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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 6.1903

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Fasc. 1
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Bibliografia artistica
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https://doi.org/10.11588/diglit.24148#0087

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BIBLIOGRAFIA ARTISTICA

81

Non aveva saputo essere indovino; le relazioni tra
gli affreschi nascosti e le miniature erano ben poco
strette. La scoperta del codice de’ disegni bellissimi
del Gabinetto nazionale delle stampe mandò in fumo
le sue ipotesi. Perchè volere negare almeno che le
relazioni di essi con gli affreschi sono assai più strette
delle povere miniature di cui sopra? L’affresco della
Prudenza, che apparve fuori dallo scialbo, mostra egli
dice che il disegno del cosidetto libro di Giusto non
concorda con esso: vi sono mutamenti nel modo di
atteggiare la figura, nel nimbo messo nell’affresco
invece de la corona.

Sempre cosi: si crede da certuni che l’artista, fatto
un disegno, debba riprodurlo tale e quale, senza una
variante.

Invece lo studio dei disegni dimostra proprio che
l’artista non si stanca di apportare modificazioni al suo
primitivo concetto, che anzi il disegno serve solo a
dinotare la genesi d'un’opera d’arte. Quando si guardi
al frammento della Prudenza, senza preconcetti, e lo
si confronti col disegno della stessa figura nel codice
della Galleria Nazionale di Roma, si vedrà che sul
gran cerchio a mezzo il petto si disegnano similmente
le spalle. Così l’altro frammento, che dovrebbe essere
quello della Carità, mostra, come nel disegno, par-
tire di mezzo allo scollo il manto in due linee ad
angolo quasi retto. Abbiamo già osservato, del resto,
che ne’ disegni del nostro codice, tanto le Virtù che
le Arti liberali, dovevano essere probabilmente ripro-
dotte da un modello più antico. E difatti, come ab-
biamo detto pubblicando intero il nostro codice (vo-
lume V de Le Gallerie nazionali italiane), il modello
è nel Museo Condé a Chantilly, il modello che oggi
ci addita Julius von Schlosser. Nihil sub sole novi,
potremo dirgli. E in ogni modo siamo giunti entrambi
a ritrovare il modello degli affreschi e di parte dei
disegni del codice del Gabinetto romano delle stampe:
noi a prova delle nostre supposizioni, lui a prova con-
traria delle sue.

Risposto a questa questione, studiamo l’altra: è il
libro di Giusto del Gabinetto delle slampe in Roma un
libro di schizzi? O non è invece composto come un
trattato? Che avevano a fare in un libro di schizzile
poesie e le citazioni di Sant’Agostino? Tutto mostra
che il disegnatore si atteneva a un programma non
suo. Il preteso libro di Giusto è una compilazione
nella quale sono uniti vari elementi, e cioè a due cicli
d’immagini tolte da’ più antichi codici sono uniti pochi
studi originari. Quei due cicli d’immagini sono tratti
dalla cronaca di Leonardo da Besozzo, ora in proprietà
Crespi a Milano, e dal manoscritto di Chantilly.

Rispondiamo: che il libro del Gabinetto di stampe
sia un libro di schizzi è evidente. Nel diritto dei fogli il
maestro imitò, e lo avevamo supposto; nel verso, no.
È curiosa la domanda, che avessero a fare in un libro
di schizzi le poesie e le citazioni di Sant’Agostino. Il

trecentista che metteva la parola MARMO a schiari-
mento di uno de’ suoi disegni, poteva bene ripetere
poesie e citazioni a spiegazione d’immagini allegoriche.
Nel verso de’ disegni, c’è una varietà di cose e una
variabilità d’intenti che ci persuade come il libro sia
un complesso di studi e di ricerche, nel quale l’artista
s’abbandona al suo talento inventivo e imitativo. Ab-
biamo già osservato che, tra i personaggi della storia
biblica e profana, si trovano studi di un sarcofago,
teste di fanciulle, di giovani, di vecchi intorno all’im-
magine d’un santo col falco in pugno; figure di cava-
lieri senza scritta alcuna e solo disegnati a punta di
argento, riproduzioni in tre parti d’un bassorilievo
neo-attico; e infine che la cronologia de’ personaggi,
che dovrebbero comporre la cronaca figurata, è tras-
curata nel libro. Il confronto che abbiamo fatto col
libro di Leonardo da Bisuccio o da Besozzo, ricupe-
rato in Germania dal signor Benigno Crespi di Mi-
lano, nel quale l'ordine delle figure è rigoroso, e la
data è costantemente indicata a piè di ciascuna, ci ha
sempre più persuasi della differenza che passa tra il
nostro libro originale di disegni e quella copia. Ep-
pure il signor von Schlosser, che non deve aver fatto
il confronto, suppone che quei deboli disegni colorati
di Leonardo da Besozzo abbiano originato i finissimi
del codice di Roma, il che non sarà ammesso da
chiunque abbia un paio d’occhi in testa.

E finiamo la polemica, con la terza questione: a
quale data può risalire il libro di Giusto? La forma
delle armature non usate ai tempi di Giusto, morto
nel 1397, i bracciali e le spalliere ne’ suoi disegni ap-
partenenti a un periodo posteriore al 1430, lasciano
ascrivere il libro alla prima metà del '400. Non sono
possibili prima di Donatello. E poi c’è nel libro la
figura di Tamerlano morto nel 1405.

Rispondiamo: noi non possiamo vedere nel fatto le
linee assolute che è piaciuto di trarre dall’A. e dal
Wendelin Boeheim sulla forma delle armature; non
sappiamo fare la distinzione loro tra le fogge d’arma-
tura dalla fine del secolo xiv ai primi decenni del xv.
La storia delle arti minori è ben lungi dal potere as-
segnare la data all’apparizione di una nuova forma,
ben lungi dall’accettare quanto scrive von Schlosser
che in fatto di armature la fine del xiv e il principio
del xv sieno recisamente divisi. In quanto poi alla
figura di Tamerlano, che reca la data 1395, una data
anteriore alla sua morte avvenuta nel 1405, noi ab-
biamo osservato che quel personaggio è il meno antico
di tutti quelli ritratti nel codice, e che ne compie il
ciclo. La data del 1395, apposta all’immagine di Ta-
merlano, ancora in vita, e supposto non più nel novero
dei vivi, segna, abbiamo detto, il limite massimo di
tempo a cui si possa giungere nell’assegnare la data
al nostro codice. Tamerlano era a Giusto più pros-
simo degli altri, nell’anno di grazia 1395; e quindi il
codice è, con probabilità, prossimo a quell’anno. Leo-

L’Arte. VI, li.
 
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