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Maffei, Scipione; Vallarsi, Jacopo [Oth.]; Berno, Pierantonio [Oth.]
Verona Illustrata (Parte Quarta Ed Ultima): Contiene Il Trattato In questa seconda edizione accresciuto anche di figure Degli Anfiteatri E Singolarmente Del Veronese — In Verona: Per Jacopo Vallarsi, e Pierantonio Berno, 1731

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https://doi.org/10.11588/diglit.62320#0027
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pur ne’ polleriori tempi, si ricava con Scu-
rezza da Ammian Marcellino, il quale nel-
lo lludiato encomio di quella Città ricorda
la Sua Torre, il suo terrapieno in mare, i
Suoi Tempj, tra quali quel di Serapide, e
non Anfiteatro. Anzi in Alessandria nè fu
tale edilizio, nè uso di quei Ipettacoli a cui
Serviva : il che indubitatamente si dimo-
Orat. 3z. stra da quella Orazione di Dion Crisosto-
mo, con cui cercò divertire gli Alessàndri-
ni dall’ eccessìvo amore de gli Spettacoli.
Gli accuSa inessa continuamente del vaneg-
giare in Teatro, e nello Stadio ; del deli-
rar per cavalli, per cocchieri, per cantori,
per citaredi, per ballerini, per lottatori;
ma d’Ansiteatro, di Fiere, di Gladiatori
non c’ è menzione alcuna. Sovvienmi d’una
Lapida riferita da Appiano nella Sua rac-
376. j. colta, e quinci dal Gruferò, che potrebbe
far credere scuola in Alessandria di Gladia-
tori , leggendovi!! Procurato? Ludi sumilia
Gladiatorum Ca/aris Alexandrea ad dEgy-
pturni ma delle Iscrizioni, fonte, che si-
namente usato è il più prezioso, e più pu-
ro, molto cautamente si vuol far’uso, sin-
ché un generale esame non ne ila instituito
per separar le false dalle legitime: vedremo
un giorno a Dio piacendo chiaramente co-
me la sudetta Lapida o adulterina è, o in
tal parte adulterata . Gladiatori condusse
bensì in quelle parti Marc’ Antonio, ma
per soldati, come due mila ne armò poi
Ottone contra Vitellio,
Confermerò tutto quello con aggiunger
qui, come il sudetto Oratore per far co-
noscere a gli Alessandrini, quanto si facean
ridicoli con esser dietro agli Spettacoli così
perduti, recita 3 6! versi , fatti da non so
qual Poeta in lor derilione . Notabili son
quelli molto, per essere un pezzo di Sati-
ra Greca, unico di tal genere tra’ Greci
monumenti, e non ancora avvertito. Ne
porrò la verdone inerente quanto è possibi-
le, e sòlamente aiutata alcun poco per
coprir qualche imperfezione , che nalce
nell’ originale dall’ impegno d’andar per lo
più parlando con versi, o con parole Ome-
riche .
7 cocchieri ora a terra r inchinavano ,
Or /ublimi Verge ani gli /gettatori
Non siavan sermi, u/cian de i lor /edili,
E gialli per timore, e della palma
Anfio/i, animavanfi tra loro,
Ed alzando le mani a tutti i Dei
Facean preghiere, con clamore uguale
A quel delle cornacchie, e delle grue.
Ma color, poiché birra e vin po/fente
Bebbero, per le vie del Circo volano
Schiamazzando ; e qual viene di cornici
Nuvola, 0 pur di sorni alto gridando ;

PRIMO. 42
Così anch'efli, allorché vedeanfi ados/o
Corridore venir, che a gli uomìn pazzi
Morte reca, cadean, mettendo /irida,
Un /opra l'altro. Ma come per baie
Porta il vento del gran la prima fpoglia,
O/ìride il suoco in alte valli, anch'eglino
Qua/ fiamme infuriavano, e direfli
Non e/fer salvi pur la Luna, e 7 Sole.
Quali le foglie fon, tali /on gli uomini
Gli uomin dico leggeri, innamorati
E de'canti, e de' cocchi : andava al Cielo
Il gran vociserar degli uni, e gli altri',
E fu chi riguardando il fuo vicino,
Ubriaco, dif/e, occhi dì cane, e core
Di cervo, che paventi? e perchè miri
Nell' agon diet ro il carro ? or via, ti pruova ,
Che ti vedrem difie/o in terra. Allora
Così rispo/e Ippocoonte. Amico
Siedi ingrazia, e si a cheto ; il mio consiglio
Accetta, poiché tu minifiro imbelle,
Ed hai pigri cavalli. Inver l'ifte/fo
Parlò un defirier balzan di /otto il giogo.
Non vedi tu, com'io [on grande e bello ?
Pur la morte m'è /opra, e la po/sente
Parca-, deh vi sace(/e unghiati tutti
Voi che qui fiele la gran Dea Giunone;
Talché fedendo, un d'una parte un d'alt ra,
Non mi garrifte più. Così parlava,
Ma quelli a Giove di Saturno siglio
Sì rivolgeanpregando.
Orazio, e Quintiliano, e dopo elsi Diome-
de , dissero la Satira Luciliana cosa affatto
Latina, e non fatta da Greci, Parrebbe
da quelli versi poterli rivocare in dubio
la verità dell’ allèrzion loro , e tanto più
che moslra non folle componimento inusi-
tato, mentre dice 1’ Oratore adducendogli,
così avere scritto un di quefiì /parchi Poeti :
con che fa conoscere, che tal genere di .
Poesia era. in corso, e con chiamargli Spor-
chi, dinota un carattere de i Satirici. Ag-
giungali, che i Siili di Timone, come ben’
avvertì Casaubono nel trattato della Poe-
sia Satirica, altra cosa certamente non par
che follerò. Quello nodo io crederei poter-
si seiorre bsservando, come i sudetti versi
sono un incatenamen.to di parodie d’ Ome-
ro, e come quei di Timone , cui sparsa-
' mente adduce Laerzio, mostrano, ch’egli
altresì tenne l’istesfo silile. L’ osferii però i
Greci in tal maniera di Poesia legati per
lo più, quali a modo di centone , a versi
d’Omero, e ad. un rimpallo di elsi, cagio-
nò, che poco si considerasièro, nè venissè-
ro computati co’ Satirici Latini.
Ritornando, a nollro proposito appare
anche in quella Satira , come i Giuochi d’
Alessandria consilteano in canti, e in cocchi,
nè vi erano Spettacoli Anfiteatrali. Filone,
eh’ era Aiessàndrino , raccontando come
nel
 
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