SCOPERTE ARTISTICHE IN ORISTANO
17
Mariano, l’amicizia dei quali era ricercata dai
più potenti, dalla Republica di Pisa ai Reali
d’Aragona e di Francia, non avessero dovuto
mancane nella sede del loro governo quelle
manifestazioni artistiche che allietarono sempre
le vicende dei principi illustri e magnanimi.
Non che io, fondandomi sulle storie narrate
dalle pergamene d’Arborea, le quali una volta
per sempre è d’uopo rilegare fra i sogni e le
fantasticherie, per non dir di peggio, concepisca
le dimore dei giudici come ritrovi di squisita
ed intellettuale eleganza, dove per poco i nostri
migliori, dal Martini allo Spano, non facevano
aleggiare, come nelle corti del rinascimento,
l’umanesimo di Marsilio Ficino ed il gusto di
Lorenzo dei Medici; no; ma non ritengo d’altra
parte che in quest’isola con l’evento della Si-
gnoria d’Aragona abbia cessato senz’altro ogni
estrinsecazione d’arte toscana, quasi che il nuovo
regime politico avesse potuto rompere di un
tratto i rapporti commerciali ed intellettuali,
che, per ben due secoli, si svolsero fra la nostra
isola e la prospera repubblica del Tirreno.
Iniziai questo lavoro d’investigazione visi-
tando da prima minutamente la Chiesa di San
Francesco e l’annesso convento, presentemente
occupato in parte dai padri francescani e nella
rimanente porzione dalle truppe del distretto.
Questa chiesa, secondo i più reputati scrit-
tori ecclesiastici, era in origine annessa ad un
convento di benedettini, ai quali sin dal xxv se-
colo subentrarono i francescani, che tutt’ora,
benché indirettamente come officianti di una
congregazione religiosa o confraternita, ne hanno
la custodia.
Il convento architettonicamente non pre-
senta alcunché di notevole, avendo subito di
recente radicali trasformazioni che ne altera-
rono il primitivo aspetto. La chiesa è nuova e
venne costruita nello Scorso secolo coi disegni dell’ architetto Cima sull’ area dell’ antico
tempio, di cui rimangono pochi ruderi in un muro adiacente all’ingresso della caserma.
Benché si limitino a due arcate del primo ordine, questi avanzi sono sufficienti a darci una
idea dei pregi e della struttura architettonica della distrutta facciata. Il vano d’ingresso è
rettangolare, chiuso in alto dall’architrave, che poggia a fior di muro sui pilastri stipiti, ma
la struttura organica della porta è l’arco a sesto acuto a cordonate concentriche, poggianti
su fasci di colonnine dai capitelli vagamente scolpiti con arte gotica toscana.
Le arcate laterali, di cui una rimase intatta, sono meno ricche di sagome e poggiano
sui pilastri angolari, aventi agli estremi due colonnine raccordantisi, con l’intermezzo dei
capitelli, coi cordoni delle arcate.
Questi pochi avanzi architettonici hanno tale correttezza di linea e tale eleganza di
ornamentazione nelle fasce e nei capitellini da poter far ritenere che tutta la facciata dovea
L’Arte. VI, 3.
17
Mariano, l’amicizia dei quali era ricercata dai
più potenti, dalla Republica di Pisa ai Reali
d’Aragona e di Francia, non avessero dovuto
mancane nella sede del loro governo quelle
manifestazioni artistiche che allietarono sempre
le vicende dei principi illustri e magnanimi.
Non che io, fondandomi sulle storie narrate
dalle pergamene d’Arborea, le quali una volta
per sempre è d’uopo rilegare fra i sogni e le
fantasticherie, per non dir di peggio, concepisca
le dimore dei giudici come ritrovi di squisita
ed intellettuale eleganza, dove per poco i nostri
migliori, dal Martini allo Spano, non facevano
aleggiare, come nelle corti del rinascimento,
l’umanesimo di Marsilio Ficino ed il gusto di
Lorenzo dei Medici; no; ma non ritengo d’altra
parte che in quest’isola con l’evento della Si-
gnoria d’Aragona abbia cessato senz’altro ogni
estrinsecazione d’arte toscana, quasi che il nuovo
regime politico avesse potuto rompere di un
tratto i rapporti commerciali ed intellettuali,
che, per ben due secoli, si svolsero fra la nostra
isola e la prospera repubblica del Tirreno.
Iniziai questo lavoro d’investigazione visi-
tando da prima minutamente la Chiesa di San
Francesco e l’annesso convento, presentemente
occupato in parte dai padri francescani e nella
rimanente porzione dalle truppe del distretto.
Questa chiesa, secondo i più reputati scrit-
tori ecclesiastici, era in origine annessa ad un
convento di benedettini, ai quali sin dal xxv se-
colo subentrarono i francescani, che tutt’ora,
benché indirettamente come officianti di una
congregazione religiosa o confraternita, ne hanno
la custodia.
Il convento architettonicamente non pre-
senta alcunché di notevole, avendo subito di
recente radicali trasformazioni che ne altera-
rono il primitivo aspetto. La chiesa è nuova e
venne costruita nello Scorso secolo coi disegni dell’ architetto Cima sull’ area dell’ antico
tempio, di cui rimangono pochi ruderi in un muro adiacente all’ingresso della caserma.
Benché si limitino a due arcate del primo ordine, questi avanzi sono sufficienti a darci una
idea dei pregi e della struttura architettonica della distrutta facciata. Il vano d’ingresso è
rettangolare, chiuso in alto dall’architrave, che poggia a fior di muro sui pilastri stipiti, ma
la struttura organica della porta è l’arco a sesto acuto a cordonate concentriche, poggianti
su fasci di colonnine dai capitelli vagamente scolpiti con arte gotica toscana.
Le arcate laterali, di cui una rimase intatta, sono meno ricche di sagome e poggiano
sui pilastri angolari, aventi agli estremi due colonnine raccordantisi, con l’intermezzo dei
capitelli, coi cordoni delle arcate.
Questi pochi avanzi architettonici hanno tale correttezza di linea e tale eleganza di
ornamentazione nelle fasce e nei capitellini da poter far ritenere che tutta la facciata dovea
L’Arte. VI, 3.