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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 1
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Fiocco, Giuseppe: Il periodo romano di Bartolomeo Suardi detto il Bramantino
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0056

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IL PERIODO ROMANO DI BARTOLOMEO SUARDI

DETTO IL BRAMANTINO

Verso la fine del xv secolo, mentre la pittura lombarda ricercava, sulla traccia di Vincenzo Foppa,
per vie modeste e lente una sua personalità, sopravvenne improvviso a soverchiare ogni indirizzo
locale Leonardo da Vinci.

Niuno parve aver più voce che non fosse la sua ; sembrava che gli artisti — smarriti dal genio —
si fossero raccolti attorno al grande a fare, non pure da coro, ma da eco miserabile. Andrea Solario
adattò la sua maniera rifinita e stucchevole, già dimentica delle prime origini veneziane, alle leziosità
dei leonardeschi ; lo stesso Bufinone, che assieme a Bernardo Zenale, e poi da solo aveva saputo man-
tenere ed evolvere, sia pure veramente, le vecchie forme, tradusse sullo stremo, in una smorfia il
sottile, faunino sorriso vinciano; gli altri tutti: il Boltraffio, il De Predis, Cesare da Sesto, Marco
d’Oggiono, per non dire che dei principali, non furono che dei seguaci e dei virtuosi.

Solo il Bergognone continuò, nella sua onesta e monotona maniera, a ripetersi sino alla fine.

Chi raccolse le antiche fila, rinnovò, diede slancio cinquecenteno all’arte lombarda, che pareva
dover tutta naufragare nella servilità leonardesca fu Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino.

Partito dalla vecchia tradizione foppesca, fondamentale dell’arte sua, la congiunse alla diseguativa
nervosità d’Èrcole de' Roberti e di Cosmè, e le diede amplissimo respiro, attingendo attraverso a Donato
Bramante alla monumentalità struttiva di Piero dei Franceschi. Perciò egli è l’unico a cui si possa
attribuire quella verace rifioritura lombarda che nel Cinquecento vantò i nomi del Luini, del Lanino,
del Sodoma (nel periodo giovanile), di Eusebio e massimamente di Gaudenzio Ferrari; nel quale come
in Melozzo l’arte di Piero dei Franceschi, quella del Suardi trovò ampliazione e coronamento.

Per verità già da tempo si era accorta la critica dell’importanza fattiva del Bramantino; e il Morelli,
il Frizzoni e il Berenson ne avevano ben notato il valore. Ma quasi tutto sembrava da fare fin tanto
che non apparve su Bartolomeo Suardi lo studio minuzioso e poderoso — e fors’anche pletorico — del
prof. Guglielmo Suida, il quale raccolse intorno al grande maestro tutto ciò che di notizie, di giudizi,
di opere era possibile radunare.1

Il lavoro parve definitivo ; ma è spesso vero che anche le opere più ponderose, hanno il loro
piede di creta.

È bastato che qualche nuovo elemento si affacciasse, perchè tutta la paziente ricostruzione ne
fosse sconvolta e richiedesse una completa revisione.

* * *

Gli scrittori contemporanei ci danno su Bartolomeo Suardi notizie scarsissime. Marcantonio
Michiel (1515-1520) accenna ad alcune tarsie fatte da Fra Damiano per San Domenico dei Frati a
Bergamo, su disegno del Bramantino, di Troso da Monza e Bernardino da Trevi (lo Zenale da Tre-
viglio); Cesare Cesariano (1521) e il Moriggia (1595) ce ne ripetono solo il nome; e poco vi aggiunge
il Lomazzo nel Trattato dell’Arte della Pittura (1585), nell’Idea del Tempio della Pittura (1586) e nelle
Rime (1587).

1 Wilhelm Suida, Die Jugendwerke des Bari. Suardi Kaiser hauses, 1904; Die Sfàtwerke des Bart. Suardi, ivi,

germani Bramantino, in Jahrbuch d. Kstranimi. d. Allerh. n)°b, e Thieme Becker Lexicon, v. IV, pagg. 5i9-’2i.
 
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