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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 6.1903

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Fasc. 3
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24148#0337

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MISCELLANEA

309

da molti anni si agita intorno a una lunetta dipinta
nel convento di Sant’Onofrio in Roma, in cui è
rappresentata la Madonna col Bambino e un dona-
tore. La critica moderna era stata unanime nel togliere
la lunetta a Leonardo da Vinci, a cui l’attribuiva la
tradizione secolare, designandola invece come opera
del Boltraffio, ma il Muntz, in un suo libro recente,
credette di dover restituire l’antica attribuzione.

Lasciando da parte questa questione, cerchiamo di
risolvere un quesito rimasto fin qui insoluto, chi sia
cioè il donatore rappresentato nella lunetta per trarne
possibilmente qualche indizio cronologico.

Nella chiesa di Sant’Onofrio, annessa al convento,
l’abside centrale è decorata da affreschi, che sono
una delle prime opere compiute in Roma da Bal-
dassarre Peruzzi. Nello scompartimento centrale, il
pittore rappresentò la Vergine in trono, con vari santi,
e a destra, inginocchiato, il committente. Ora, confron-
tando questo committente, anch’ esso fino ad oggi
rimasto ignoto, con quello della lunetta si nota subito
che tra essi corre una gran somiglianza. Ambedue
dimostrano la medesima età, hanno la stessa capiglia-
tura bianca, un po’ lanosa e disordinata, l’orecchio
grosso, l’occhio profondo, il labbro inferiore che avanza
quello superiore, il mento con una fossa profonda e
l’estremità sporgente, il collo carnoso, le mani grasse
e corte. Identica è la foggia delle vesti. Già il Betti1
notò questa relazione tra i due donatori e ne trasse la
naturale conclusione che essi fossero la stessa persona,
e questo giudizio è molto importante per noi, poiché
dopo il 1835, anno in cui il Betti scriveva, la lunetta
ebbe un restauro che ne alterò molto le forme. Anche
mons. Stefano Rossi, che scriveva nel 1855, sostenne
questa identità dei committenti.2 Stabilito ciò, restava
da ricercare il nome del misterioso personaggio, ed
intanto fin da principio era naturale il supporre che
questo prelato, che aveva Ornato così splendidamente
la chiesa, fosse in essa seppellito, e quindi il suo nome
era da ricercarsi tra le lapidi sepolcrali della chiesa
stessa. Sul pavimento, tra la prima e la seconda cap-
pella di sinistra c’è una pietra tombale che porta deli-
neata la figura del defunto, sotto alla quale si legge
l’iscrizione che segue:

D. O. M.

FRANCISCO . CABANYAS . HISPANO. PRO
TONOT. APOSTOL . ALEXANDRI. VI . PONT.

OPT . MAX . A . SECRETO . CUBICULO .

QUI. SACELLUM . HOC . A . FUNDAME

NTIS . EREXIT. ORNAVIT . DOTEM . DEDIT
VIX. AN . LXXX . MEN . V .

FR . CHERUBINUS . FERRARIEN .

HUIUS . CENOBII . PRIOR . EXECUTOR
PONEND . CURAVIT. M . D . VI.

1 L'Ape italiana delle belle arti. Giornale, voi. II, pag. 34.
Roma 1835.

2 Dei dipinti in cui Leonardo da Vinci toccò a preferenza il
colmo del bello e insieme del sublime, in Giornale arcadico di scienze,
lettere ed arti, tomo CXLIII. Roma, 1855.

Il Betti scrive: « Nel sepolcro del Cabanyas (tras-
portato modernamente fra le cappelle di San Girp-
lamo e del Beato Pietro da Pisa) si legge che . egli
abbellì e dotò una delle cappelle della chiesa di San-

Affreschi del secolo xiv

Chiesa della badia di Chiaravalle della Colomba
 
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