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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 4
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Biancale, Michele: Giovanni Battista Moroni e i pittori bresciani, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0323

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GIOVANNI BATTISTA MORONI

E I PITTORI BRESCIANI

L’EDUCAZIONE artistica di Giovanni Battista Moroni incominciò a Brescia, verso il 1540,
nella bottega di Alessandro Bonvicino, detto il Morétto, bresciano, nato il 1498.

A Brescia, nel secondo decennio del secolo decimosesto, la tradizione dell’arte pseudo-
indigena iniziata da Vincenzo Foppa, morto il 1515, si perpetuava, anche se debolmente, nel
Civerchio e nel Ferramola, morto il 1528, due artisti che ripetevano senza ingegno le forme
foppesche e che assistettero, se pure non entrarono per molto, alla formazione artistica del
Romanino e del Bonvicino.

Il Foppa, tra i ricordi in lui molto vivi dell'arte padovana, specie mantegnesca, mirava
a Giovanni Bellini; ma in lui si determina già quella che sarà la caratteristica più rilevata
dell’arte bresciana, la riduzione cioè provinciale dell’arte sovrana dei grandi centri ad una
visione meno larga, più aderente alla tradizione, obbediente ad una certa logica grossolana. Il
senso architettonico mantegnesco, così necessario, spazialmente parlando, all’organismo delle
sue composizioni, si muta nel Foppa in un elemento, in apparenza di primaria importanza, ma,
nel fatto, appena bastante al suo bisogno di comporre in modo largo ed equilibrato. La rudezza
articolata delle forme mantegnesche si spiana in quelle piombanti del Foppa il cui linearismo
è un po’ incerto e sconnesso, mentre il suo bellinismo ci sembra rammodato in provincia e fatto
quasi più primitivo,

Ma egli ha forza plastica, sodezza di segno e senso di colore — anche questo ridotto via
via ad accordi di un grigio sempre più basso — e sta sull’apice, d’onde si staccano per un
verso il pendìo dell arte milanese — Bufinone, Zenale, più vicino a lui per la tipologia, e Borgo-
gnone che con procedimento analogo a quello degli artisti dell’altro pendìo, riduce la sua tavo-
lozza da accordi acuti e da tinte caldissime ad armonie sempre più discrete di grigi variamente
intonati, per risalire ad ardenza di tinte — e per l’altro si stacca il sentiero dell’arte bresciana
con sole pietre miliari il Romanino ed il Moretto.

11 Foppa dunque ci si mostra come un caposcuola, sebbene tra tante mescolanze mante-
gnesche, bramantesche e belliniane. I caratteri, di forza squadrata nelle forme, e di colore ben
fuso si accentuano in lui; e sono propriamente questi a cui mirano i suoi imitatori, ripren-
dendo d'altronde, per loro conto, direttamente dagli artisti veneti, quelle altre qualità che nel
Foppa s’intralciavano con le sue qualità più personali senza giungere a risultati chiari e pre-
cisi. Nei due pittori di Treviglio la sua forza diventa barbara e cocciuta ; meglio è intesa dal
Romanino e dal Moretto; il suo sentimento del colore, per cui egli era tratto a conciliare gli
urti tra la superficie e l’atmosfera, come dice il Berenson, è generalmente meglio inteso da
Ambrogio da Fossatio, che negli accordi del colore in dipendenza sempre dal tono grigio —
esempio le armonie rare di grigio, nero e blu — giunge a tali finezze sintetiche da far pensare
sempre per opinione del critico suddetto, ad un Whistler del Rinascimento.

L'Arte. XVII, 37.
 
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