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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 1
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Galassi, Giuseppe: Scultura romana e bizantina a Ravenna
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0087

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SCULTURA ROMANA E BIZANTINA A RAVENNA

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credè forse consistere l’innovazione bizan-
tina nella profusione delle gemme e degli
ornati, e dimenticò di ottenere l’effetto pit-
torico essenziale. Così ritrovasi qui il grosso
cordone plastico dei sarcofagi e dei plutei
romani, ed alle superficie piatte altre si av-
vicinano tondeggianti e sfumate. Nè diver-
samente poteva essere tradotta da romano
artefice l’idea bizantina.

Anche nell’ ambone dell’ arcivescovo
Agnello, nel Duomo, è traccia d’imitazione
dagli esemesemplari esotici. Reca infatti l’am-
bone, nelle fasce — formanti i riquadri, in
cui s’include la mistica fauna — un cord-
oncino schiacciato, goffamente riprodotto
dalle opere bizantine.

^ ^ ^


Fig. 23 — Ravenna, Museo.

Zoccolo d’altare romano, con qualche elemento bizantino.

Tra gli artisti bizantini e gli artisti
romani vi era, oltre quella di stile, un’altra
differenza, facilmente riconoscibile nei lavori
di quei tempi. La differenza era nell’abilità.

Per poter trarre dai marmi la tenuità del
refe, l’uguagiianza delle linee grige incise,
la leggerezza dei lavori tessili, era necessaria
una mano sicura e lieve, lungamente educata
a maneggiar gli strumenti.

Inutile riusciva, quindi, lo sforzo imi-
tativo in chi, solito a chiedere alla pietra
gravezza e solidità, scheggiava il marmo
a colpi d’accetta.

Era, dunque, naturale che gli artefici

locali, tentata inutilmente l’imitazione, proseguissero per la loro via. Ma fu, dopo la metà del
secolo VI, una via di miseria e di degenerazione. Non si crea più, si sopporta passivamente
il fardello ereditato, e si tramanda ai futuri.

Il pesante viticcio, saldamente innervato, che si aggirava per i plutei e per i sarcofagi ro-
mani nella prima metà del secolo VI, ritorna verso la fine del medesimo secolo in un pluteo
di Sant’Agata, in un fregio della Cappella delle Reliquie, in un ambone dello Spirito Santo.

Quei tralci riappariranno anche più tardi, finché alla fine del VII o all’inizio dell Vili secolo,
in un paliotto della Sala Lapidaria nel Palazzo Arcivescovile (fig. 21), inesorabilmente conge-
lato l’esilissimo fusto, e come scarnita la plasticità, la vita sembra accentrarsi nelle estremità
in vortici di energia.

Il sarcofago di Giovanni V in Sant’Apollinare in Classe — dell’ inizio del secolo VII —
mantiene ancora le edicolette conchigliate ; ma dentro, invece di figure umane, sono palme
e croci. Nel centro delle due facce principali, invasa l’architettura, pecore e pavoncelli si
affacciano. Troppo difficile era la rappresentazione della figura umana. E quando questa ricom-
pare — nell’ambone di San Giovanni e Paolo del secolo VII, in un altro frammentario contem-
poraneo del Museo Nazionale, e in miserandi pezzi di scultura dello stesso Museo apparte-
nenti al vìi e all’vill secolo, — è sformata orridamente. Teste grosse al sommo e acuminate al
mento, come pere, con larghi padiglioni auricolari.
 
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