Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 6.1903

DOI Heft:
Fasc. 4
DOI Artikel:
Néoustroieff, A.: I quadri Italiani nella collezione del duca G. N. von Leuchtenberg di Pietroburgo
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.24148#0357

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
1 QUADRI ITALIANI

NELLA

COLLEZIONE DEL DUCA G. N. VON LEUCHTENBERG

DI PIETROBURGO

A collezione Leuchtenberg, della quale parliamo, è stata messa
insieme dagli antenati degli attuali duchi, per una parte durante
la loro dimora in Italia, per l’altra parte a Monaco, dove essi
in seguito avevano fissata la loro residenza.

La parte più importante della collezione fu portata a Pietro-
burgo dal duca Massimiliano von Leuchtenberg, allorché sposò
la figlia di Niccolò I, Imperatore di Russia. Alla morte del
figliuolo che era nato da quelle auguste nozze la ricca collezione
fu ereditata dai nipoti, i duchi Giorgio e Niccolò. Nella divisione
la parte più importante dei quadri di scuola italiana, dei quali
più specialmente ci vogliamo occupare, toccò al duca Giorgio von Leuchtenberg.

Il più antico fra i pochi quadri di scuola fiorentina è certamente il ritratto di un uomo
veduto di tre quarti e volto verso sinistra (fig. i). Vestito di nero, egli porta un berretto
nero sulla zazzera folta, ancor più nera. La faccia pallida grigio-verdastra campeggia armo-
nicamente sul morbido fondo verde oliva. Il quadro fu posto da Crowe e Cavalcasene
nella edizione tedesca (1869) fra le opere da attribuirsi a Masaccio e messo a confronto col
ritratto d’uomo della Galleria Corsini e con l’altro ritratto d’uomo con l’anello in mano agli
Uffizi; ma nella nuova edizione italiana il quadro vien tolto a Masaccio, e si lascia inso-
luta la questione se esso debba essere attribuito a Filippino Lippi, ai fratelli Pollajuolo o ad
Andrea del Castagno. F. Harck concorda per la determinazione dell’autore col Waagen,
e mette avanti il nome di Filippino Lippi ; solo egli dubita se si tratti di un’opera primitiva
di Filippino Lippi ovvero di un’opera del Botticelli. È egli mai possibile concepire un ritratto
con maggior semplicità, eppure tanto severo e significativo ? Quanto bene ha saputo l’ar-
tista, pure nei tratti men belli di questa giovane faccia, farci sognare una così forte energia !
Uno spirituale incanto parla da questa faccia stanca della vita, da quegli occhi che guar-
dano chi la contempla. E quante cose non hanno da dirci quelle labbra strette energica-
mente insieme e il gioco dei muscoli di quelle guancie scarne ! Tutto quello che non è
bello in quella faccia, con le ossa che sporgono in fuori e il grosso naso troppo grande,
si trasforma interamente per la fiamma che arde dentro, e ci sembra bello, avvolto nel
nimbo di una melanconica tristezza. Non è la molle morbidezza delle figure peruginesclie,
è la maschia tristezza di una nobile e grande anima. Non a vuoto si è fatto davanti a

L'Arte. VI, 41.
 
Annotationen