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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 6.1903

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Fasc. 3
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Toesca, Pietro: Ricordi di un viaggio in Italia
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https://doi.org/10.11588/diglit.24148#0274

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PIETRO TOESCA

2 50

(n. 1640) con il busto di San Luigi di Tolosa; nella Pinacoteca del Castello di Milano un
altro frammento di tavola (n. 140, senza attribuzione) con una testa della Vergine Incoronata.

Ove il colore era stato esaltato dal Correggio nella luce e spento nelle ombre profonde
avvolgenti le' forme sembra che i pittori parmensi che tennero dietro al grande maestro,
non abbiano trovato, al paro di altri pittori ferraresi, se non effetti di luci artificiali e fan-
tastiche: un delirio coloristico li invade; nei paesaggi immensi essi vedono passare fasci di
tinte irreali, fosforescenze che brillano lontano su archi rovinati, sugli alberi, sulle cime, e
si spandono fra le nubi e nei cieli sereni; le vesti diventano iridescenti, cangiano di colore;
le carni si accendono, si sbiancano, si fanno cineree: tutto sembra trasfigurarsi entro una strana
luminosità.

Tali, in diverso grado, si mostrano le opere di Giorgio Gandino del Grano, del Bertoia,
di Girolamo Bedoli-Mazzola che fra tutti rimane, accanto al Parmigianino, il pittore più
attraente. Artista di assai vario valore nelle sue opere, Girolamo Mazzola grandeggia nella
Galleria di Parma con la sua ancona della Concezione, una fantasmagoria piena di luci e
bizzarri bagliori: lontano dal possedere la fermezza di disegno del Parmigianino, il pittore
dà pure una certa grazia alle sue figure dai grandi occhi rotondi, dalle carni non ardenti
come nei dipinti di Francesco Mazzola, ma chiare e talvolta anche gessose, sempre formate
con un vigoroso impasto di colori. Nel trittico della Galleria Parmense rappresentante la
Vergine col Bambino e con putti fra due santi, la fantasia del pittore è più regolata e
sembra ricorrere a studi fatti sugli effetti della viva luce solare: al di là del basso soffitto
sotto il quale stanno raccolte le figure, è la frescura di un grande parco ove fra gli alberi
scende dall’alto una bianca luce svegliando il verde velluto delle foglie, accarezzando i
tronchi, per cadere sul candido corpo del Bambino, sugli angioli che dai cespugli colgono
rose; Sant’Ilario è intento a scrivere, appoggiato al muro, entro un raggio di sole.

V’è nella Galleria Lochis di Bergamo un quadro ascritto al Correggio e notevole assai
per la sua fattura come anche pel suo soggetto : fra le pieghe di un bianco lenzuolo riposa il
capo di una vecchia addormentata nella morte; le palpebre son chiuse sopra gli occhi gonfi
entro le orbite incavate ; le labbra sono come assorbite fra le gengive sdentate ; una profonda
ruga si è fissata sulle scarne guance, ma il vecchio viso stanco non è ripugnante alla vista:
sembra che una carezza di affetto vi passi ancora per l’ultima volta (fig. 18).

Non del Correggio è il bel dipinto: quelle tinte biaccose, quelle pennellate grasse nelle
carni, e le pieghe sottili del drappo non sono proprie del maestro, bensi di Girolamo Mazzola.

Vedasi nella Galleria di Brera il quadro rappresentante un monaco che medita sul
crocifisso, giustamente ritenuto opera del Bedoli: v’è lo stesso colore denso sulla bianca
tunica che ha pieghe sottili e ondeggianti segnate con pennellate chiare sopra un fondo
oleoso come nel trittico di Parma e nel quadro di Bergamo; si direbbe quasi che quest’ultimo
abbia ispirato il pittore ad immaginare la figura del monaco dal volto emaciato, cadaverico,
toccato di una bianca pennellata sulla fronte, scuro nelle orbite, dal quale sembra che stia
per spirare l’ultimo alito della vita (fig. 19).

E nel ritratto del patrizio Girolamo Scardilo, posseduto dalla Galleria di Parma, sembra
anche di riconoscere con certezza l’arte di Girolamo Mazzola sotto lo stesso singolare aspetto.
Rivestito di brunita corazza il patrizio è illuminato, come il monaco nel quadro della Brera,
da una luce giallastra sulla fronte ove i capelli si diradano, sulle palpebre illividite, sul viso
stanco, che ha perduto ogni energia.

Cosi Girolamo Mazzola seguiva ancora le tracce del Maestro che dopo aver celebrato
la vita e la voluttà, s’inspirò nella Deposizione dalla Croce al dolore e alla morte.

Pietro Toesca.
 
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