io5 LIBRO SECONDO. 106
appare il riscontro, c la verità de’Topi-ad-
dotti passidi Tucidide, e di Vitruvio. Dis-
se Gian Battista Alberti, avere osservato
negli edifizj antichi, che il ferro si gtiasta,
e non dura; così è veramente: ma con que-
lla circospezione lo asficuravano. L’effetto
di tal concatenazione si riconosce a mara-
viglia nell’ Ala , eh’ or connsideriamo del
noslro Anfiteatro ; perchè pietre veggonsi
là nell’alto quali affatto fuor dell’ altre, e
pendenti, lenza apparire come si sostenga-
no: così un de’pilassri superiori incurvato
grandemente, esmusso: in atto di minac-
ciar ruina: non pertanto son più secoli, che
in tal’aspetto ogni cosa si mantiene lenza
far mossa.
Una differenza molto considerabile è da
offervar nel profilo delle pareti citeriori tra
il Romano Anfiteatro , ed il Veronese ;
cioè che nel Romano il ritirarli, che va
facendo la grossezza di piano in piano, è
Tempre verso il di dentro, dove però il mu-
ro vien quali a piombo : all’ incontro nel
Veronefe il muro va Tempre diminuendo
nell’ interiore, e poco si ritira, e Tcema nel
di fuori. Disse il Serbo, che il ritirarliver-
so l’interno, come fa il Romano , dà all’
edilizio maggior fortezza : al Palladio pia-
cea , che i muri diminuissèro di parte e d’
altra piramidalmente; ma Te una sola do-
vesse farlo, folle quella di fuori , stante
che il di dentro dalle travature ed altro è
tenuto fermo . Pare , che 1’ effètto abbia
comprovato il lor sentimento, mentre tan-
ta parte si è mantenuta dell’ esserna faccia-
ta nel Romano , e sì poca nel Veronese.
Tuttavia Ci è pur conservato interamente
il recinto di Pola, che seema anch’essò nel
di dentro; e vediamo dall’ uno, e dall’ al-
tro, ch’anche il contrario modo era d’ uso
antico,e porta il benefizio d’acquissar mag-
giore spazio nelle parti superiori ; T effètto
di che si riconosce prima nella volta, che
cuopre il nostro primo portico , poiché il
muro di ella impella tutto su la grossezza
de’pilassri inferiori, che degrada nel secon-
do piano; e si vede ancora nel piè dell’al-
tra volta superiore, poiché quella ancora
impollava su quella parte , che degrada
nel terzo.
CAPO TERZO.
Primo recìnto dell'Arena*
LE arcate dell’Arena, o sia gl’ingressì
attorno , erano settantadue ; quelle
del Coliseo erano ottanta : dal che , e in-
sicine dalla misura de’ pilastroni, e larghez-
za delle aperture, risulta non essèr quella
minor di tanto, quanto altri pensa, ben-
ché il mancar qui Fellema,'.e soperba fron-
te, faccia per di fuori parer piccola cosa
quell’ edilizio rispetto a quello. Gli archi
dell’Ansiteatro (fe tal fu) di Nimes non
son più di fessanta, come si ha dall’Atlan-
te Franzese citato sopra. Ottanta si dicono
quei di Capua ; ma chi pretende averne
fatto personalmente ricerca, mi afferma,
diffìcilmente poterfene adessò rilevare il gia-
llo, ed afferma parimente, così in quello,
come nel farne la pianta con due portici
esteriori l’un pressòl’altro aver’ avuto pri-
ma parte la supposizionc, che dovesse quell’
Ansiteatro essere interamente l’istesso, che
quel di Roma. Contuttociò nè il numero
delle arcate, nè il doppio portico, si rivo-
cherà da me in dubbio, dopo che dotto, e
cospicuo Soggetto, qual’è il Canonico Ma-
zochio, che sui luogo ssesso tutto ha con
somma diligenza esaminato, e misurato,
così nel Tuo libro asserisee.
Tanto nel Romano, come nel Veronele
ogn’ arco ha sopra il Tuo numero > come
nella Carta si vede : circossanza non osser-
vata da chi del Romano ha scritto, e ma-
lamente ommessa, poiché serviva al buon’
ordine dell’entrare, o useire infinita gente
in breve tempo, e fenza folla, o confusio-
ne alcuna, diviso il popolo per contrade,
o per classì in parti, ed adeguate a ciascu-
na le Tue porte, Così avveniva appunto an-
che nel Circo, dopo diviso in trenta Curie
il popolo, edistribuiti a ciafeuna d’ esse i
Tuoi luoghi da Tarquinio, come si legge in
Dionigi , ed in Livio. I numeri sono scol-
piti nell’ architrave con sogno di cartella si,•». si i.
che gli contenga : quei del Romano, che
trentuno ne conserva > cioè dal XXIII al
LIIII, sono fenz’altro ornamento tra l’ar-
chitrave , e I’ archivolto, o sia la faseia
dell’arco: gli ho però fatti mettere nel mio
disegno. Delle pietre sognate di quelli nu-
meri , che furon già sopra i nostri archi or
distrutti, una so ne vede nella pila di me-
zo del ponte dalle Navi, altra nei la porta
delle carrozze del Sig. Bertoldo Pellegrini,
ove serve da più secoli di pilaslrata.
De’ pilastroni inferiori retta profondata
una parte nella terra, come mostra il dise-
gno: la ragion di che non è già quella, che
ssimò Lipsio, il quale poco islruito si mo-
strò veramente nell’arte edisicatoria, quan-
do scrisse, sprofonda.rsi in tal modo sì fatte dente
machine per lo gran peso, cedendo il ter-
reno; mentre ognun sa, che se le fabriche
non posassero sui formo, e sodo , ma ce-
desse il fondo, si soompaginerebbero, e n’
andrebbero ben tosto a terra. Vien tal dan-
no per l’alzamento del terreno fatto all’in-
torno, secondo il fatai disordine delle Cit-
X
appare il riscontro, c la verità de’Topi-ad-
dotti passidi Tucidide, e di Vitruvio. Dis-
se Gian Battista Alberti, avere osservato
negli edifizj antichi, che il ferro si gtiasta,
e non dura; così è veramente: ma con que-
lla circospezione lo asficuravano. L’effetto
di tal concatenazione si riconosce a mara-
viglia nell’ Ala , eh’ or connsideriamo del
noslro Anfiteatro ; perchè pietre veggonsi
là nell’alto quali affatto fuor dell’ altre, e
pendenti, lenza apparire come si sostenga-
no: così un de’pilassri superiori incurvato
grandemente, esmusso: in atto di minac-
ciar ruina: non pertanto son più secoli, che
in tal’aspetto ogni cosa si mantiene lenza
far mossa.
Una differenza molto considerabile è da
offervar nel profilo delle pareti citeriori tra
il Romano Anfiteatro , ed il Veronese ;
cioè che nel Romano il ritirarli, che va
facendo la grossezza di piano in piano, è
Tempre verso il di dentro, dove però il mu-
ro vien quali a piombo : all’ incontro nel
Veronefe il muro va Tempre diminuendo
nell’ interiore, e poco si ritira, e Tcema nel
di fuori. Disse il Serbo, che il ritirarliver-
so l’interno, come fa il Romano , dà all’
edilizio maggior fortezza : al Palladio pia-
cea , che i muri diminuissèro di parte e d’
altra piramidalmente; ma Te una sola do-
vesse farlo, folle quella di fuori , stante
che il di dentro dalle travature ed altro è
tenuto fermo . Pare , che 1’ effètto abbia
comprovato il lor sentimento, mentre tan-
ta parte si è mantenuta dell’ esserna faccia-
ta nel Romano , e sì poca nel Veronese.
Tuttavia Ci è pur conservato interamente
il recinto di Pola, che seema anch’essò nel
di dentro; e vediamo dall’ uno, e dall’ al-
tro, ch’anche il contrario modo era d’ uso
antico,e porta il benefizio d’acquissar mag-
giore spazio nelle parti superiori ; T effètto
di che si riconosce prima nella volta, che
cuopre il nostro primo portico , poiché il
muro di ella impella tutto su la grossezza
de’pilassri inferiori, che degrada nel secon-
do piano; e si vede ancora nel piè dell’al-
tra volta superiore, poiché quella ancora
impollava su quella parte , che degrada
nel terzo.
CAPO TERZO.
Primo recìnto dell'Arena*
LE arcate dell’Arena, o sia gl’ingressì
attorno , erano settantadue ; quelle
del Coliseo erano ottanta : dal che , e in-
sicine dalla misura de’ pilastroni, e larghez-
za delle aperture, risulta non essèr quella
minor di tanto, quanto altri pensa, ben-
ché il mancar qui Fellema,'.e soperba fron-
te, faccia per di fuori parer piccola cosa
quell’ edilizio rispetto a quello. Gli archi
dell’Ansiteatro (fe tal fu) di Nimes non
son più di fessanta, come si ha dall’Atlan-
te Franzese citato sopra. Ottanta si dicono
quei di Capua ; ma chi pretende averne
fatto personalmente ricerca, mi afferma,
diffìcilmente poterfene adessò rilevare il gia-
llo, ed afferma parimente, così in quello,
come nel farne la pianta con due portici
esteriori l’un pressòl’altro aver’ avuto pri-
ma parte la supposizionc, che dovesse quell’
Ansiteatro essere interamente l’istesso, che
quel di Roma. Contuttociò nè il numero
delle arcate, nè il doppio portico, si rivo-
cherà da me in dubbio, dopo che dotto, e
cospicuo Soggetto, qual’è il Canonico Ma-
zochio, che sui luogo ssesso tutto ha con
somma diligenza esaminato, e misurato,
così nel Tuo libro asserisee.
Tanto nel Romano, come nel Veronele
ogn’ arco ha sopra il Tuo numero > come
nella Carta si vede : circossanza non osser-
vata da chi del Romano ha scritto, e ma-
lamente ommessa, poiché serviva al buon’
ordine dell’entrare, o useire infinita gente
in breve tempo, e fenza folla, o confusio-
ne alcuna, diviso il popolo per contrade,
o per classì in parti, ed adeguate a ciascu-
na le Tue porte, Così avveniva appunto an-
che nel Circo, dopo diviso in trenta Curie
il popolo, edistribuiti a ciafeuna d’ esse i
Tuoi luoghi da Tarquinio, come si legge in
Dionigi , ed in Livio. I numeri sono scol-
piti nell’ architrave con sogno di cartella si,•». si i.
che gli contenga : quei del Romano, che
trentuno ne conserva > cioè dal XXIII al
LIIII, sono fenz’altro ornamento tra l’ar-
chitrave , e I’ archivolto, o sia la faseia
dell’arco: gli ho però fatti mettere nel mio
disegno. Delle pietre sognate di quelli nu-
meri , che furon già sopra i nostri archi or
distrutti, una so ne vede nella pila di me-
zo del ponte dalle Navi, altra nei la porta
delle carrozze del Sig. Bertoldo Pellegrini,
ove serve da più secoli di pilaslrata.
De’ pilastroni inferiori retta profondata
una parte nella terra, come mostra il dise-
gno: la ragion di che non è già quella, che
ssimò Lipsio, il quale poco islruito si mo-
strò veramente nell’arte edisicatoria, quan-
do scrisse, sprofonda.rsi in tal modo sì fatte dente
machine per lo gran peso, cedendo il ter-
reno; mentre ognun sa, che se le fabriche
non posassero sui formo, e sodo , ma ce-
desse il fondo, si soompaginerebbero, e n’
andrebbero ben tosto a terra. Vien tal dan-
no per l’alzamento del terreno fatto all’in-
torno, secondo il fatai disordine delle Cit-
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