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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 4
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Longhi, Roberto: Il soggiorno romano del Greco
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0336

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ROBERTO BONGHI

derare assai meno importante del colore. E d’altra parte il Clovio stesso si contraddice accen-
nando subito dopo alle opere dipinte dal giovine artista con applauso universale.

Donde mai, si domanderà, il Mancini ebbe campo di raccogliere la memoria del curioso
ed importante episodio che rischiara finalmente le cause della partenza del Greco da Roma?

10 suppongo che la fonte sia stata precisamente quel Lattanzio Bonastri da Lucignano, che il
Mancini di certo conobbe — con tanta abbondanza di particolari ce ne tratteggia, poco prima,
la vita e il carattere — e che per esser stato scolaro del Greco a Roma e aver poi operato a
Siena — patria del Mancini — un’opera sullo stile del maestro, molto ammirata dal biografo per
«quella maniera a botte Titianesche », era certamente più in grado che qualsia di offrirgli
notizie sicure sul grande Theotocopuli.

Infine, non bisogna dimenticare che l’episodio concorda affatto con il temperamento su-
perbo e sdegnoso del Greco, con la sua eccezionale indipendenza mentale e verbale, discende
quasi fatalmente dall’opinione espressa, chi sa quante volte prima che al Pacheco, della impor-
tanza del colore superiore a quella del disegno, e concorda infine in particolare con l’opinione
ch’egli — richiestone — doveva confidare sempre al Pacheco, intorno a Michelangelo; il quale
— egli avrebbe detto —• era stato certamente un buon professore, ma era gran peccato che
non sapesse dipingere.

Ebbene: bisogna pur riconoscere — e non per omaggio al centenario — che Greco dal suo
punto di vista aveva ogni ragione. Un pittore, lo si sa, ha il sacrosanto diritto, addirittura

11 dovere — sotto pena di sconciare il proprio temperamento — di credere legittima soltanto
la propria interpretazione della realtà, ed è semmai la critica che può godere nel tempo di
due interpretazioni per quanto diverse ed opposte. Guai se Michelangelo avesse creduto di
dover davvero imparare a dipingere, guai per contro se il Greco si fosse finalmente convinto
di dover studiare il disegno. La loro reciproca e inevitabile posizione, che li portava en-
trambi alla gloria, era quella di rimbrottarsi eternamente di non sapere dipingere, di non
saper disegnare.

Ma non era certamente questo che potessero comprendere i dilettanti di belle arti e i
pittori di Roma nell’ultimo quarto del sec. XVI, che dallo stile delle Logge avevana formata
poco a poco l’olla podrida di tutti i disegni e di tutti i colori, naturalmente! Per conseguenza,
l’effetto disastroso che dovette sortire la proposta del Greco non potrà stupire nessuno. Gli
oltraggi verbali e materiali dei contemporanei al Giudizio di Michelangelo si fondavano su
criteri di moralità non su criteri estetici, per quanto personalissimi, quali il Greco portava in
campo fra lo scandalo e la riprovazione universale. « Ha detto male di Michelangelo » doveva
allora essere un ritornello non meno efficace che l’infallibile e comico « Ha detto male di
Garibaldi » per tempi più vicini.

La narrazione del Mancini adunque ci offre la vera spiegazione della partenza del Greco
da Roma.

Quanto al soggiorno spagnolo, il Mancini, meno informato, non ci dà che un pressapoco
della verità. Un fondo di vero c’è nel fatto che Filippo II si decise a chiamare il grosso
degli Italiani dopo che il Greco — a parer suo — aveva fatto cattiva prova con alcuni capo-
lavori assoluti, ma di un soggiorno del Greco a Madrid quale parrebbe resultare dal Man-
cini non sembra si possa parlare e tanto meno si può passar per buona la motivazione della
sua partenza dalla Corte, poiché quando egli fissò definitivamente la sua dimora a Toledo,
verso la fine del 1585, nè Tibaldi, nè Zuccari erano ancora partiti per la Spagna.

Ma un’altra questione, forse, mi si domanderà di risolvere prima di chiudere queste note
fugacissime. Quando precisamente il Grecò abbandonò Roma?

Poiché infatti l’episodio manciniano pare riferirsi al pontificato di Pio V, che morì a mezzo
il ’72, e pare inoltre aver avuto conseguenze poco meno che immediate; poiché la data della
decorazione di San Domingo el Antiguo a Toledo non è infine che il termine estremo per
la datazione dell'arrivo del Greco in Ispagna; poiché la perizia d’arte con che il Greco giunse
 
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