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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

DOI issue:
Fasc. 5-6
DOI article:
Venturi, Lionello: Studii sul Palazzo Ducale di Urbino
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0449

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STUD1I SUL PALAZZO DUCALE DI URBINO

Civiltà artistica urbinate - Francesco Laurana - Luciano Laurana - Francesco di Giorgio
Martini e le tarsie urbinati - Francesco di Simone Ferrucci - Ambrogio Barocci e Gian
Cristoforo Romano - Varia.

IL Palazzo Ducale di Urbino si presenta a noi come opera commista di architettura pura-
mente costruttiva e di decorazione plastica con intenti pittoreschi. Il cortile e le logge da
un lato, le porte bene intagliate e le serie di pitture-ritratti, dall’altro, sono il risultato, non
di un disarmonico assieme, ma di due civiltà sovrapposte. La differenza delle scuole cui ebbero
appartenuto gli artisti che lavorarono in Palazzo Ducale, non basta a spiegare la diversità delle
due tendenze, la quale è di tempo, e indica un mutamento nello spirito che ha presieduto al
lavoro.

Forse, Federico da Montefeltro in persona, dopo avere lucidamente attuato un sogno di
pura arte lo complicò e lo corruppe con un sovrapposto sogno di ricchezza; oppure Firenze
e Venezia si susseguirono nel dominio alterno della regione urbinate; o anche si trattò del
logico succedere a un periodo artistico di serenità conquistatrice di un altro tormentato ed
incerto: in Toscana e a Ferrara un simile fenomeno ebbe luogo nel medesimo tempo.

Probabilmente, tutte queste cause, ed altre ancora, originarono i due diversi periodi rap-
presentati da due ben distinti gruppi di artisti.

Luciano, Francesco Laurana e Piero della Francesca impersonano il primo.

Giusto di Gand, Giovanni Santi, Ambrogio Barocci, Domenico Rosselli, Francesco di Si-
mone, Timoteo Viti, Gian Cristoforo Romano, il secondo.

E chi rammenti l’arte che corrisponde a questi nomi, avverte un salto : da eroi a sem-
plici mortali.

Avvertirono il salto, ci sembra, e non vi si lasciarono trascinare, i due che resero uni-
versale il nome di Urbino, Bramante e Raffaello, de’ quali il Palazzo di Federico fu appunto
la patria spirituale.

Con i proprii mezzi, Urbino non sarebbe mai divenuta una città importante nella storia:
essa è l’attuazione del magnifico sogno di un principe, e pur ne dura la fama a traverso i
secoli. Dopo aver persino modificata la conformazione di due monti, in mezzo a poche case,
l'ederico elevò il Palazzo, considerato allora il più bello d’Italia, e vi accumulò da ogni terra
arte, dottrina, denaro. Così, una remota montagna divenne centro di civiltà.

Perchè la terra remota era feconda, i due geni che vi nacquero trovarono nel Palazzo
Ducale l’estetica cui conformare la loro attività, come se invece che in una remota montagna
fossero educati nei maggiori centri d’Italia. Ne partirono poi, Bramante e Raffaello, indiversi
luoghi, con diversa arte di architettura e di pittura ; e quando si ritrovarono, alla conquista
di Roma, pienamente raggiunta la loro personalità, rimasero avvinti nel significato assunto dal
loro spirito di fronte al generale cammino dell’arte italiana, così come erano stati avvinti nel
primo passo compiuto in Urbino.
 
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