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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 5-6
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Fiocco, Giuseppe: L'Esposizione d'arte Veneziana al Burlington Fine Arts Club di Londra
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0416

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L’ESPOSIZIONE D’ARTE VENEZIANA

AL BURLINGTON FINE ARTS CLUB DI LONDRA

L’ESPOSIZIONE che si è aperta quest’anno fra le pareti ospitali del Burlington Fine Arts
Club di Londra non è che la continuazione di quella dei primitivi veneziani del 1912.
Raccoglie perciò esemplari, e spesso insigni, del periodo di quella completa fioritura della
scuola veneziana, che, intorno a Tiziano, sviluppa la tradizione di Giovanni Bellini e di Zorzi
da Castelfranco.

Un posto a sè ha quel mirabile solitario che fu Lorenzo Lotto, a cui l’indipendenza ha
permesso di conservare una libertà iconografica e un’ ingenuità quasi arcaica, accanto ad ardi-
menti di forma pressoché barocchi. Noi lo vediamo qui raccogliere le tradizioni schiettamente
alvisiane di Cima; ma la scenetta mitologica che il coneglianese aveva tradotto con bei colori
e con semplicità in figurette dall’aria un po’ campagnuola e tonta, diviene la piccola Danae di
Sir Martin Conway (n. 21), deliziosa e sensitiva sotto il cielo azzurro cupo, all’ombra della
selvetta misteriosa solcata dalla pioggia d’oro; opera che difficilmente può andar oltre al 1498,
e sta come sorella minore accanto al luminoso San Girolamo del Louvre, meditante fra rupi
e fronde.

Il progresso di queste forme è rappresentato da un raro quadretto del conte di Pem-
broke (n. 4), con Sant’Antonio meditante, in cui si conserva l’azzurro cupo dello sfondo, ma
il netto segno alvisiano diviene un po’faticoso, e il colore più brunito per l’evidente influsso
del Durer, così che il dipinto trova facilmente il suo posto accanto a quello del 1508 della
Galleria Borghese. Con la Susanna sorpresa dai vecchioni (n. 25), che reca la data del 1517,
abbiamo un bellissimo esempio del periodo bergamasco, specialmente prossimo ai freschi di
Trescorre per il colore più che vivace, piacevolmente sgargiante e paesano. Chiude la serie
una Madonna e donatori (n. 16), proveniente dalla collezione Benson, che, per quanto ricordi
il Martirio di Santa Caterina della Galleria Lochis di Bergamo, più stanca e meno vivace
di colore com’è, non potrà esser posta innanzi al 1529.

Due altre opere portano veramente il nome del Lotto, ma io non so persuadermi del
tutto, per quanto molto abbia di alvisiano nelle carni, che sia di lui il Salvator Mundi (n. 6)
della raccolta Cook, il quale per certa mistione con la maniera del Diirer, dovrebbe star pur
esso accanto al quadretto citato innanzi della Galleria Borghese. Il ritratto (n. 45) inviato da
Sir G. Holford è facilmente riconoscibile invece quale opera di Giulio Campi per le carni
esangui e per certa rilassatezza delle forme, come dilavate e stanche ; per dimostrarne del resto
la paternità veneto-lombarda è assai utile il confronto col ritratto femminile della raccolta
Benson, similmente acconciato e impostato, che passa per opera del Luini ed è certo di (Jal-
listo Piazza.

Specialmente giovevoli allo studio di Sebastiano del Piombo sono i ritratti che offre agli
studiosi l’Esposizione, e fra questi alcuni rarissimi, sfuggiti a quelli stessi che ebbero a scri-
vere più completamente del veneziano. Il facile confronto fra la mezza figura di giovane (n. 2
 
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