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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

DOI issue:
Fasc. 2
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Venturi, Lionello: A traverso le Marche, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0218

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LIONELLO VENTURI

184

tico di Genga : affinità di tipi, di pose, di trono, e soprattutto d’idea plastica massiccia con
cretata nelle figure. Nel medesimo polittico è poi una figura di San Giovanni che avanza, un
piede avanti l’altro, in iscorcio : nel Battista del trittico di Genga, Antonio ha voluto imitare
la posa, non è riuscito, e si è contentato di riprodurne la fissità dello sguardo, e la roton-
dità delle membra.

Antonio s’ispira dunque a un modello, che risale direttamente o no a Piero; ma non ha
sensibilità di sorta pel colore, e perciò assimila solo il carattere plastico del modello, avvici-
nandosi così all’arte di tradizione masaccesca anteriore a Piero.

Quando, per la piccolezza delle figure dipinte, non può curare il chiaroscuro e la perfetta
stesura dei piani, Antonio perde ogni valore. Le figure della predella del trittico o il San Gi-
rolamo, sempre in Genga, palesano i contorni troppo neri, sono come lo scheletro su cui non

Fig. 42 — Lorenzo II da San Severino : Cappella frescata
Sarnano, Santa Maria di Piazza.

sia stata ancora diffusa la vita dei piani. Migliore è lo stendardello di Genga, e nella Ma-
donna i piani girano bene, ma la cura dei particolari, l’interesse per i bei velluti controta-
gliati diminuiscono l’effetto. Nella « Morte della Madonna » della Pinacoteca di Fabriano per-
mane un certo rigore nel tagliare i piani, una notevole capacità di creare caratteri individuali ;
ma tutto l’amore per il rilievo è finito, le figure si ammassano sul fondo. E per Antonio da
Fabriano rilievo significa vita spirituale.

I polittici di Sassoferrato, di Cingoli e lo stendardo di Serra de’ Conti portano a estrema
conseguenza l’abbandono del rilievo. La forma stessa del polittico di Sassoferrato parla chiaro :
un qualche polittico veneto è giunto con lo sfavillìo dei suoi colori, del suo oro, a richiamare
i buoni Marchigiani all’antica tradizione delle loro chiese, a quelle macchine tutto fulgore che
si ponevano sugli altari al tempo di Gentile e prima. Colori e linee servivano per le chiese,
le intelligenti ricerche plastiche che Antonio aveva assimilato da Firenze, erano poco com-
prese. E Antonio si adattò alla nuova corrente, che era la vecchia. Anzi, davanti alle pitture
di Sassoferrato, Serra de’ Conti, Cingoli, sembra di trovarci davanti a un pittore differente
da quello di Genga e di Matelica. Ma la Madonna dello stendardo di Serra de' Conti è uguale
 
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