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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 6.1903

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Fasc. 3
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Testi, Laudedeo: Sempre i campanili di Ravenna
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https://doi.org/10.11588/diglit.24148#0300

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276

LAUDEDEO TESTI

grammi senza bisogno di occhiali. Ed é solo da quel
luogo che dovevano leggersi, poiché si trovano nel-
l’abside, luogo, come ognuno sa, vietato al pubblico.
Vede bene, caro signor G. che in questo caso non
c’era bisogno d’uccelli. Viceversa anche in questa sua
osservazione fa capolino la malafede, perchè parlare
di 14 metri di altezza, quando si trattava di una di-
stanza un po’ minore della metà? Perchè parlare di
monogrammi di San Vitale sistematicamente volti allo
esterno, quando ne abbiamo quattordici volti all’in-
terno? E sono io, è vero, che * guardando puta caso
da Messina » propalo errori di fatto con tanta fran-
chezza ! Alla sua età il G. potrebbe essere più riflessivo.

Finalmente eccoci all’ultima affermazione erronea
del G. Apag. 172 esposi molte e buone ragioni del perchè
i mosaicisti omettevano le torri in certi casi, e aggiun-
gevo che queste mancavano nel modellino di San Vi-
tale offerto dall’arcivescovo Ecclesio, sebbene le torri
scalarie, contemporanee alla chiesa, siano visibili da
qualunque parte si guardi l’edificio. Sentite un po’ che
cosa risponde il G.: « Oh guardi l’autore se mancava
lo spazio sul modello di San Vitale nell’ abside della
chiesa..I Ad ogni modo, perchè più tardi, nelle rap-
presentazioni di chiese e di città lo spazio non ha più
impedito di accennare ai campanili? ».

Eppure avevo scritto: « Il fatto che dopo il Mille
si trovano più spesso, nei dipinti a fresco e nelle mi-
niature, delle torri nell’ interno delle città, si spiega
agevolmente col migliorato spirito di osservazione, con
l’aumento delle torri private e feudali, col graduale scom-
parire degli antichi codici miniati, che tanto avevano
fino ad allora impressionato gli artisti e più e meglio
con l’evoluzione che veniva lentamente trasformando le
radizioni scolastiche e tecniche delle arti » (pag. 173).

Ma si può dar di peggio? Si noti che il G. a pa-
gina 163 aveva scritto: « Ebbene, mentre la parte più
emergente e caratteristica del panorama sarebbero state
le torri, nemmeno una si vede sorgere nè pressi nè
sopra di esso. Così anche non si vedono nel modello del
tempio di San Vitale che l’arcivescovo Ecclesio (521-534)
presenta al santo titolare,2 ecc. ». A pag. 170 no-
tavo la stranezza del procedimento seguito dal G. di
scegliere per termine di confronto un esempio che
mentre nel vero ha le torri ne è privo nella figura-
zione musiva « non accorgendosi il G. di tirar sassi
in piccionaia e dar ragione a me, che anche quando

1 II G. aggiunge: e anche sugli altri templi nella vista pano-
ramica di Ravenna dietro il palazzo di Teodorico « ma ognuno può
vedere, come dicevo, che i musaicisti pur riducendo le basiliche a
giuocattoli giungevano con i tetti di queste quasi a toccare i limiti
estremi del quadro, non rimanendo spazio per le torri.

2 II G. conosce così bene, pur essendo sul luogo, i monumenti
ravennati che scambia San Vitale con Gesù.

c’era spazio per le torri i musaicisti in certi casi le
sopprimevano ».

Che dire poi del ragionamente singolare del G. sulla
torre del palazzo di Teodorico? Sentitelo: « È vero
ch’egli dice (io, povero di spirito, s’intende) che nel
musaico vi si avrebbe dovuto vedere la torre del pa-
lazzo. Ma ha egli considerato che le memorie più anti-
che di questa non sono anteriori al secolo XIII e che
quindi è da supporre (?) che fosse posteriore al Pa-
lazzo/». Ho considerato questo ed altro, caro signor
G. ed ho anche fatto « malinconiche riflessioni » sul-
l’ignoranza e la deficiente cultura dei moderni scrit-
tori d’arte ravignani. Mi dica un poco, il signor G.,
l’Anonimo Valesiano 1 scrive si o no che il palazzo fu
cominciato e terminato da Teodorico? E già Belisario
(540) non aveva principiato a spogliarlo? e i Longo-
bardi (751-752) non gli recarono danni gravissimi? e
Carlo Magno (784 e oltre) non lo spogliò del tutto?
E proprio in questi tempi di spogliazione, quando
Ravenna era completamente decaduta, o nelle caligini
del x, xi, xn secolo, quando Ravenna non contava
più nulla nella storia e nel commercio d’Italia si po-
teva pensare ad erigere una torre tanto ricca da essere
chiamata la Superba? e come afferma il Zirardini 2 da
essere considerata per uno degli edifici magnifici del
re Teodorico? Provata l’insussistenza storica e logica
della gratuita, ma comoda supposizione del G. ammet-
tiamo per un momento che non esistesse quella torre
quando fu compiuto il panorama di Ravenna in San-
t’Apollinare N. Ma la torre di Bacauda non sussisteva
già prima del 545 ? perché non si trova ritratta insieme
a quella più antica dell’Episcopio, in quella parte di
musaico eseguita fra il 556-569?

* * -*

Ora c’è soddisfazione, ripeto, a polemizzare cosi? che
cosavi guadagnano l’arte e la storia? E la verità, quando
il contradditore scrive: « che non mi voglio arrendere
all’evidenza delle risultanze storiche » quali ? O quando
asserisce: « che la torre di Sant’ Apollinare in Classe è
posteriore alla chiesa?» Ma chi lo dice? lui? evvia!
O quando parla dei « miei errori di fatto?» quali di
grazia? dopo questa risposta che mette a nudo il brutto
metodo polemico usato dal signor G. e gli errori mas-
sicci che ho rilevato? Non c’è soddisfazione e butto
senz’altro la penna, annoiato, assicurando che non la
riprenderò, qualunque possa essere il genere di risposta
che potrà concepire e darmi il signor Gardella.

Messina, 15 ottobre 1903.

Laudedeo Testi.

1 Rer. Ital. Scrip., tomo XXIV, pag. 641, B. Palatium usquc
ad perfectura fecit... Portica circa Palatium perfecit.

2 Zirardini, op. cit., parte II, pag. 229.
 
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