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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 6.1903

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Fasc. 3
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Testi, Laudedeo: Sempre i campanili di Ravenna
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https://doi.org/10.11588/diglit.24148#0296

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272

LAUDEDEO TESTI

torre di San Michele in Africisco scoperte nel 1901,
fondazioni che appartenendo sicuramente alla prima
metà del vi secolo troncherebbero la questione? Ma
ciò, e si capisce, non gli accomodava troppo, poiché
il suo castelletto di carte se ne sarebbe andato a rotoli.
Allora dove andavano a finire gli articoli laudativi della
Lettura, le conclusioni poco prudenti del Ricci sulla
Illustrazione italiana,1 e peggio che mai, la novella
teorica sull’età dei campanili?

Non discuto poi la strana interpretazione data dal
G. al non longe e al restante passo di Agnello perchè
prova: i° che il G. ignora anche gli elementi del latino
e perderei il mio tempo; 20 che il G. o non ha letto
o non ha voluto o potuto comprendere il commento
grammaticale e storico che ho fatto a quel brano così
evidente 1 2 (pag. 167-168).

A pag. 169 avevo scritto che « nessuno volendo
innalzare una torre prende a scalpellare un muro preesi-
stente, per tre o quattro piani per incassarvi poi la
torre futura, ed egli, il G. mi viene a parlare d’an-
golo ovest dell’Episcopio « tagliuzzato » appunto per
far posto al giro della torre » via ciò non è troppo
serio. I materiali, si comprende, furono tagliati con la
martellina per adattarli alla circonferenza della torre,
che già esisteva, come si farebbe anche ora. Perchè
il G. non ha eseguito dei saggi in varie parti interne
del muro della cappella e nel solaio al disotto dell’e-
stremo limite dell’ultimo piano aggiunto alla cappella,
e abbasso nella seconda stanza, poiché gli era con-
cesso di esplorare il monumento? determinando così
come è fatta la parete nascosta della torre ? Se cioè ha
il paramento finito o piuttosto rozzo, come avviene
sempre quando un muro combacia con un altro preesi-
stente e calce, pietre o mattoni non si possono com-
porre in paramento perfetto ? Del resto lo stesso G. non
aveva scritto a pag. 164 : « che la torre sembra assai
antica e pare che in origine non avesse fabbriche ad-
dossate? ». E sì che le « osservazioni erronee non erano
fatte da lontano » come egli, senza conoscermi e igno-
rando le mie abitudini di studioso scrive « con molta
franchezza » ma con nessuna verità. Qui debbo, mio
malgrado, aprire una parentesi e parlar di me e delle
cose mie, faccenda un po’urtante, ma necessaria. Il
G., di straforo, s’ingegna di far credere che « io scriva
dei campanili di Ravenna stando puta caso a Mes-
sina » ma chi lo autorizza a dir questo? Da più che
venticinque anni viaggio per l’Italia, e le lunghe
vacanze le impiego a interrogare e a studiare meto-
dicamente, stil luogo, i monumenti, non badando a

1 C. Ricci, Illustrazione italiana, 1903, pag. 63.

2 L’interpretazione che ho dato al passo di Agnello trova ri-
scontro in quanto scriveva fin dal 1571 Gerolamo De Rossi nelle
sue: Historiarum Ravennatum in Thesaurus Antiquitatunl et Histo-
riarum Italiae, tomo VII, pars. I, lib. Ili, pag. 151: «brevique
post Bacanda moritur et in monumento marmoieo, a tempio hauti
procul infra turrìm sepultus est ».

sacrifici, e con amore disinteressato e purissimo. Que-
st’anno, ad esempio, in due mesi completi ho ristu-
diato solo Bologna, Pisa e Firenze, misurando, dise-
gnando, salendo sui tetti o discendendo nei sotterranei
dei monumenti, con una coscienza che il signor G. po-
trà forse uguagliare, non superare certamente. È giusta
dunque da parte sua una simile insinuazione? Per Ra-
venna poi, oltre i soliti studi minutissimi che ho fatto
in diverse visite, ho spinto la delicatezza e la preci-
sione fino a far controllare certe misure di materiali
da una egregia persona di Ravenna, senza avvertirla
dello scopo; potevo essere più esatto e coscienzioso?

Riprendiamo. Il G. a pag. 153 mi addebita di « aver
confuso Sant’Apollinare N. con Sant’Apollinare in
Classe ». No, no, caro signor Gardella, io nell’Ar-
chivio storico italiano 1 desideravo appunto il confronto
fra San Vitale e Sant’Apollinare N. e questo mio de-
siderio confermai ne L’Arte a pag. 174 dove scrissi:
« ma viceversa poi questo confronto il G. non l’ha poi
fatto, oppure lo intese a modo suo, affermando, ma
non provando con cifre, i risultati dell’indagine» e
poiché la S. V. invece di farlo, menò il can per l’aia
e confrontò il materiale di San Vitale con quello (non
interamente uniforme) di Sant’Apollinare in Classe ;
quel confronto, dico, l’ho fatto io, provando come lei
che « sia in presenza dei monumenti » asseriva ad
esempio « che la calce è usata in San Vitale con lo
spessore uguale a quello del sottile mattone » mentre
le mie misurazioni e anche quelle, oh guarda il mira-
colo! del Rivoira 2 danno invece che tale spessore varia
da 2 a 5 centimetri. Vorrebbe il signor G., per com-
piacenza, misurare con maggiore esattezza anche i
variabili strati di calce in Sant’Apollinare in Classe?
Dunque « non cantonata da parte mia » ma poca dili-
genza, al solito, da parte sua.

In quanto « alle informazioni singolarissime sulle
dimensioni dei mattoni che lette in presenza del monu-
mento (Sant’Apollinare N.) corrispondono al vero una
volta su tre-» domanderò soltanto: le misure che ho
riportato sono precise o no? La malafede poi risulta
evidente dove si rifletta che io scrivevo... «nella fac-
ciata antica prevalgono mattoni lunghi m. 0.29, alti
m. 0.07. Nel tronco inferiore della torre si usarono
indifferentemente e senza alcun ordine, mattoni diversi.
Predominano le dimensioni seguenti: spessore 6 e 7 cen-
timetri, con lunghezze o larghezze variabili di m. 0.20,
0.25, 0.27, e di m. 0.29 come nella facciata del vi se-
colo ». Domando al lettore onesto se ci possa esser
sugo a dover polemizzare con simili avversari. Vor-
rebbe, sempre per cortesia, indicarmi il signor G. le
precise misure che « due volte su tre prevarrebbero
su tutte le misure da me date?

Segue il signor G. : « E donde rileva la dimensione

1 Dispensa ia, Firenze 1902.

2 G. T. Rivoira, L'origini dell’architettura lombarda, 1901, pa-
gina 58.
 
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