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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 1.1898

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Fasc. 6-9
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Bibliografia artistica
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https://doi.org/10.11588/diglit.24143#0400

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BIBLIOGRAFIA ARTISTICA

ai celebri dipinti. Invece l'esclusione si è fatta, e per
moltissimi degli artisti nominati dall'A. ; e niuno pensa
più, ad esempio, nè a Piero della Francesca, nè ad
Ercole Grandi. Un documento pubblicato dal Venturi
nel Der Kunstfreund, soggiunge l'A., fu uno sprazzo
di luce dentro a tutto quel buio; ma subito si chiede
in che consistessero i tre campi di cui scriveva Fran-
cesco del Cossa. Se l'A. avesse ricordato un altro
scritto pubblicato negli atti e memorie della Deputa-
zione di storia patria delle Romagne, avrebbe trovato
l'esame obbiettivo degli affreschi e l'interpretazione
del documento. La confusione, che l'A. nota, solo
proviene dal fatto ch'egli s'arresta innanzi a opinioni
cadute in disuso e non conosce le opinioni moder-
namente determinate, per mezzo di riscontri delle
opere tra loro. Quando regnava la confusione, non si
era ancora discoperta al pubblico la Madonna del
Barracano in Bologna, non si erano ancora trovate le
parti che servirono a ricostruire il trittico di Francesco
del Cossa, diviso tra Londra, Milano e Roma ; e
l'esame obbiettivo riuscì quindi a procedere su fon-
damenti nuovi e sicuri, che mancarono a Crowe e
Cavalcasene, al Gruyer e ad altri. Era giustizia di
riconoscere il progresso ottenuto a furia di ricerche,
e non credere che le ombre più fitte avvolgano ogni
cosa. Per le pitture dello scompartimento quarto, do-
minato dal segno di Giugno, l'A. s'inquieta che la
critica non metta fuori un nome, e che dichiari sol-
tanto con 1' Harck trattarsi del maestro ferrarese « dagli
occhi spalancati». Ma intanto la critica ha determi-
nato bene la personalità di quest'artista, che non è
nè Galasso, nè lo Schiavone, nè ha nulla a che fare,
come suppone l'A., con la scuola del cremonese Boc-
caccino (la quale doveva ancora formarsi quando si
dipingevano gli affreschi) ; la critica ha ritrovato altre
opere di quel maestro nelle collezioni Santini e Ca-
valieri, in Sant'Antonio in Polesine, ecc. E già un
bel passo ! Ma l'A. vuole che si pronunzino dei nomi ;
se no, grida alla Babele. Eppure la critica storica,
lasciata la cura d'attaccar cartellini coi nomi d'autore
ad ogni cosa, si è messa onestamente a dire solo ciò
che sa, a raggruppare opere d'arte secondo le affinità
di tipi, di forme, di stile. Oggi, così facendo, si sa
molto più del « maestro della Morte di Maria » di
quanto si sapeva un tempo. E quando si troverà un
nome per un'opera tra il gruppo di quelle assegnate
con rigore al maestro, si sarà trovato per tutte. Così
avverrà per il maestro «dagli occhi spalancati». In-
vece di far bancarotta, come suppone il Panzacchi, la
critica tesoreggia !

L'A., visto che a tener dietro alla ricerca di pa-
ternità perdeva la bussola, si abbandona « alla pura
contemplazione dell'opera», e trova « nella parte infe-
riore degli affreschi l'influsso toscano, e, più che altro,
di Firenze». E, dice lui, questa conclusione è da te-
nersi in gran conto. Creda l'illustre letterato che questa
L'Arte. I, 44.

341

è una conclusione sbagliata di sana pianta, come sono
sbagliate le osservazioni sull'agile eleganza negli or-
nati del quadro del Cossa nella Pinacoteca di Bologna,
e le affermazioni che in tutta l'arte ferrarese del tempo
non si troyi l'origine e la ragion d'essere delle pit-
ture dell'ordine inferiore del salone di Schifanoia, e
infine che la glorificazione del duca Borso fosse com-
messa a Lorenzo Costa (che era certo un bambino
quando si dipingevan gli affreschi), e che Lorenzo
Costa fosse educato in Toscana e dipingesse a Schi-
fanoia, fresco del magistero fiorentino (ma a Bologna
ci sono pure le opere primitive del Costa, che lo
dimostrano ferraresissimo !). E l'A. cita il Gruyer, a
proposito di Lorenzo Costa e ad aiuto dell'opinione fan-
tastica, benché il Gruyer, stretto dalla forza degli argo-
menti storici, abbia riveduta e corretta ne' suoi recenti
volumi la supposizione fatta molti anni fa nella Revue
des Deux Mondes, quando correva sulle tracce del La-
derchi e d'altri antiquati scrittori. Vedasi, ad es., che
cosa significhi affermar cose senza averci messo gli
occhi sopra : il Panzacchi nel paese arieggiato e con
ampie vallate del Costa in Santa Cecilia a Bologna
scorge riscontri col paese degli affreschi ferraresi di
Schifanoia, i quali sono con erte rocce traforate e
stranissime. E accorgendosi forse che il richiamo non
era evidente, s'appresta alla difesa, osservando che ciò
non deve far meraviglia, e subito congegna un sistema
di. trasformazioni artistiche del Costa, tutto senza prove
e senza esame di fatti, e infine fa del Costa un arti-
stico camaleonte. L'A., che è un eccellente dialet-
tico, s'accorge che per quel mutare e rimutare di
forme non restava più posto alle eleganze fiorentine,
e subito soggiunge che Lorenzo Costa non si smentì
mai, attraverso i molteplici influssi di artisti diversi.
Oh, se invece di tante teoriche influenze, l'A. avesse
studiata con diligenza l'evoluzione dell'ingegno e del-
l'arte del Costa, avrebbe veduto che questi non si smentì
mai, e cioè che fu uno schietto ferrarese prima e poi
e sempre ! E che nulla di lui e nulla di fiorentino è a
Schifanoia, come, del resto, è stato dimostrato e rico-
nosciuto da tutti. Non era il caso di tornarci sopra, e
specialmente senza sapere come e perchè le opinioni
si sieno accordate. Alcune opinioni caddero per non
rialzarsi mai più, e proprio a quelle tende le mani e
apre le braccia l'autore nel ricercare la paternità del-
l'opera. V.

10.
Scultura.

Konrad Lance : Der Scìilafcndc Amor des
Michelangelo. Leipzig, E. A. Seemann, 1898.

L'A. si prova a difendere con materiale più ampio,
contro il Venturi che l'aveva combattuta, la sua antica
ipotesi, e cioè che la statua del Cupido dormiente del
Museo di Torino sia l'opera da Michelangelo eseguita
 
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