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DIONIGI SCANO
eccesso di eleganza, cadente talvolta
nel manierato e nell’affettazione, che
lo rese poco efficace nelle rappresen-
tazioni maschili. Il simulacro di Ori-
stano, invece, non solo non palesa questi
difetti, ma distinguesi, come già dissi,
per l’energia e per la nobiltà della mo-
dellazione. Lo si confronti coi santi col-
locati a lato della Madonna della Spina
in Pisa, dalle forme ancora stecchite e
dai movimenti duri, quasi angolosi, e
non si potrà non dedurne che il simu-
lacro rinvenuto nella chiesa di San Fran-
cesco è più pregevole ed interessante,
presentandoci in inaspettata e nuova luce
l’opera scultorica del figlio di Andrea.
L’esecuzione vi è finita, e Nino, an-
che in questa scultura, è ammirevole
per la squisitezza con cui sono trattate
le carni e per la lucidità che riesci a
dare al marmo.
Non sarà certo essa a diminuire la
fama di Nino nel « cavare la durezza
dei sassi»,1 nè il suo merito per la
« squisitezza con la quale si trattò da
questo scultore la carne facendo che il
marmo sembrasse morbido e molle ».2
Nella statua di San Francesco sono
evidentissime tracce d’oro e di colori,
specialmente in un elegante fregio flo-
San Pietro e San Paolo reale contornante la tunica, nella barba
Particolare delle sculture d’ Oristano e negli ornati della mitra. Il risvolto
della tunica è colorato in azzurro, e
di questo colore abbiamo segni evidentissimi nel fondo delle lettere gotiche, incise nel plinto.
Dovremo ritenere che la statua di Nino fosse dipinta nel senso che suol darsi alla sta-
tuaria policroma, cioè colorita, come era in uso di dipingere in Egitto, dove un bassori-
lievo, una statua senza colori era giudicata incompleta, o si hanno invece semplici lumeg-
giature d’oro e contorni dipinti, come noi riscontriamo in alcune opere di Donatello, non
estendentisi oltre le parti ornamentali?
Un’asserzione in un senso o nell’altro — stante la difficoltà di un accurato esame —
sarebbe oggi prematura, benché questi rilievi abbiano non lieve importanza, specialmente
ora che da molti eruditi venne con molta dottrina risollevata la questione della policromia
statuaria del medio evo.
Abbiamo parlato dei pregi che contraddistinguono questa nuova opera di Nino ; dob-
biamo ora, per mantenerci in una imparziale e spassionata disamina, accennare ai difetti
di cui essa non è del tutto scevra: l’attacco della testa al busto è rigido e duro, e le mani
sono sì rozzamente scolpite da lasciar dubitare che sieno state eseguite da Nino, benché si
sappia che tutti gli scultori del periodo gotico, non escluso l’Orcagna, cascassero nello scol-
pire e nel finire l’estremità del corpo.
Vasari, Le vite dei più celebri artisti.
2 Cicognara, Storia della scultura, voi. Ili, pag. 420.
DIONIGI SCANO
eccesso di eleganza, cadente talvolta
nel manierato e nell’affettazione, che
lo rese poco efficace nelle rappresen-
tazioni maschili. Il simulacro di Ori-
stano, invece, non solo non palesa questi
difetti, ma distinguesi, come già dissi,
per l’energia e per la nobiltà della mo-
dellazione. Lo si confronti coi santi col-
locati a lato della Madonna della Spina
in Pisa, dalle forme ancora stecchite e
dai movimenti duri, quasi angolosi, e
non si potrà non dedurne che il simu-
lacro rinvenuto nella chiesa di San Fran-
cesco è più pregevole ed interessante,
presentandoci in inaspettata e nuova luce
l’opera scultorica del figlio di Andrea.
L’esecuzione vi è finita, e Nino, an-
che in questa scultura, è ammirevole
per la squisitezza con cui sono trattate
le carni e per la lucidità che riesci a
dare al marmo.
Non sarà certo essa a diminuire la
fama di Nino nel « cavare la durezza
dei sassi»,1 nè il suo merito per la
« squisitezza con la quale si trattò da
questo scultore la carne facendo che il
marmo sembrasse morbido e molle ».2
Nella statua di San Francesco sono
evidentissime tracce d’oro e di colori,
specialmente in un elegante fregio flo-
San Pietro e San Paolo reale contornante la tunica, nella barba
Particolare delle sculture d’ Oristano e negli ornati della mitra. Il risvolto
della tunica è colorato in azzurro, e
di questo colore abbiamo segni evidentissimi nel fondo delle lettere gotiche, incise nel plinto.
Dovremo ritenere che la statua di Nino fosse dipinta nel senso che suol darsi alla sta-
tuaria policroma, cioè colorita, come era in uso di dipingere in Egitto, dove un bassori-
lievo, una statua senza colori era giudicata incompleta, o si hanno invece semplici lumeg-
giature d’oro e contorni dipinti, come noi riscontriamo in alcune opere di Donatello, non
estendentisi oltre le parti ornamentali?
Un’asserzione in un senso o nell’altro — stante la difficoltà di un accurato esame —
sarebbe oggi prematura, benché questi rilievi abbiano non lieve importanza, specialmente
ora che da molti eruditi venne con molta dottrina risollevata la questione della policromia
statuaria del medio evo.
Abbiamo parlato dei pregi che contraddistinguono questa nuova opera di Nino ; dob-
biamo ora, per mantenerci in una imparziale e spassionata disamina, accennare ai difetti
di cui essa non è del tutto scevra: l’attacco della testa al busto è rigido e duro, e le mani
sono sì rozzamente scolpite da lasciar dubitare che sieno state eseguite da Nino, benché si
sappia che tutti gli scultori del periodo gotico, non escluso l’Orcagna, cascassero nello scol-
pire e nel finire l’estremità del corpo.
Vasari, Le vite dei più celebri artisti.
2 Cicognara, Storia della scultura, voi. Ili, pag. 420.