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PIETRO TOESCA
ricordano alcuni documenti, la
tavola rappresentante le Stim-
mate di San Francesco, tuttora
conservata nella chiesa france-
scana del luogo. Il quadro è
chiuso nel fondo da alti albe-
relli; su un tronco sta appol-
laiata una civetta : è notte e
niun colore vivo risalta nell’aria
grigia, tranne le ali scarlatte
(tinta che ritorna in quasi tutte
le opere di don Bartolomeo,
nei coralli della corona di San
Rocco, nelle collane di putti
dipinti nella Sistina) del croci-
fisso che appare in alto a San
Francesco volgente pieno di
passione il rude suo viso; un
altro frate guarda alla visione
alzando alquanto la testa con
quella mossa ch’era già fami-
gliare al pittore quando eseguì
le due tavole della pinacoteca
‘di Arezzo, delle quali qui si
ritrova la grande dolcezza di
modellatura e del lumeggiare.
Una povera luce schiara al-
quanto le tonache bigie dei
frati, ponendo un certo chiarore
sui loro visi giallastri : tutto è
delicatezza di colori fusi in una
grigia tonalità.
Invero don Bartolomeo
della Gatta dovette possedere
Fig. 9—Bartolomeo dalla Gatta: Un santo - Firenze, Palazzo Pitti un’attività singolare sino agli
(Fotografia Alinari) ultimi anni di sua vita, tante
opere il Vasari ricorda da lui
eseguite in Arezzo, disegni per architetture, grandi decorazioni murali: di queste ci è rimasto
soltanto un frammento, che fu parte degli affreschi della Cappella Gozzari, rappresentante
San Girolamo penitente, ora trasportato in assai cattive condizioni nella sagrestia del duomo
della città.
L’artista che si mostrò dapprima delicato modellatore ma, nelle tavole della pinaco-
teca, troppo minuzioso tecnico nel riprodurre gli effetti di luce, ci appare ora in un nuovo
singolare aspetto : pur conservando i caratteri principali della sua antica maniera, nelle sue
ultime opere don Bartolomeo della Gatta risolve in nuova forma il problema della luce, quasi
che la libera e larga soluzione che Piero della Francesca ne aveva lasciato nei suoi affreschi
di Arezzo si fosse imposta alfine anche al pittore operante nella stessa città.
Nell’affresco della Cappella Sistina si scorge, al di sopra del gruppo delle donne, il sel-
vatico viso di un uomo che appassionatamente contempla Mosè: il colore roseo, con certe
ombre azzurrognole nelle carni, non lascia dubitare che anche questa figura sia opera del
medesimo artista che ritrasse le donne vicine; ed ecco che laddove Luca Signorelli suole
PIETRO TOESCA
ricordano alcuni documenti, la
tavola rappresentante le Stim-
mate di San Francesco, tuttora
conservata nella chiesa france-
scana del luogo. Il quadro è
chiuso nel fondo da alti albe-
relli; su un tronco sta appol-
laiata una civetta : è notte e
niun colore vivo risalta nell’aria
grigia, tranne le ali scarlatte
(tinta che ritorna in quasi tutte
le opere di don Bartolomeo,
nei coralli della corona di San
Rocco, nelle collane di putti
dipinti nella Sistina) del croci-
fisso che appare in alto a San
Francesco volgente pieno di
passione il rude suo viso; un
altro frate guarda alla visione
alzando alquanto la testa con
quella mossa ch’era già fami-
gliare al pittore quando eseguì
le due tavole della pinacoteca
‘di Arezzo, delle quali qui si
ritrova la grande dolcezza di
modellatura e del lumeggiare.
Una povera luce schiara al-
quanto le tonache bigie dei
frati, ponendo un certo chiarore
sui loro visi giallastri : tutto è
delicatezza di colori fusi in una
grigia tonalità.
Invero don Bartolomeo
della Gatta dovette possedere
Fig. 9—Bartolomeo dalla Gatta: Un santo - Firenze, Palazzo Pitti un’attività singolare sino agli
(Fotografia Alinari) ultimi anni di sua vita, tante
opere il Vasari ricorda da lui
eseguite in Arezzo, disegni per architetture, grandi decorazioni murali: di queste ci è rimasto
soltanto un frammento, che fu parte degli affreschi della Cappella Gozzari, rappresentante
San Girolamo penitente, ora trasportato in assai cattive condizioni nella sagrestia del duomo
della città.
L’artista che si mostrò dapprima delicato modellatore ma, nelle tavole della pinaco-
teca, troppo minuzioso tecnico nel riprodurre gli effetti di luce, ci appare ora in un nuovo
singolare aspetto : pur conservando i caratteri principali della sua antica maniera, nelle sue
ultime opere don Bartolomeo della Gatta risolve in nuova forma il problema della luce, quasi
che la libera e larga soluzione che Piero della Francesca ne aveva lasciato nei suoi affreschi
di Arezzo si fosse imposta alfine anche al pittore operante nella stessa città.
Nell’affresco della Cappella Sistina si scorge, al di sopra del gruppo delle donne, il sel-
vatico viso di un uomo che appassionatamente contempla Mosè: il colore roseo, con certe
ombre azzurrognole nelle carni, non lascia dubitare che anche questa figura sia opera del
medesimo artista che ritrasse le donne vicine; ed ecco che laddove Luca Signorelli suole