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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 5-6
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Biancale, Michele: Giovanni Battista Moroni e i pittori bresciani, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0355

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GIOVANNI BATTISTA MORONI

E I PITTORI BRESCIANI

Continuazione e fine, vedi fase, precedente)

IL Moroni comprese che il Moretto era un maestro non da imitare ma da copiare: imitarlo
sarebbe stato interpretare i caratteri della sua arte. Egli, così giovane come dev’essere
stato quando dal suo paese andò a Brescia verso il 1540, non avrebbe potuto. Ogni quadro
del suo maestro gli era buon pretesto a prenderne tipi, gruppi, modo di colorire ; tutto senza
mutare e spesso contaminando un’opera con elementi morettiani sparsi e raccattati a casaccio.
Buon aiuto dovett’essere nei primi anni, entrando collaboratore in certe opere che non rive-
lano un Moretto agile nella linea, intonato nella gamma, chiaro nella composizione. Ma anche
quando il Moroni operava per suo conto rimaneggiava tutto il materiale morettiano, ricom-
ponendolo senza criterio e senza gusto. Chè infine — tra tanti motivi che ricorrevano nella
produzione del suo maestro, e di svariatissima derivazione — egli non comprese, dapprima,
quali fossero propriamente quelli che il Moretto ridava così perfettamente rielaborati, da simu-
lare non so che personalità artistica individuale, non comprese il segreto della bellezza dei
quattro o cinque capolavori morettiani, ai quali solo per magnifica riduzione stilistica di sva-
riati elementi il maestro era giunto, ed ignorando ciò che aveva faticosamente determinato il
carattere della sua arte, s’attaccò disperatamente agli elementi esteriori, la tipologia morettiana,
e quelli ripetette sino a quando comprese che ostinandosi in tale maniera egli non sarebbe
diventato che il più brutale volgarizzatore e contraffattore del suo maestro. Dunque, i tipi ;
ma anche questi sentiti in maniera isolata, ripresi nel loro atteggiarsi ; da venire solo ad indi-
care il soggetto, staccati perciò dalla compagine lineare e luminosa, frammenti bruti e poveri
che si riadattavano meccanicamente più o meno bene.

Come esempio di copie esatte da modelli morettiani si può mostrare il San Gerolamo dot-
tore all’Accademia Carrara a Bergamo, ma pallido nel colorito, allentato nel contorno e un
po’ sgangherato nella struttura muscolare; col suo manto ritorto come un canapo i cui bordi,
invece del fine dentello minuto e regolare, sembrano sfilacciati e rosicchiati. Esempio di per-
sonaggi tolti da vari quadri e poscia riadattati può offrire la pala d’altare in Santa Maria Mag-
giore a Trento, già attribuita al Moretto, anteriore forse al 1540, in cui i quattro dottori in
basso sono copiati esattamente dal quadro del Moretto all’Istituto Stàdel di Francoforte. La
Madonna ripete un tipo morettiano comunissimo, e il San Giovanni Evangelista, cacciato in

mezzo ai quattro dottori senza necessità è una ripetizione d’un San Giovanni nell 'Assunta di

Cenate San Leone, del Moroni. Il quadro alla Brera della Vergine con Santi e un offerente

ripete — sebbene con accenni molto sensibili ad interpetrare più che a copiare — tipi e carat-

teri del Moretto. Nel colore prevalentemente grigio tali opere ripetono le armonie di questo
maestro, anche se con accordo meno delicato e con fusione spesso insufficiente; salvo che in
qualche quadro, come nel San Pietro Martire al Castello Sforzesco a Milano, copiato dal
maestro, il Moroni adopera un colore arancione assai crudo e tende a sviluppare non so
che cangiantismo coloristico raro nel suo maestro.

L'Arte. XVII, 41.
 
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