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MISCELLANEA
tanza — come il ritratto dell’artista e della sua fa-
miglia.
Noi non conosciamo il quadro di Madrid, ma quanto
a quello di Hampton Court ci sembra di ricordare che,
pur essendo la composizione la stessa, le sue figure
non presentano nei tratti fisiognomici grandi analogie
con quelle del gruppo Borghese: quindi per il momento
non solo non è possibile affermare, mancandoci anche
un principio di prova, che nel quadro di Hampton
Court si trovino i ritratti del pittore e de’ suoi, ma
neanche che esso rappresenti la famiglia del fratello.
Crowe e Cavalcasene 1 2 sono stati assai severi nel-
l’apprezzare i gruppi fantigliari di Bernardino Licinio,
ma il loro giudizio, al quale anche altri critici si sono
avvicinati, sembra a noi piuttosto ingiusto se lo po-
niamo in relazione col quadro della Galleria Borghese,
che essi d’altronde giudicano anche inferiore a quello
di Hampton Court.
Riconosciamo che poco vivace è l’espressione, che
sgarbate in qualche dettaglio sono le forme (si guardi,
ad esempio, il braccio sinistro e le mani delia donna)
e aggiungiamo che un po’ piatto è il modellato, ma
non sapremmo vedere nel quadro nè quella scorre-
zione di disegno, nè quella convenzionalità e volgarità
di tipi, nè gli altri difetti che i signori Crowe e Ca-
valcasene rilevarono.
Non pochi pregi al contrario riscontriamo nella pit-
tura Borghese, nella quale, tra l’altro, ci sembrano
degne di attrarre l’attenzione alcune bellissime teste,
quali quella del padre e quella, piena di carattere,
del giovinetto che trovasi tra il babbo e la mamma,
e in cui è notevole sopratutto queli'aria dì famiglia,
per nulla convenzionale, che il pittore ha saputo tanto
bene diffondere sui volti con tante sfumature diverse,
lasciando a ogni figura la sua individualità e senza
ridurle tutte a un denominatóre comune. Forse per
questa ragione Lermolieff non esitò a definire questo
un quadro eccellente, e il Burckhardt? a dirlo un buon
esemplare dei gruppi famigliari del Licinio.
nativo di Fontaine nella Borgogna fondò nel 1135.
Il luogo ove edificossi il monastero era denominato
Caretto ; prese di poi il nome di Chiaravalle, a cui
fu aggiunto l’epiteto della Colomba, per la tradizione
tuttora esistente che all’epoca della fondazione di quella
badia una colomba con ischeggie di legno disegnasse
l’area del tempio.
L’abbazia sorta per principale impulso del vescovo
di Piacenza, Arduino, il 1135 e per volere dei maggio-
renti e del popolo e col concorso degli abitanti delle
terre vicine fu affidata da San Bernardo ai suoi mo-
naci. I primi abitatori del monastero furono monaci
che il santo abate tolse dal monastero suo di Clairvaux
in Francia.
Soltanto paludi e boscaglie formavano il luogo scelto
dal santo per i suoi monaci; ma questi tanto si adope-
rarono che ridussero assai fertile il suolo, il quale
presenta oggigiorno un aspetto gaio per le sue vaste
praterie ed ebertose campagne. Vastissimi possedi-
menti si ebbe la badia fin dai suoi primordi, special-
mente dalla munificenza dei marchesi Oberto Pelavi-
cino e Corrado Cavalcabò, ed ebbe pure grande numero
di claustrali. In breve l’abbazia cistercense salì a si
grande stima e gloria da meritare ampi privilegi da
parte di re, d’imperatori e di pontefici. Per tale vene-
razione Ottone Visconte, arcivescovo di Milano, e due
vescovi piacentini Giovanni V e Vicedomino Cossadoca
vollero fossero deposte nel gran tempio le loro spo-
glie. L’abbazia ebbe inoltre l’onore di ricevere illustri
personaggi, tra quali vanno primi San Domenico ed
il principe Eugenio di Savoia; ma le^ cronache anno-
verano anche cose nefaste per i monaci, come ad
esempio il terribile incendio del monastero e l’orrida
strage dei monaci stessi compiuta ai tempi di Fede-
rico III, ed altri molti e gravi danni in tempi di guerre
e turbolenze sediziose.
I Cistercensi ressero la badia sino al 1444 quando
dal papa Eugenio IV venne eretta in commenda e
da allora incominciò lentamente a decadere. Da
Ettore Modigliani.
La badia di Chiaravalle della Colomba
e gli affreschi recentemente scoperti. —
Sorge a Chiaravalle della Colomba in Co-
mune di Alseno di Piacenza l’antico e ma-
gnifico monastero che l’abate San Bernardo,
1 Crowe e Cavalcaseli.^, Geschichte der italiani-
schen Malerei, Leipzig, 1876, VI. Band: « Die Zeichnung
istungenau, Hande, Fiisse uncl die feineren Gliedmaas-
sen plump. Der Fleischton hat bei ihm in der Regel
einen stumpfrothen Stich uncl harte glanzige Glatte,
der Charakter seiner Figuren ist meist schwer uncl
fleischig, sodass man alle Màngel Pordenone’s und
Palma’s redlich wiederfindet. » (pag. 349).
2 Jacob Burkhardt, Der Cicerone, 5® Auflage,
Leipzig, Seemann, 1884, pag. 775.
Abbazia di Chiaravalle della Colomba, presso Piacenza
MISCELLANEA
tanza — come il ritratto dell’artista e della sua fa-
miglia.
Noi non conosciamo il quadro di Madrid, ma quanto
a quello di Hampton Court ci sembra di ricordare che,
pur essendo la composizione la stessa, le sue figure
non presentano nei tratti fisiognomici grandi analogie
con quelle del gruppo Borghese: quindi per il momento
non solo non è possibile affermare, mancandoci anche
un principio di prova, che nel quadro di Hampton
Court si trovino i ritratti del pittore e de’ suoi, ma
neanche che esso rappresenti la famiglia del fratello.
Crowe e Cavalcasene 1 2 sono stati assai severi nel-
l’apprezzare i gruppi fantigliari di Bernardino Licinio,
ma il loro giudizio, al quale anche altri critici si sono
avvicinati, sembra a noi piuttosto ingiusto se lo po-
niamo in relazione col quadro della Galleria Borghese,
che essi d’altronde giudicano anche inferiore a quello
di Hampton Court.
Riconosciamo che poco vivace è l’espressione, che
sgarbate in qualche dettaglio sono le forme (si guardi,
ad esempio, il braccio sinistro e le mani delia donna)
e aggiungiamo che un po’ piatto è il modellato, ma
non sapremmo vedere nel quadro nè quella scorre-
zione di disegno, nè quella convenzionalità e volgarità
di tipi, nè gli altri difetti che i signori Crowe e Ca-
valcasene rilevarono.
Non pochi pregi al contrario riscontriamo nella pit-
tura Borghese, nella quale, tra l’altro, ci sembrano
degne di attrarre l’attenzione alcune bellissime teste,
quali quella del padre e quella, piena di carattere,
del giovinetto che trovasi tra il babbo e la mamma,
e in cui è notevole sopratutto queli'aria dì famiglia,
per nulla convenzionale, che il pittore ha saputo tanto
bene diffondere sui volti con tante sfumature diverse,
lasciando a ogni figura la sua individualità e senza
ridurle tutte a un denominatóre comune. Forse per
questa ragione Lermolieff non esitò a definire questo
un quadro eccellente, e il Burckhardt? a dirlo un buon
esemplare dei gruppi famigliari del Licinio.
nativo di Fontaine nella Borgogna fondò nel 1135.
Il luogo ove edificossi il monastero era denominato
Caretto ; prese di poi il nome di Chiaravalle, a cui
fu aggiunto l’epiteto della Colomba, per la tradizione
tuttora esistente che all’epoca della fondazione di quella
badia una colomba con ischeggie di legno disegnasse
l’area del tempio.
L’abbazia sorta per principale impulso del vescovo
di Piacenza, Arduino, il 1135 e per volere dei maggio-
renti e del popolo e col concorso degli abitanti delle
terre vicine fu affidata da San Bernardo ai suoi mo-
naci. I primi abitatori del monastero furono monaci
che il santo abate tolse dal monastero suo di Clairvaux
in Francia.
Soltanto paludi e boscaglie formavano il luogo scelto
dal santo per i suoi monaci; ma questi tanto si adope-
rarono che ridussero assai fertile il suolo, il quale
presenta oggigiorno un aspetto gaio per le sue vaste
praterie ed ebertose campagne. Vastissimi possedi-
menti si ebbe la badia fin dai suoi primordi, special-
mente dalla munificenza dei marchesi Oberto Pelavi-
cino e Corrado Cavalcabò, ed ebbe pure grande numero
di claustrali. In breve l’abbazia cistercense salì a si
grande stima e gloria da meritare ampi privilegi da
parte di re, d’imperatori e di pontefici. Per tale vene-
razione Ottone Visconte, arcivescovo di Milano, e due
vescovi piacentini Giovanni V e Vicedomino Cossadoca
vollero fossero deposte nel gran tempio le loro spo-
glie. L’abbazia ebbe inoltre l’onore di ricevere illustri
personaggi, tra quali vanno primi San Domenico ed
il principe Eugenio di Savoia; ma le^ cronache anno-
verano anche cose nefaste per i monaci, come ad
esempio il terribile incendio del monastero e l’orrida
strage dei monaci stessi compiuta ai tempi di Fede-
rico III, ed altri molti e gravi danni in tempi di guerre
e turbolenze sediziose.
I Cistercensi ressero la badia sino al 1444 quando
dal papa Eugenio IV venne eretta in commenda e
da allora incominciò lentamente a decadere. Da
Ettore Modigliani.
La badia di Chiaravalle della Colomba
e gli affreschi recentemente scoperti. —
Sorge a Chiaravalle della Colomba in Co-
mune di Alseno di Piacenza l’antico e ma-
gnifico monastero che l’abate San Bernardo,
1 Crowe e Cavalcaseli.^, Geschichte der italiani-
schen Malerei, Leipzig, 1876, VI. Band: « Die Zeichnung
istungenau, Hande, Fiisse uncl die feineren Gliedmaas-
sen plump. Der Fleischton hat bei ihm in der Regel
einen stumpfrothen Stich uncl harte glanzige Glatte,
der Charakter seiner Figuren ist meist schwer uncl
fleischig, sodass man alle Màngel Pordenone’s und
Palma’s redlich wiederfindet. » (pag. 349).
2 Jacob Burkhardt, Der Cicerone, 5® Auflage,
Leipzig, Seemann, 1884, pag. 775.
Abbazia di Chiaravalle della Colomba, presso Piacenza