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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 6.1903

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Fasc. 2
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Miscellanea
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220

MISCELLANEA

Ma intanto era parso sempre più necessario di pro-
cedere ad un restauro definitivo di San Sabino, e se
ne trovano faticosamente i mezzi pecuniari. Si trova
persino l’araba fenice di un uomo, che ha la passione
del culto dei nostri monumenti, l’ing. Pasquale Mal-
cangi di Corato, il fortunato ritrovatore delle breccie
marmoree adoperate da Federico li nella fabbrica di

Molfetta, Chiesa vecchia. Facciata posteriore

Castel del Monte, il quale si pone allo studio di San Sa-
bino, e gli dedica parecchi anni di lavoro scrupoloso
e disinteressato.

In base a questo procede all’elaborazione coscien-
ziosa di un progetto di restauro, che, dopo essere
stato esaminato e discusso minutamente dalle auto-
rità competenti, fu approvato dal Bernich, che per
la lunga consuetudine è diventato buon conoscitore
delle cose nostre, ed approvato dalla Commissione
prefettizia de’ monumenti fin dallo scorso anno. Eb-
bene, inviato a Napoli dall’anno scorso, il progetto
s’è arenato nelle stanze dell’Ufficio regionale di Na-
poli, con molto compiacimento di quel canonico, che
l’Imbriani fece rimuovere dal posto d’ispettore, e del-
l’ingegnere suo nipote, che è stato premiato, per aver
scavato il fosso di San Sabino, con la nomina d’ispet-
tore a Barletta, contro l’avviso di chi, da Napoli, era
pur stato interpellaro al proposito.

Son cose dell’altro mondo; ed ora speriamo che il
direttore Avena, anziché inviare a L'Arte un nuovo ar-
ticolo autoapologetico dell’opera sua, si risolva a prov-
vedere all’ urgente restauro della misera chiesa di
San Sabino.

Bari, 27 giugno 1903.

Francesco Carabellese.

Notizie Romane.

La fontana delle tartarughe. — Tutta Roma in
questi giorni è andata in lieto pellegrinaggio alla piaz-
zetta Mattei per ammirarvi la fontana delle tartarughe
restituita dagli ultimi restauri al suo primitivo splen-
dore.

Dal 1854, data dell’ultimo restauro ordinato dal
Municipio ed eseguito dallo scultore Lucchetti, ancora
vivente, autore del monumento a Innocenzo III nella
basilica lateranense, la mirabile fontana si era venuta
man mano ricoprendo di una densa crosta che nascon-
deva i vivaci colori dei marmi orientali e la bella patina
dei bronzi degli eleganti giovanetti che col piede pre-
mono la testa di un delfino e con la mano sospingono
una tartaruga ad abbeverarsi nella tazza superiore.

Quantunque ridotta in uno stato così miserando,
non le era mai venuta meno l’ammirazione quasi
affettuosa dei romani, che continuavano a parlarne
con orgogliose la rivedevano sempre con grande pia-
cere. Essa è infatti una delle poche fontane monumen-
tali costruite per cura ed a spese del magistrato civico.
Ne sollecitò l’erezione Gregorio XIII, il gran distri-
butore dell’acqua Vergine e ne caldeggiò vivamente
la esecuzione — al dire del Panciroli — Muzio Mattei,
dell’ illustre famiglia che ivi presso aveva fin d’allora
palazzi e case. Forse da questo interessamento derivò
alla fontana il nome di fontana de’ Mattei, con cui si
vede spesso citata nelle vecchie guide, dalle quali viene
anche detta dei delfini ; due denominazioni che tuttavia
non hanno potuto trionfare su quella unanimemente
adottata di fontana delle tartarughe.

E, del pari unanime fu la voce popolare nell’ascri-
vere alla divina mano di Raffaello i quattro adolescenti,
le cui forme gentili formano così bel contrasto con le
sagome vigorose del balaustro e delle conchiglie su cui
sono appoggiati. Senza dubbio il nome di Raffaello
corse spontaneo per una certa rassomiglianza con la
statuetta del Giona che sta nella cappella Chigi in
Santa Maria del Popolo, e che la tradizione asserisce
lavorata dallo scalpello o sul disegno dell’Urbinate.

È fuor di dubbio, invece, che nella fontana delle
tartarughe noi ci troviamo davanti ad una concezione
artistica fiorentina della scuola del Giambologna — al
quale il Passeri fin dal secolo xvn senza titubare lo
ascrive — con grande valentia eseguita da Taddeo
Landini, fiorentino e scolaro di quell’insigne scultore.

Il nome di Giacomo Dellaporta non fu fatto che nel
secolo xvin, forse più che altro per l’abitudine inve-
terata di considerarlo autore di tutte le fontane erette
in Roma nella seconda metà del Cinquecento. Ma
basta un confronto della nostra fontana con la lam-
pada così detta di Galileo nel duomo di Pisa per con-
vincersi che i quattro gemetti di questa hanno una
comune ispirazione artistica con i quattro adolescenti
delle tartarughe.
 
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