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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 3
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Cipolla, Carlo: Ricerche storiche intorno alla chiesa di Santa Anastasia in Verona, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0231

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RICERCHE STORICHE INTORNO ALLA CHIESA DI SANTA ANASTASIA

197

Il Pellegrini accenna a lasciti per testamento. Il
dott. Giacomo Centrego lasciò le sue vesti, mobili e
vettovaglie, il che tutto si vendette per 100 lire. Ales-
sandro Caliari donò 15 ducati, e di 25 provvide Fran-
cesco Pellegrini. Cita il Libro della Compagnia di
san Pietro Martire.

In molti luoghi vedesi l’arma della Città su co-
lonne, pulpito, facciata, sedie del coro, vetriate, bi-
blioteca; ciò che ha l’arma cittadina « è chiaro essersi
fabbricato posteriormente alla istitnzione dei fabbri-
ceri ». Quest’arma, secondo il Pellegrini, indica solo
che la Città ebbe la direzione dei lavori, ma la costru-
zione si alimentava colla offerta.

Ricorda le armi Scaligere, sulla fronte dell’altar
maggiore, quelle del Castelbarco, e quelle che egli
attribuisce ai Merzari. Notevole è anche quest’altra
annotazione: « Nell’invetriata sopra la cappelletta di
sant’Anastasia si vede l’arma Cipriana ». Proprio può
dirsi che la chiesa era ricca di antiche invetriate.
Adesso non restano che le due della sagristia, come
meglio dirassi.

Ha relazione con la storia monumentale della chiesa,
perchè circondata da una lapide collocata nell’annesso
convento, la venuta di Pio VI. Questo pontefice di
ritorno da Vienna, giunse a Verona la sera del giorno
11 maggio 1782,1 per ripartirne la mattina del 13. Es-
sendo assente il vescovo Giovanni Morosini, ospitò
nel convento dei Domenicani, e in Sant’Anastasia
ascoltò la messa poco prima di partire. 2 Tornava dopo
il suo ben noto abboccamento con Giuseppe II.

1 Cfr. il mio Compendio, Verona, 1900, pag. 341.

2 Una relazione contemporanea del passaggio di Pio VI
fa pubblicata dall’abate Giacomo Campetti (Archivio Veneto,
XII, 156-157); un’altra ne scrisse Benedetto del Bene, e

Il 20 aprile 1806 fu traslocata in Sant’Anastasia la
parrocchia di Santa Maria in Chiavica: ed il 19 marzo
dell’anno seguente cessarono i padri Domenicani.1

Dal 1878 al 1881 la basilica fu fatta oggetto alle
cure assidue di molti amatori dell’antichità e dell’arte.
Jacopo Biadego che apparteneva alla Fabbricerìa, prese
con vivo interesse a provocare i restauri, nei quali
molte costruzioni pericolanti vennero rinforzate e re-
stituite nelle necessarie condizioni statistiche, molte
superfutazioni fatte negli ultimi secoli, quando non si
apprezzavano o non s’intendevano le arti del Medioevo
e del Rinascimento, furono levate. Il Governo, che
in Verona era rappresentato dal prefetto Giuseppe
Gadda, cooperò con lodevole larghezza a questi la-
vori, ai quali si deve se la basilica asstinse aspetto
serio e dignitoso. Il Gadda fu davvero benemerito
come di altri numerosi monumenti veronesi, così pure
della basilica di cui ci occupiamo. I proprietari di alcune
cappelle, come i Pellegrini e i Miniscalchi, concorsero
per quanto riguardava i monumenti delle loro famiglie.

La storia dei lavori di riatto e di restauro fu scritta
dall’ing. Giuseppe Mangonotti, che in tali lavori prestò
l’appassionata e intelligente sua opera.2

Carlo Cipolla.

fu posta in luce nell’opuscolo: Nuove lettere di Benedetto
del Bene al marchese Gian Francesco Dionisi (Verona, 1879,
pag. 45); di quest’ultima parlò G. Biadego nell'Arch, Veu.,
XVII, 348-349). L’iscrizione pos’a nel Convento domeni-
cano sull'architrave delle stanze abitate da Pio VI fu posta
in luce dal Campetti (loc. cit., pag. 155).

1 Giuseppe Perueki, Notizie spettanti la Chiesa parroc-
chiale Matrice di Sant’Anastasia, Verona, 1809, pag. 16.

2 Dei restauri nel tempio monumentale di Sant’Anastasia
di Verona dall’anno /8yS al 1881, Verona, Artigianelli,
anno 1882.
 
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