MISCELLANEA
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Anzi, il trovarsi agli Uffizi un disegno a penna e
bistro su carta gialla con un pensiero per la nostra
fontana — quantunque il catalogo del Neri lo assegni
a Carlo Maderna — documenta ad esuberanza il luogo
d’origine, la sorgente autentica del mirabile lavoro.
Solo un artista fiorentino poteva, alla fine del Cin-
quecento, ideare un gruppo così trasparente ed ele-
gante, unendovi con suprema armonia la plastica alla
era d’ogni cosa bella, andò a visitare la nobile antica
fontana — come scriveva il Cracas — il 2 aprile di
quell’anno.
In quest’ultima occasione fu recinta di ferri e co-
lonne, ma purtroppo vi fu appoggiato anche un abbe-
veratoio, dalla parte di via della Reginella, per servizio
del pubblico !
Per queste ragioni non mancò mai chi incitasse il
La fontana delle tartarughe, dopo il restauro — Roma, piazza Mattei
architettura. Le altre scuole artistiche in Roma erano
già sotto l’impero delle forme barocche, e, special-
mente nelle fontane, la scultura non aveva più che
una funzione accessoria, di semplice decorazione.
Il magistrato romano, che spese per questa fon-
tana 1200 scudi d’oro, non computata la conduttura,
ne ebbe sempre una speciale sollecitudine. Sotto Sisto V
l’acqua Vergine lasciò il posto alla Felice che tuttora
vi fluisce. Alessandro VII la fece restaurare nel quarto
anno del suo pontificato, 1658. Quasi un secolo dopo,
nel 1750, le furono apportati nuovi restauri, a cui be-
nevolmente assentì Benedetto XIV, che, curioso come
Municipio a trasportare in luogo più raccolto e riguar-
dato una così delicata opera d’arte. Nel Buonarroti
l’architetto Bonelli propose di collocarla nel Museo
Capitolino, altri di allogarla nel cortile del palazzo dei
Conservatori, dove già fu una fontana che prospet-
tava l’ingresso.
Ma simili proposte trovarono sempre insormontabili
oppositori. Gli amanti del colore locale non vogliono
che sia tolto alla solitaria piazzetta dei Mattei il suo
storico ornamento, perchè non sia distrutta una delle
ultime visioni di Roma papale, ormai svanite in mezzo
al tumulto della vita moderna.
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Anzi, il trovarsi agli Uffizi un disegno a penna e
bistro su carta gialla con un pensiero per la nostra
fontana — quantunque il catalogo del Neri lo assegni
a Carlo Maderna — documenta ad esuberanza il luogo
d’origine, la sorgente autentica del mirabile lavoro.
Solo un artista fiorentino poteva, alla fine del Cin-
quecento, ideare un gruppo così trasparente ed ele-
gante, unendovi con suprema armonia la plastica alla
era d’ogni cosa bella, andò a visitare la nobile antica
fontana — come scriveva il Cracas — il 2 aprile di
quell’anno.
In quest’ultima occasione fu recinta di ferri e co-
lonne, ma purtroppo vi fu appoggiato anche un abbe-
veratoio, dalla parte di via della Reginella, per servizio
del pubblico !
Per queste ragioni non mancò mai chi incitasse il
La fontana delle tartarughe, dopo il restauro — Roma, piazza Mattei
architettura. Le altre scuole artistiche in Roma erano
già sotto l’impero delle forme barocche, e, special-
mente nelle fontane, la scultura non aveva più che
una funzione accessoria, di semplice decorazione.
Il magistrato romano, che spese per questa fon-
tana 1200 scudi d’oro, non computata la conduttura,
ne ebbe sempre una speciale sollecitudine. Sotto Sisto V
l’acqua Vergine lasciò il posto alla Felice che tuttora
vi fluisce. Alessandro VII la fece restaurare nel quarto
anno del suo pontificato, 1658. Quasi un secolo dopo,
nel 1750, le furono apportati nuovi restauri, a cui be-
nevolmente assentì Benedetto XIV, che, curioso come
Municipio a trasportare in luogo più raccolto e riguar-
dato una così delicata opera d’arte. Nel Buonarroti
l’architetto Bonelli propose di collocarla nel Museo
Capitolino, altri di allogarla nel cortile del palazzo dei
Conservatori, dove già fu una fontana che prospet-
tava l’ingresso.
Ma simili proposte trovarono sempre insormontabili
oppositori. Gli amanti del colore locale non vogliono
che sia tolto alla solitaria piazzetta dei Mattei il suo
storico ornamento, perchè non sia distrutta una delle
ultime visioni di Roma papale, ormai svanite in mezzo
al tumulto della vita moderna.