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nè potendo supplire con quella dellà di lui moglie già espressa nel mese di
aprile, e qui ripetuta in episodio, vi sostituì Uno de’di lei attributi, la sen-
sualità, che si riconosce al ricco vestiario , all’ alto e sfaccendato portar della
testa e all’ accennar se stessa con compiacenza. Si vede sopra un magnifico
carro adornato agli angoli da quattro scimiotti, e tirato da grandi schnioni,
simboli della libidine. Alla destra del carro vedesi la fucina di Vulcano , ove,
lui presente lavorano i ciclopi ; all’ intorno ed in alto stanno sospese varie ar-
mature già compite. In parte laterale del masso di cui è formata la grotta,
entro un clipeo brillantissimo venne colorita la lupa di Roma, per cui fu ragio-
nevolmente creduto che qui s’intenda delle armi di Enea. Dall’ altro lato Marte
e Venere sul contaminato talamo di Vulcano sono coperti d’ un drappo dipinto
con sterminata quantità di bizzarrissime e poco naturali pieghe; presso il letto
vedonsi deposte le armi dell’ uno e le vesti dell’ altra. Sopra uno scoglio cinque
amoretti bendati intrecciano carole : altri amoretti in aria , uno de’ quali da
se solo in mezzo ad una meteora che scoppia, indicante per avventura il fuoco
della libidine.
Il segno della Libra nel riparto di mezzo vien sostenuto da una mano tron-
ca , vedendosi sopra questa una figura che piega il ginocchio implorando pietà
dal cielo, forse la Castità, 1’ opposto dei piaceri della dea degli amori. Alla
destra della bilancia trionfa la Purità, che proclama se stessa a suon di tromba
e si manifesta per la colomba che tiene nella sinistra; dall’ altro lato comparisce
il Libertinaggio preso di mira da un arderò che qui vien posto per divisa
della punizione.
Nella sottoposta scena si riproducono lé azioni di Borso che non dava diver-
timenti se prima non avesse amministrata la giustizia. Sotto ad un arco egli
riceve un personaggio nobilmente vestito, che può credersi un ambasciatore di
distinzione. Fuori dall’ arcato a sinistra vedesi Borsa sulle mosse per la caccia
in mezzo a’ suoi cavalieri, più in alto la vendemmia, ed il pigiar uve ne’ tini.
Li due muri a ponente ed a mezzo giorno, contenevano certamente il com-
pimento di sì vasto pensiero, cioè li cinque mesi che mancano, oltre gli acces-
sorii agli angoli della sala, corrispondenti a quella della cavalcata colle ban-
deruole, e qualche dipinto nel frontale del gran camino le cui vestigia scorgonsi
nella faccia di mezzogiorno. Ogni tentativo di ricuperar que’ dipinti fu creduto
vano, essendo state facilmente colorite quelle pareti quando la calce non era
più fresca, cosi che le tinte rimasero si esili onde cedere al più lieve tocco del
dito, e per questa ragione si è perduta una iscrizione che era stata dipinta
sopra un pilastro finto nel muro di ponente, in cui non potè leggersi che
D. N.
N. . . . MARCHIONL FEBL
S. ER
Nessuno creda alle fanfaluche del favoloso Maresti ( TeaL genèalog. T. H*
pag. 19 e seg. ) sulla improvvisa comparsa ivi accaduta in faccia al Duca e
numerosa nobile adunanza di Teofilo Caleagnini indeceritèmente vestito , e suo-
nando il liuto, e così dipinto in questa sala, che nudo pareva, come pure
scolpito in un pilastro della bella porta esterna della facciata, ove difatti vedesi
per la schiena un fanciullo nudo suonando quell’ istromento.
Molto si è disputato sull’ autore di questa studiosissima opera , e v’ ha tutto
il luogo a credere, che quegli che formò 1’ intero originale disegno fosse Cosimo
nè potendo supplire con quella dellà di lui moglie già espressa nel mese di
aprile, e qui ripetuta in episodio, vi sostituì Uno de’di lei attributi, la sen-
sualità, che si riconosce al ricco vestiario , all’ alto e sfaccendato portar della
testa e all’ accennar se stessa con compiacenza. Si vede sopra un magnifico
carro adornato agli angoli da quattro scimiotti, e tirato da grandi schnioni,
simboli della libidine. Alla destra del carro vedesi la fucina di Vulcano , ove,
lui presente lavorano i ciclopi ; all’ intorno ed in alto stanno sospese varie ar-
mature già compite. In parte laterale del masso di cui è formata la grotta,
entro un clipeo brillantissimo venne colorita la lupa di Roma, per cui fu ragio-
nevolmente creduto che qui s’intenda delle armi di Enea. Dall’ altro lato Marte
e Venere sul contaminato talamo di Vulcano sono coperti d’ un drappo dipinto
con sterminata quantità di bizzarrissime e poco naturali pieghe; presso il letto
vedonsi deposte le armi dell’ uno e le vesti dell’ altra. Sopra uno scoglio cinque
amoretti bendati intrecciano carole : altri amoretti in aria , uno de’ quali da
se solo in mezzo ad una meteora che scoppia, indicante per avventura il fuoco
della libidine.
Il segno della Libra nel riparto di mezzo vien sostenuto da una mano tron-
ca , vedendosi sopra questa una figura che piega il ginocchio implorando pietà
dal cielo, forse la Castità, 1’ opposto dei piaceri della dea degli amori. Alla
destra della bilancia trionfa la Purità, che proclama se stessa a suon di tromba
e si manifesta per la colomba che tiene nella sinistra; dall’ altro lato comparisce
il Libertinaggio preso di mira da un arderò che qui vien posto per divisa
della punizione.
Nella sottoposta scena si riproducono lé azioni di Borso che non dava diver-
timenti se prima non avesse amministrata la giustizia. Sotto ad un arco egli
riceve un personaggio nobilmente vestito, che può credersi un ambasciatore di
distinzione. Fuori dall’ arcato a sinistra vedesi Borsa sulle mosse per la caccia
in mezzo a’ suoi cavalieri, più in alto la vendemmia, ed il pigiar uve ne’ tini.
Li due muri a ponente ed a mezzo giorno, contenevano certamente il com-
pimento di sì vasto pensiero, cioè li cinque mesi che mancano, oltre gli acces-
sorii agli angoli della sala, corrispondenti a quella della cavalcata colle ban-
deruole, e qualche dipinto nel frontale del gran camino le cui vestigia scorgonsi
nella faccia di mezzogiorno. Ogni tentativo di ricuperar que’ dipinti fu creduto
vano, essendo state facilmente colorite quelle pareti quando la calce non era
più fresca, cosi che le tinte rimasero si esili onde cedere al più lieve tocco del
dito, e per questa ragione si è perduta una iscrizione che era stata dipinta
sopra un pilastro finto nel muro di ponente, in cui non potè leggersi che
D. N.
N. . . . MARCHIONL FEBL
S. ER
Nessuno creda alle fanfaluche del favoloso Maresti ( TeaL genèalog. T. H*
pag. 19 e seg. ) sulla improvvisa comparsa ivi accaduta in faccia al Duca e
numerosa nobile adunanza di Teofilo Caleagnini indeceritèmente vestito , e suo-
nando il liuto, e così dipinto in questa sala, che nudo pareva, come pure
scolpito in un pilastro della bella porta esterna della facciata, ove difatti vedesi
per la schiena un fanciullo nudo suonando quell’ istromento.
Molto si è disputato sull’ autore di questa studiosissima opera , e v’ ha tutto
il luogo a credere, che quegli che formò 1’ intero originale disegno fosse Cosimo