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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 4
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Biancale, Michele: Giovanni Battista Moroni e i pittori bresciani, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0324

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MICHELE BIANCALE

A tale proposito è notevole nei discepoli del Poppa la tendenza alle armonie argentine: il
Bergognone da un lato e dall’altro il Romanico, il Moretto e subordinatamente il Moroni risol-
vono con una logica coloristica che ha quasi dell’inevitabile, i loro accordi cromatici, più vasti,
più intensi e dissonanti ad armonie puramente tonali di grigio con colori o neutri o bassi. Tali
artisti, o per un inconsapevole ritorno al tono fondamentale foppesco, o per l’eliminazione, così
frequente nei coloristi più dotati, del superfluo, in un intento di semplicità rara e complicata,
tutti ad un dato tempo della loro operosità pittorica — e che si può precisare per ciascuno sicu-
ramente in opere e in date — schiariscono la loro tavolozza.

Il Romanino ci appare in ciò tipico: lui così essenzialmente veneziano anzi giorgionesco
nel colorito nutrito e fuso, ad un tratto s’inargenta. E forse sarà stato in lui sforzo ad applicare
in altro registro, per così dire, il senso giorgionesco della massa, o anche — apparendoci tale
sua maniera nel quadro della Natività in San Giuseppe a Brescia — sarà stato desiderio d’espe-
rimentarsi in tale gamma così cara al Bonvicino; ma è certo che il procedimento è il medesimo
per tutti gli artisti che più o meno direttamente subiscono l’influenza del Toppa.

% *

Ma il Romanino c l’artista che meno si concede alla tradizione locale, e di fronte al Moretto
ch’è nella sua essenza schiettamente bresciano, egli si pone in un campo ben distinto con
un’arte diversa arricchita da altri tributari. La sua pala di Padova è concepita sotto il soffio
alvisiano passato in provincia a schiudervi qualche nuova gemma: disposizione, forza plastica,
tutto è nel suo spirito, e solo la grande arcata che ripete con accento più alto e più preciso
il ritmo arcuato della composizione, tradisce non so che ricordo architettonico foppesco. La
sua disposizione è quella di riecheggiare le voci dei diversi artisti veneti. Belliniano — nella
pala del 1510 a Venezia —, alvisiano a Padova, s’inizia nel quadro di Berlino al giorgionismo
attraverso Palma, finché negli affreschi del Duomo di Cremona s’atteggia a tizianesco. Egli
compie, tutta la traiettoria dell’arte veneta per suo conto; ma le qualità che accentua in tale
percorso sono quelle d’una forza misurata, anche se torpida e d’un colore sempre più ricco e
lucente. Eclettico e semplificatore, come il Moretto; ma con risultato diverso. Magnifica sin-
tesi di paesaggio, la sua —- nei due quadretti mitologici di Adone ed Erysichton a Padova —
tale da far pensare a Lionello Venturi alla scuola francese del 1830. Il Romanino ha ridotto
le colline a linee variamente ondulate; ha un po’ sfondato i nuclei verdeggianti ed arborati di
Giorgione ; ha sentita la pianta come un cespuglio sparso in un piano o in un declivo, armo-
nizzando non masse ma linee, linee di alberi con linee di colline, sinuose in accordo di sinuose
chiome arboree, longitudinali in corrispondenza di tronchi verticali.

Così è ricaduto quasi in un linearismo paesistico, che prende sapore di novità, perchè è
svuotato di elementi arcaici e ci appare come un risultato ultimo più che una tendenza. Anche
le persone della favola sono poste come figurine in un paesaggio settecentesco, con valore rap-
presentativo scarsissimo; sì che dalla duplice riduzione del paese e del soggetto è sgorgata
un’opera che giustifica appunto la meraviglia del critico suddetto e gli dà il ricordo d’un arte
così straordinariamente posteriore.

A parte del resto tale tendenza semplificatrice, il Romanino sta a rappresentare in Brescia
l’avvento della piena corrente pittorica veneta che tutto lo investe; in ciò più veramente rivale
del Moretto, sebbene l’inevitabile contatto-della loro arte esercitata nello stesso ambiente abbia
determinata anche qualche comunanza artistica che non può in nessun modo intaccare il carat-
tere della loro visione pittorica tanto diversa. Eclettici l’uno e l’altro; ma le varie influenze
si sono stratificate quasi nel temperamento del Romanino, nel senso ch’egli non ha reagito
loro organizzandole, sicché noi non sapremmo non solo parlare d’un risoluto carattere roma-
niniano, ma non sapremmo neppure discernere quanto di bresciano sia rimasto in lui; mentre
che in Moretto le varie influenze hanno organizzato la sua arte, sicché Palma, Savoldo, Lotto,
Tiziano, Raffaello rappresentano altrettanti motivi a servizio d’un temperamento che li supera
con la sua disposizione centrale di pittore bresciano.
 
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