli ; ma se queste forme esteriori della rappresentazione sono del tutto
simili a quelle del Perugino, la maestà e la calma dignitosa, spiranti da quella figura, il Van-
nucci non è giunto mai a rendere. Il capo lievemente chino sull’omero destro, stende la destra
in atto di benedire l’umanità, che sarà rimessa sulla retta via dalla parola dei profeti e delle
L'Arte. XVIII, 56.
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Pietro Vannucci, nei primi anni del Cinquecento, era trattenuto a Perugia dalle molte,
forse troppe commissioni ricevute, principale fra tutte la decorazione della Sala detta del
Cambio. Egli sentiva oramai, oltre il peso degli anni, quello dell’eccessivo lavoro, al quale
forse non poteva sottrarsi. Faceva quindi grande assegnamento sulla cooperazione dei suoi
discepoli, ai quali lasciava grande libertà nell’esecuzione, se non pure nell’ invenzione e com-
posizione. Così, mentre nella parete sinistra, nell’affresco degli eroi riconosciamo facilmente le
Fig. 23 — Raffaello : Affresco dei Profeti e delle Sibille. Perugia nel Cambio.
forme vuote di Andrea d’Assisi, nell’opposta non tardiamo a convincerci che il Perugino do-
vette servirsi del migliore e già celebre suo scolaro, di Raffaello Sanzio.
Com’è noto, fino a un paio d’anni fa, questo affresco è andato sotto il nome del Peru-
gino. Adolfo Venturi per primo ha riconosciuto nell’affresco il capolavoro dell’arte giovanile
dell’Urbinate. Evidentissimo è il contrasto di questo meraviglioso dipinto con le altre pitture
della Sala, di mano deU’ormai stanco e vecchio maestro perugino. Nella parete sinistra gli
eroi sono messi l’uno accanto all’altro in linea orizzontale; non hanno tra loro altro rapporto
che quello della contiguità. Essi non hanno nessuna energia nel volto o nell’atteggiamento,
nessun segno che attesti la loro personalità; il nome e niente altro distingue Fabio Massimo
da Socrate, Publio Scipione da Cincinnato. E una delle solite storie figurate e niente più.
Nell’opposta parete, in vece, rifulgono tutti i pregi contrari a tali innegabili difetti (fig. 23).
Nell’alto 1’ Eterno è bensì, al modo peruginesco, inscritto in un tondo, circondato da cherubi,
adorato da due angeli ; ma se queste forme esteriori della rappresentazione sono del tutto
simili a quelle del Perugino, la maestà e la calma dignitosa, spiranti da quella figura, il Van-
nucci non è giunto mai a rendere. Il capo lievemente chino sull’omero destro, stende la destra
in atto di benedire l’umanità, che sarà rimessa sulla retta via dalla parola dei profeti e delle
L'Arte. XVIII, 56.