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Maffei, Scipione; Vallarsi, Jacopo [Bearb.]; Berno, Pierantonio [Bearb.]
Verona Illustrata (Parte Quarta Ed Ultima): Contiene Il Trattato In questa seconda edizione accresciuto anche di figure Degli Anfiteatri E Singolarmente Del Veronese — In Verona: Per Jacopo Vallarsi, e Pierantonio Berno, 1731

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https://doi.org/10.11588/diglit.62320#0010
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DE GLI ANFITEATRI

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se in cinque giorni le lue Cacce dopo la
guerra civile, facendo veder per la prima
Dio.i. 43. volta il Camelopardo, e facendo combat-
ter nell’ultimo cinquecent’uomini a piedi,
pn'n.ì. s’ trecento a cavallo, e venti Elefanti, indi
c- 7- altrettanti con le lor torri difese da sessant’
uomini, Nel numero parimente de’ Gladia-
tori ei sorpassò di molto quanto fino allora
s’era veduto, avendone podi insieme quan-
in do fu Edile 3 20 paia , come si ha da Plu-
tarco .
Ridotti in tal magnificenza quelli spetta-
coli, fu necessario pensare ad un nuovo gene-
re d’edilizio j per potervegli celebrare con
più diletto . A tempi di Cicerone i Giuochi
W publici si facean tutti ancora o nel Teatro, o
llb- z' nel Circo. Di Gladiatori nel Foro fa però
M/). 39. menzione Svetonio in tempo di Celare : alle
Munire in beltie era destinato il Circo . Pressò Sifilino
F'irQ' leggesi veramente , che le gran Cacce di
Pompeo sopramentovate sifacessero in Tea-
tro; ma compendiatone poco accurato fu
egli in quel luogo, se da lui venne , il ta-
gliar quattro versi necessarj alla coerenza,
Dio.!. 39. ed al sentimento, ne’quali elprime Dione,
che in Teatro fu la ratisica , ma le Fiere
nel Circo. Il Circo però per l’ampiezza
sua, e per la lunghezza, come ordinato al
corso delle Bighe, e delle Quadrighe , do-
vea molte volte rendere in altro genere di
spettacolo poco godibile all’ una parte ciò
che si facea dall’altra; esfondo fiato il Cir-
pi<n. ì.36. co Massimo lungo tre fiadii (eh’erano otta-
A15> vidi miglio) e largo uno, intendendo dell’
area solamente, e senza gli edisizj al circui-
to annesii. Impedita ancora ne rimanea in
qualcheparte la vista dalle Mete, dall’Obe-
lisco, dall’ are, colonne , figure, e più altre
cole, che in mezo su la Spina posàvansi.* in
Svet. fatti ne’ Giuochi di Cesare sopraccennati
93. convenne levar le mete. Non così agevole
m't/, riuseiva in oltre 1’ assicurarvi il popolo spet-
tatore, onde abbiam da Plinio, come peri-
7. s. c- 7- colò ne’ Giuochi di Pompeo dagli Elefan-
ti , che tentaron sortita : però Cesare volen-
do poi far l’istesia mostra, fece cavar delle
fosse intorno. Convenne adunque architet-
tare un edilizio., che in assai minor giro,
senza che gli occhi rimanessero da veruna
parte impediti, desse luogo a quantità gran-
dini ma di spettatori, e avendo il campo li-
bero e aperto, potesse però assicurar facil-
mente da ogni sorte di belve chi slava in-
torno. Non fu difficile prenderne idea da’
Teatri che in Grecia, e in Roma erano da
gran tempo in uso. Si facean quelli spazio-
si, e seoperti, e con un semicerchio di gra-
di , ne’ quali sedeano in grandissimo nume-
ro gli uditori. Facil cosa fu però il pensare,
che facendo in vece della Scena polla a rin-

contro de ì gradi, un altro semicerchio di
essi, e si raddoppiava il sito a gli spettatori,
e si lasciava in mezo ampio, e libero campo
a i combattimenti.
La prima volta che si vedesse di ciò l’ef-
setta , fu nel maraviglioso e bizarro spet-
tacolo di Caio Curione, che morì poi nelle
guerre civili partigiano di Cesare ; quell’
istesso, che fu Tribuno della plebe, a cui
più lettere si hanno di Cicerone, e che un
altro Teatro pur fece nominato da Marco
Celio . Il cognome l’indica della gente Scri-
bonia quel Curione Massimo, eh’ è nomi-
nato da Livio, si dice poi da lui stesso altro-
ve Caio Scribonio Curione Massimo . Ora
volendo collui nella morte del padre supe-
rare quanto finallora era fiato fatto, e non
potendo con alcuni di gran lunga compete-
re per ricchezza, si rivolse all’ invenzione,
ed usò l’ingegno. Balla forsè una tal’ ope-
ra, per dar saggio di ciò, che in fatto d’Ar-
chitettura , e d’ arti mecaniche valesser gli
Antichi.Fece adunque.edificar Curione due
ampissimi Teatri di legno contigui fra se,
ma in modo tale, che gli spettatori venisse-
ro a sedersi a schiena gii uni degli altri, si-
tuate nelle parti opposte le Scene. Quelli
Teatri non erano fondati in terra, ma sos-
peli, e librati in aria, cioè posanti ciasche-
duno sopra un cardine, o perno, e però at-
ti a essèr molli, e fatti girare attorno con
tutto l’infinito popolo che vi era sopra. La
mattina si rappresentavano azioni sceniche:
dopo mezo giorno si facean d’improviso gi-
rare i Teatri, finche venissero a essersi in
faccia : di poi precipitando i tavolati, si con-
giungevano i corni dell’1 uno e 1’altro, e si
formava un recinto intero, e perfetto, eh”
è quanto dire un Anfiteatro, nell’ area del
quale venivano a combatterei Gladiatori.
Tanto si legge in Plinio, a cui come di cent’
altre, siamo unicamente debitori di quella
bella notizia. Esaggerò egli contra la teme-
rità del fatto, per essèrsi fatte pensili le Tri-
bù tutte, e pollo in machina, quali sopra
due navi, il popolo dominatore dell’Uni-
verso; applaudendo egli stesso al suo peri-
colo, benché affidato a due cardini, e in
tal risehio di morte, che parve al tumulo
del padre di Curione pugnassèro quai- Gla-
diatori i Romani tutti. Con tutto ciò non
ne seguì alcun danno; e solamente 1’ ultimo
giorno indeboliti, o seomposti alquanto gli
ordigni, non si fidarono di far più andare
attorno, ma ritenendo la forma d’ Anfitea-
tro della sera innanzi, furon portate nel me-
zo le Scene, e sopraesse fatti veder gli Atle-
ti; indi rapiti via d’improviso i palchi, fat-
ta mostra de’ Gladiatori, eh’ avean vinto
i giorni innanzi. Quanto desiderabil sareb-
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