DE GLI ANFITEATRI
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un Teatro grande , circolare d’ ogni parte',
circolare vuol qui intenderli popolarmente,
e non matematicamente. Il presente di-
legno moflra qual foibe anche quel Teatro,
e insegna come se ben curvo , e chiuso d’
ogni parte, non fu però Anfiteatro, onde
fu pur chiamato Teatro anche da Spar-
ziano. Il notar Pausania tal particolarità,
moflra che tal conformazione non era co-
mune a tutti i Teatri, il dir lui, che fu
Teatro grande, indica che più sontuosi de
gli altri fòdero li così fatti; e l’avere il
Belli trovato in Candia più Teatri di flrut-
tura non dissimile, insegna, come quella
fu maniera Greca •* però forsè fu fatto dis-
far da Adriano, cui non piacque si deviasi-
se in ciò dall’ uso Romano ; e però così fu
lavorato quel di Pola da paese Greco non
molto lontana : il modo , ch’anche nell’
altre sue antichità si vede per verità indi-
ca Architetti Greci.
Farà presso molti grand’oflacolo a quan-
to ho detto , il veder nel Serbo , dove
quest’edifizio riserisce , disegnata l’intera
pianta d’un Anfiteatro : ma la misera an-
tichità ebbe sempre quella sventura di non
esser creduto inganno , e impoflura il pre-
sentare a’Lettori, come cose reali e vere ,
le immaginate , o sognate . All’ incontro
3. nell’ Antichità Spiegata dicesi , che a Pola
M33* non eran più di sei gradini, ma più lar-
ghi de gli altri ; il qual bizarro pendere ,
o voglia intenderli di Teatro , o d’Ansitea-
tro , non saprei da che potesse aver preso
motivo. Il Serlio per altro fu asfai fedele,
ma traviò nelle cose di Pola , perch’ egli
non vi fu in persona , ma dovette man-
darvi alcun suo giovane, che poco bene il
servi. Ch’egli non vi lossie, io l’argomen-
to in primo luogo da i suoi disegni , e
dal dir lui, che l’Arena è nel me%o della
Città, quando n’è buon tratto lontana ,
e che i suoi corniciamenti sian meglio intesi,
e di miglior maniera che quei di Roma. Per-
suaso però dal circondario intero, che co-
testo fosse Anfiteatro, figurò dentro di es-
so una imitazione di quel di Verona, ben-
ché di tutto ciò orma non vi sia. Non così
avrà certamente fatto il noflro Falconetto,
di cui parlammo nel tomo precedente,
perch’egli prima d’ogn’altro a fin di ve-
dere, e disegnar quelle antichità, si tras-
serì a Pola, come il Vasari racconta nella
sua vita. Non mancherà ancora chi diffi-
\ cilmente s’induca a credere che siaTeatro,
per avere udito, ch’altro Teatro era a Po-
la . Ma in primo luogo ricavali dal teflo a
penna d’Onorio Belli, come non poche
fur le Città, ch’ebbero più Teatri ; e in
secondo, non lievi congetture ho raccolte,
che l’altro di Pola, benché per tale descrit-
to, e disegnato al Serlio da chi lo vide, e
così detto negli oscuri secoli, quando tai
noini si davano a calò, non folle altramen-
te Teatro, ma un sontuosissìmo Palazzo.
Comedi Palazzo n’è certamente rimala
nel paese memoria, e tale parve più toflo
al de Ville, nè sembrano indicar Teatro i
suoi vestigj da me ricercati ; era bensì siot-
to un colle, ma il piè di queflo nerimanea
tagliato, e spianato in due luoghi, non già
compreso , come per Teatri si facea. Le
quattro grandisfime colonne di marmoGre-
co, che si veggono a Venezia, laterali all’’
Aitar grande nella Chiesa della Salute, e
che da quell’edilìzio fur trasportate , non
saprei ancora in qual parte d’un Teatro
avellerò potuto avere opportuno luogo. Mi
sarà parimente chiesto , pollo che tal lòssie
l’uso di quelle due torrette dalla parte del-
la Scena, a qual fine sarebbero Hate fatte
l’altredue dirimpetto alle descritte. Ma
è noto da una parte, come per la grazia
della corrispondenza più cose si fanno tal-
volta nelle fabriche , che puramente ser-
vono all'apparenza; ed è certo dall’altra,
che di quei flanzini, quali venivano ad u-
nirsi con le logge superiori, varj usi potea-
no esser fatti a comodo de gli spettatori.
E1 anche notabile, come quelle dì là non
hanno però il suo intero , mancando per
la ragion sopraccennata del pian di mezo.
Per dare ormai qualche precisa notizia
di così nobil recinto, diremo come la sua
maggior lunghezza da una porta all’altra
è di piedi Veneziani 370, e la larghezza
di 300. Il circuito monta a piedi ino. Il
piè di Venezia cresce poco più di mezo
quarto d’oncia del Veronese . L’altezza
dalla parte del mare è di piedi86, compu-
tati li sei del zoccolo, eh’è da piede, e al-
tri cinque in circa per la panchetta, ch’è
sopra la gronda superiore. Le arcate intor-
no sono 72, appunto come quelle di Vero-
na ; ma non per queflo è ugual la gran-
dezza , essèndo minore a Pola la larghezza
de’pilaflri, e delle aperture . La disposi-
zion loro è tale. La porta grande nella
punta dell’ ovato ha nove archi per parte;
indi due di qua e di là raddoppiati nel di
fuori, e reggenti quelle torri, o case. Se-
guono tredici archi nelle due mezarie per
largo, indi altri due con le torrette, altri
nove per parte, e la porta corri (pendente.
Il lavoro è ruflico, e a bugne , o bozze ,
ch’altri chiama sbozzi, senza pulitura, o
cura di uguaglianza, e corrispondenza nel-
la misura de i pezzi, appunto cornea Ve-
rona ; benché la chiarezza della pietra (di
cui mi fu detto vederli tre miglia lontano
la
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un Teatro grande , circolare d’ ogni parte',
circolare vuol qui intenderli popolarmente,
e non matematicamente. Il presente di-
legno moflra qual foibe anche quel Teatro,
e insegna come se ben curvo , e chiuso d’
ogni parte, non fu però Anfiteatro, onde
fu pur chiamato Teatro anche da Spar-
ziano. Il notar Pausania tal particolarità,
moflra che tal conformazione non era co-
mune a tutti i Teatri, il dir lui, che fu
Teatro grande, indica che più sontuosi de
gli altri fòdero li così fatti; e l’avere il
Belli trovato in Candia più Teatri di flrut-
tura non dissimile, insegna, come quella
fu maniera Greca •* però forsè fu fatto dis-
far da Adriano, cui non piacque si deviasi-
se in ciò dall’ uso Romano ; e però così fu
lavorato quel di Pola da paese Greco non
molto lontana : il modo , ch’anche nell’
altre sue antichità si vede per verità indi-
ca Architetti Greci.
Farà presso molti grand’oflacolo a quan-
to ho detto , il veder nel Serbo , dove
quest’edifizio riserisce , disegnata l’intera
pianta d’un Anfiteatro : ma la misera an-
tichità ebbe sempre quella sventura di non
esser creduto inganno , e impoflura il pre-
sentare a’Lettori, come cose reali e vere ,
le immaginate , o sognate . All’ incontro
3. nell’ Antichità Spiegata dicesi , che a Pola
M33* non eran più di sei gradini, ma più lar-
ghi de gli altri ; il qual bizarro pendere ,
o voglia intenderli di Teatro , o d’Ansitea-
tro , non saprei da che potesse aver preso
motivo. Il Serlio per altro fu asfai fedele,
ma traviò nelle cose di Pola , perch’ egli
non vi fu in persona , ma dovette man-
darvi alcun suo giovane, che poco bene il
servi. Ch’egli non vi lossie, io l’argomen-
to in primo luogo da i suoi disegni , e
dal dir lui, che l’Arena è nel me%o della
Città, quando n’è buon tratto lontana ,
e che i suoi corniciamenti sian meglio intesi,
e di miglior maniera che quei di Roma. Per-
suaso però dal circondario intero, che co-
testo fosse Anfiteatro, figurò dentro di es-
so una imitazione di quel di Verona, ben-
ché di tutto ciò orma non vi sia. Non così
avrà certamente fatto il noflro Falconetto,
di cui parlammo nel tomo precedente,
perch’egli prima d’ogn’altro a fin di ve-
dere, e disegnar quelle antichità, si tras-
serì a Pola, come il Vasari racconta nella
sua vita. Non mancherà ancora chi diffi-
\ cilmente s’induca a credere che siaTeatro,
per avere udito, ch’altro Teatro era a Po-
la . Ma in primo luogo ricavali dal teflo a
penna d’Onorio Belli, come non poche
fur le Città, ch’ebbero più Teatri ; e in
secondo, non lievi congetture ho raccolte,
che l’altro di Pola, benché per tale descrit-
to, e disegnato al Serlio da chi lo vide, e
così detto negli oscuri secoli, quando tai
noini si davano a calò, non folle altramen-
te Teatro, ma un sontuosissìmo Palazzo.
Comedi Palazzo n’è certamente rimala
nel paese memoria, e tale parve più toflo
al de Ville, nè sembrano indicar Teatro i
suoi vestigj da me ricercati ; era bensì siot-
to un colle, ma il piè di queflo nerimanea
tagliato, e spianato in due luoghi, non già
compreso , come per Teatri si facea. Le
quattro grandisfime colonne di marmoGre-
co, che si veggono a Venezia, laterali all’’
Aitar grande nella Chiesa della Salute, e
che da quell’edilìzio fur trasportate , non
saprei ancora in qual parte d’un Teatro
avellerò potuto avere opportuno luogo. Mi
sarà parimente chiesto , pollo che tal lòssie
l’uso di quelle due torrette dalla parte del-
la Scena, a qual fine sarebbero Hate fatte
l’altredue dirimpetto alle descritte. Ma
è noto da una parte, come per la grazia
della corrispondenza più cose si fanno tal-
volta nelle fabriche , che puramente ser-
vono all'apparenza; ed è certo dall’altra,
che di quei flanzini, quali venivano ad u-
nirsi con le logge superiori, varj usi potea-
no esser fatti a comodo de gli spettatori.
E1 anche notabile, come quelle dì là non
hanno però il suo intero , mancando per
la ragion sopraccennata del pian di mezo.
Per dare ormai qualche precisa notizia
di così nobil recinto, diremo come la sua
maggior lunghezza da una porta all’altra
è di piedi Veneziani 370, e la larghezza
di 300. Il circuito monta a piedi ino. Il
piè di Venezia cresce poco più di mezo
quarto d’oncia del Veronese . L’altezza
dalla parte del mare è di piedi86, compu-
tati li sei del zoccolo, eh’è da piede, e al-
tri cinque in circa per la panchetta, ch’è
sopra la gronda superiore. Le arcate intor-
no sono 72, appunto come quelle di Vero-
na ; ma non per queflo è ugual la gran-
dezza , essèndo minore a Pola la larghezza
de’pilaflri, e delle aperture . La disposi-
zion loro è tale. La porta grande nella
punta dell’ ovato ha nove archi per parte;
indi due di qua e di là raddoppiati nel di
fuori, e reggenti quelle torri, o case. Se-
guono tredici archi nelle due mezarie per
largo, indi altri due con le torrette, altri
nove per parte, e la porta corri (pendente.
Il lavoro è ruflico, e a bugne , o bozze ,
ch’altri chiama sbozzi, senza pulitura, o
cura di uguaglianza, e corrispondenza nel-
la misura de i pezzi, appunto cornea Ve-
rona ; benché la chiarezza della pietra (di
cui mi fu detto vederli tre miglia lontano
la