MEMORIE DEGLI ANTICHI INCISORI
147
ì6.
derlo trafmutato in Aquila (18), conforme in una celebre Statua 1' efpreffe un eccellente
Artefice Greco (*) . Quefta ftatua era nella Villa Medici di Roma , ora nel famofo Mufeo
Fiorentino, il quale è flato molto accrefciuto dalla Reale Altezza di Pietro Leopoldo Arciduca
d' Auftria , e Granduca di Tofcana, di molti preziolì monumenti, che fi confervavano in detta
Villa , per aggiungere maggiore fplendore al fuo incomparabile Mufeo. Quefta ftatua con mol-
te altre fu pubblicata dal Perier, ma non efl'endo fatta molto felicemente, perciò ho ftimato
bene di darla nuovamente alla luce.
11 fagace Artefice ha efpreflb maravigliofamente Ganimede, come forprefo, e con un aria
languente ; l'Aquila poi con un aria lafciva, e per fervirmi delle parole di Apulejo (19),
con le ali /piegate . Neffuno vi è , che non riguardi quefta ftatua con gran piacere per l'ele-
ganza , e bellezza dell' eccellente lavoro .
Notiflìma è la favola di Giove trasformato in Aquila per 1' amor di Ganimede, che il
Rè degli Dei s' innamorò ardentemente del Frigio Ganimede (io), e dipoi egli fu fatto coppiere di
Giove , e degli Dei (21) . La bellezza di Ganimede , per cui fu così rapito , è defcritta da
Omero nell' Inno di Venere (22):
Certamente , che il biondo Ganimede II vino agi' Udii egli mefcejfe ;
Sì »' involò il configliero Giove Miracolo a veder, dagV immortali
Per fua bellezza , acciò tra gì' immortali Tutti onorato , dalla tazza d' oro
Si fleffe -. e che di Giove nel palagio Attignendo egli il nettare vermiglio .
Contuttociò dal celebre Iftorico Senofonte fu riputata falfa tutta quefta favola, perciò fcrif-
fe (2 3) : Anzi fon d' opinione , che fimilmente Ganimede fojfe da Giove rapito in Cielo, non per
cagion del corpo , ma dell' animo , e del fuo fentimento ne adduce poi le ragioni.
L' Uluftre Scultore Leocare rapprefentò egregiamente in una ftatua il ratto di Ganimede,
come narra Plinio {24) : mentre Leocare fece /' Aquila, fentendo cofa rapiva in Ganimede, e a
chi lo portava , ajlenendofe V Aquila di offendere con le fue unghie la vefie di Ganimede •
(18) Graziofamente Luciano (voi. 1. p. 106. ) nel dia-
logo con Amore induce Giove così lamentandoli •" Vedi >
fcellerato , fé quefte cofe fono di poco moment», che tu »;' in-
fatti , come niente fa ; cofa non mi hai fatto , un Satiro ,
Toro , Oro , Cigno, Aquila : bai fatto certamente che nef-
funa mi armaffe , ne per caufa tua fono flato gradito dalla
moglie ; Ami mi e bifogtiato fervirmi delle impofìure verfo
di loro, td occultare me ftejfo . Ora amano un Toro , o un
Cigno , ma fé mi veggano, muoiono per la paura .
(») Tav. XIV.
(19) Apul. Metam. lib. 6. p. 490.
(20) Ovidio Metam. lib. io. v. 1;;.
(ai) Hygin. Aftron. lib. 1. pag. 67. e 72. Arat. Phaen.
p. 189. Fulgent. Mythol. lib. 1. p. 133.
(ii) Homer. Hymn. in Vener. v. 103. Vedi 1' Iliad.
lib. 20. v. 232.fi vegga ancora Cicerone nelle Tufculane
lib. 1. cap. 16. Ateneo lib. 13.pag. 56"6*., e (foi.Ovid. Ì.C.
Nonno Dionifiaco lib. ij. v. 280. e altri antichi Scrittori.
(23) Xenoph. in Conviv. voi. 2. p. 161.
(24) Plin. lib. 34. cap. 8.
LXXXVI.
GIULIA AUGUSTA FIGLIA DI TITO
OPERA DI N I C A N D R 0,
M
él('
tH*
Incifa in Amatifh,
PRESSO DE RING H CAVALIERE INGLESE.
QUefto egregio incifore certamente fiorì ne' tempi di Tito , quando ancora erano in
vigore le belle arti ; Imperocché quefta opera eccellente, non folo con grande ingegno,
e fomma induftria è lavorata , e del tutto conforme alla belliiìima Giulia Augufta,
ma principalmente è Angolare , perchè tanto profondamente , ed egregiamente è ftato incifo
quefto belliflimo ritratto . Per la qualcofa neflun ne dubiterà , anzi il peritiffimo di quefta
arte Nicandro per tanto infigne lavoro s' averà acquiftato una gran lode, e fama.
Della Giulia Figlia dell' Imperator Tito ne abbiamo detto baftantemente, quando abbiamo
parlato della Giulia fatta da Evodo.
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derlo trafmutato in Aquila (18), conforme in una celebre Statua 1' efpreffe un eccellente
Artefice Greco (*) . Quefta ftatua era nella Villa Medici di Roma , ora nel famofo Mufeo
Fiorentino, il quale è flato molto accrefciuto dalla Reale Altezza di Pietro Leopoldo Arciduca
d' Auftria , e Granduca di Tofcana, di molti preziolì monumenti, che fi confervavano in detta
Villa , per aggiungere maggiore fplendore al fuo incomparabile Mufeo. Quefta ftatua con mol-
te altre fu pubblicata dal Perier, ma non efl'endo fatta molto felicemente, perciò ho ftimato
bene di darla nuovamente alla luce.
11 fagace Artefice ha efpreflb maravigliofamente Ganimede, come forprefo, e con un aria
languente ; l'Aquila poi con un aria lafciva, e per fervirmi delle parole di Apulejo (19),
con le ali /piegate . Neffuno vi è , che non riguardi quefta ftatua con gran piacere per l'ele-
ganza , e bellezza dell' eccellente lavoro .
Notiflìma è la favola di Giove trasformato in Aquila per 1' amor di Ganimede, che il
Rè degli Dei s' innamorò ardentemente del Frigio Ganimede (io), e dipoi egli fu fatto coppiere di
Giove , e degli Dei (21) . La bellezza di Ganimede , per cui fu così rapito , è defcritta da
Omero nell' Inno di Venere (22):
Certamente , che il biondo Ganimede II vino agi' Udii egli mefcejfe ;
Sì »' involò il configliero Giove Miracolo a veder, dagV immortali
Per fua bellezza , acciò tra gì' immortali Tutti onorato , dalla tazza d' oro
Si fleffe -. e che di Giove nel palagio Attignendo egli il nettare vermiglio .
Contuttociò dal celebre Iftorico Senofonte fu riputata falfa tutta quefta favola, perciò fcrif-
fe (2 3) : Anzi fon d' opinione , che fimilmente Ganimede fojfe da Giove rapito in Cielo, non per
cagion del corpo , ma dell' animo , e del fuo fentimento ne adduce poi le ragioni.
L' Uluftre Scultore Leocare rapprefentò egregiamente in una ftatua il ratto di Ganimede,
come narra Plinio {24) : mentre Leocare fece /' Aquila, fentendo cofa rapiva in Ganimede, e a
chi lo portava , ajlenendofe V Aquila di offendere con le fue unghie la vefie di Ganimede •
(18) Graziofamente Luciano (voi. 1. p. 106. ) nel dia-
logo con Amore induce Giove così lamentandoli •" Vedi >
fcellerato , fé quefte cofe fono di poco moment», che tu »;' in-
fatti , come niente fa ; cofa non mi hai fatto , un Satiro ,
Toro , Oro , Cigno, Aquila : bai fatto certamente che nef-
funa mi armaffe , ne per caufa tua fono flato gradito dalla
moglie ; Ami mi e bifogtiato fervirmi delle impofìure verfo
di loro, td occultare me ftejfo . Ora amano un Toro , o un
Cigno , ma fé mi veggano, muoiono per la paura .
(») Tav. XIV.
(19) Apul. Metam. lib. 6. p. 490.
(20) Ovidio Metam. lib. io. v. 1;;.
(ai) Hygin. Aftron. lib. 1. pag. 67. e 72. Arat. Phaen.
p. 189. Fulgent. Mythol. lib. 1. p. 133.
(ii) Homer. Hymn. in Vener. v. 103. Vedi 1' Iliad.
lib. 20. v. 232.fi vegga ancora Cicerone nelle Tufculane
lib. 1. cap. 16. Ateneo lib. 13.pag. 56"6*., e (foi.Ovid. Ì.C.
Nonno Dionifiaco lib. ij. v. 280. e altri antichi Scrittori.
(23) Xenoph. in Conviv. voi. 2. p. 161.
(24) Plin. lib. 34. cap. 8.
LXXXVI.
GIULIA AUGUSTA FIGLIA DI TITO
OPERA DI N I C A N D R 0,
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Incifa in Amatifh,
PRESSO DE RING H CAVALIERE INGLESE.
QUefto egregio incifore certamente fiorì ne' tempi di Tito , quando ancora erano in
vigore le belle arti ; Imperocché quefta opera eccellente, non folo con grande ingegno,
e fomma induftria è lavorata , e del tutto conforme alla belliiìima Giulia Augufta,
ma principalmente è Angolare , perchè tanto profondamente , ed egregiamente è ftato incifo
quefto belliflimo ritratto . Per la qualcofa neflun ne dubiterà , anzi il peritiffimo di quefta
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Della Giulia Figlia dell' Imperator Tito ne abbiamo detto baftantemente, quando abbiamo
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