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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 6.1903

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Fasc. 3
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Colasanti, Arduino: Arte contemporanea: la va esposizione internazionale d'arte in Venezia
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https://doi.org/10.11588/diglit.24148#0302

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ARDUINO CO LASAN TI

piccoli studi e degli appunti lasciati dal Serra: magnifica preparazione troncata purtroppo
dalla morte.

Di Domenico Morelli, dopo la serie dei quadri cristiani veduta a Venezia nella quartà
Esposizione>e dopo la mostra quasi completa delle opere sue preparate quest’anno dalla
Promotrice di Roma, poteva sembrare superflua una nuova apparizione, ma i suoi disegni
a penna, ad ogni modo, possono mostrare a coloro che non ebbero modo di ammirare in
Roma la prima Esposizione del bianco e nero, come ogni opera del Morelli, anche piccola,
abbia la solidità di un monumento.

Giacinto Gigante, troppo presto dimenticato, fu il campione più audace di quella schiera
di giovani i quali, raccoltisi intorno all’olandese Pitloo, intesero che per scuotere alle basi
l’Accademia imperante conveniva trarre le ispirazioni direttamente dalla natura, e costituirono
la Scuola di Posillipo. I dieci acquerelli del Gigante sono un ottimo saggio della produzione
di questa Scuola e ci rivelano un artista innamorato del vero e pronto a rappresentarlo con
sincerità e con vigorìa. Ugualmente abile a riprodurre il paesaggio e l’interno, il Gigante
diffonde nei suoi quadri una festa di luce e di colore e sembra precorrere gl’ impressionisti
sopratutto per la sua attitudine a considerare ogni cosa e la stessa figura umana come un
semplice oggetto di riflesso.

Alla gloriosa schiera dei morti appartiene finalmente Otto von Faber du Faur. Ma
neppure la sua rievocazione può dirsi inutile, se i suoi quadri di orientale e fastósa ricchezza,
lo fanno senz’altro designare per uno dei più grandi coloristi del tempo suo.

. Son questi i principali artisti defunti che il Comitato ordinatore dell’Esposizione vene-
ziana ha voluto presentare al pubblico che forse non intieramente li conosceva e nessuno
potrà dispiacersi di ritrovare nell’opera loro accennato e magari risoluto alcuno dei più ardui
problemi che affaticano l’arte dei giorni nostri.

Rimane da considerare l’opportunità di proporzionare meglio la produzione artistica
straniera con quella delle diverse regioni d’Italia. Ma, prima di entrare in questo dibattito,
per il bene e l’avvenire della nobile iniziativa di Venezia, occorrerebbe discutere le condizioni
di accettazione delle opere. Perchè quando un artista come il Repin si permette di esporre un
Vade retro me, Satana, che ci fa pensare alle più strane figurazioni da manicomio, quando il
Jansson non si perita di dar nome di quadri ad imbratti di colore bianco e violetto, quando
un pittore come il Liebermann, senza nessun riguardo alle belle tradizioni del suo passato,
si ritien lecito di corrispondere all’invito di Venezia inviando, come si manda una cartolina
illustrata, un quadro volgare e destituito di ogni nobiltà di concepimento e di esecuzione,
quale è il suo Sansone e Dalila, vien fatto di dubitare se il metodo dell’invito rivolto ad
artisti sia effettivamente il mezzo migliore per escludere dalla mostra veneziana tutte le forme
della volgarità, e se nel fatto sia sempre applicabile l’articolo 6 del Regolamento generale
dell’ Esposizione, il quale stabilisce che le opere degli artisti invitati non cadono sotto l’esame
della Giuria di accettazione, ma riserva alla Presidenza il diritto di respingerle « quando
manchino di quell’importanza e maturità d’arte che sono richieste dagli alti intendimenti del-
l’esposizione ed espressamente significate nella lettera d’invito».

* * *

Con ciò non si può dire che il Comitato ordinatore abbia mancato ai doveri che ad esso
imponeva la gloriosa tradizione del convegno di Venezia. Basterebbe a dar ragione del suo
criterio illuminato lo sforzo di voler elevare sempre più il livello generale dell’esposizione,
di variarne l’insieme per accogliervi ogni manifestazione artistica dell’anima contemporanea,
di nobilitarne l’ambiente, facendo sì che esso stesso riunisse di per sè stesso un’opera di
bellezza, un saggio di fusione tra l’arte pura e l’arte applicata.

Ciò era tanto più necessario dopo l’Esposizione internazionale di Torino, la quale non
solo « ebbe il merito di chiamare a raccolta tanto gli atteggiamenti dello spirito decorativo
 
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