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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 2
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Lorenzetti, Costanza: Carlo Maratti: la sua giovinezza a Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0169

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CARLO MARATTI: LA SUA GIOVINEZZA A ROMA

I.

Quando Carlo Maratti si formava a Roma pittore (durante gli ultimi quindici anni della prima
_ metà del secolo xvn) l’arte s’era risvegliata a vita splendida e fervida : urgeva la grande
decorazione dei palazzi e delle chiese: Pietro da Cortona era al lavoro, seguito da uno stuolo
di affreschisti, e creava disposizioni figurative ammirabili da sovrano compositore spaziale, con
le vibrazioni di colori squillanti e vivaci.

Bernini dominava arbitro il campo imprimendo del suo genio veramente moderno lam-
peggiamenti di ardite novità in ogni manifestazione artistica, mentre i caracceschi maggiori,
da breve partiti, erano ancora sulla pista e con le opere recenti e con l’insegnamento impartito
avevano rafforzato nei giovani seguaci il grande filone tradizionale caraccesco che si continua
poi nel tempo attraverso l’attività robusta e geniale del Sacchi e del Maratti, fino al principio
del secolo XVIII.

Veramente senza eco si spense, nel mondo romano secentesco, la voce flebile del Dome-
nichino, un fanciullo rispetto agli arditi novatori.

Guido e Lanfranco, totalmente opposti di temperamento e di visione, ma ambedue grandi,
dettero esemplari che colpirono la fantasia degli artisti, rispecchiandosi nelle loro opere, susci-
tando varie, ma feraci ispirazioni, sebbene il magistero, l'attività di Guido si esercitassero senza
dubbio con più organicità e compiutezza a Bologna dov’egli imperò assoluto, finissimo sensibi-
lizzatore della sostanza pittorica caraccesca. Il Lanfranco fu più seguito a Napoli quando la
sua arte aveva raggiunto il completo sviluppo. Così l’ammonitrice formula dei Caracci raggiunse,
dopo la morte di Agostino e di Annibaie, la giovane generazione romana sopratutto con l’Ac-
cademia fondata ivi da Francesco Albani.

In lui, più schietto caraccesco dei tre nominati, più fedele alla tradizione, il grave linguaggio
accademico si ricrea, ma non trasmuta nel rammollimento pittorico di Guido: il modellato si
mantiene robusto esprimendosi con ferma forza disegnativa in forme plastiche più largamente
e rudemente stanziate, mentre Reni semplifica i piani, arrotonda, illeggiadrisce i contorni con
flessioni eleganti di linee per amore di bellezza corporea.

Lo schema struttivo dell’Albani, il suo senso del nudo permangono nella scuola romana
ed insieme anche il suo più accentuato studio di elementi veneziani espressi con un colorismo
più vario e più gaio che si rivela nella resa sapiente di trasparenze atmosferiche azzurro-
cristalline sui ripiani oscuri variamente digradanti, sugli alberi verde-cupo, sfondo necessario
ai corpi rosa-avorio dei putti e delle Veneri, e sopratutto, nella distribuzione di luci liquide
nei templi e nelle architetture dei suoi quadri sacri.

La scienza albanesca si trasmette compiutamente nel Sacchi ; questi, spirito di artista
profondamente dotato, riesce ad essere assolutamente personale, anche attraverso l’asservimento
dogmatico del pensiero ecclettico, anche sotto la sferza dell’accademismo che paralizza le forze
naturali ; ma Sacchi fu un ingegno gagliardo. Lo studio dei grandi modelli proposti dalla scuola :
 
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