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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 18.1915

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Fasc. 2
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Ricci, Corrado: Gli Aspertini
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https://doi.org/10.11588/diglit.24142#0115

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GLI ASPERTINI*

C"' IORGIO Vasari ha fatto con la penna un così vivace ritratto d’Amico Aspertini che mai
JX sarebbe riuscito a farlo uguale col pennello. Dopo averlo chiamato « uomo capriccioso
e eli bizzarro cervello, come sono anco pazze, per dir così e capricciose le figure da lui fatte
per tutta Italia », dopo aver detto «che, come persona astratta che egli era e fuor di squadra
dall’altre, andò per tutta Italia disegnando e ritraendo ogni cosa di pittura e di rilievo e così
le buone come le cattive: il che fu cagione che egli diventò un praticaccio inventore; e quando

poteva aver cose da servirsene, vi metteva su volentieri le mani; e poi, perchè altri non se

ne servisse, le guastava: le quali fatiche furono cagione, che egli fece quella maniera così
pazza e strana», il Vasari chiude allegramente narrando: « Dipigneva Amico con amendue
le mani a un tratto, tenendo in una il pennello del chiaro e nell’altra quello dello scuro; ma
quello che era più bello e da ridere si è, che stando cinto, aveva intorno intorno piena la
coreggia di pignatti pieni di colori temperati, di modo che pareva il diavolo di San Macario
con quelle sue tante ampolle; e quando lavorava con gli occhiali al naso, avrebbe fatto rìdere
i sassi, e massimamente se si metteva a cicalare; perchè chiaccherando per venti, e dicendo
le più strane cose del mondo, era uno spasso il fatto suo. Vero è, che non usò mai di dir
bene di persona alcuna, per virtuosa e buona ch’ella fusse, o per bontà che vedesse in lei
di natura o di fortuna. E, come si è detto, fu tanto vago di gracchiare e dir novelle, che
avendo una sera un pittor bolognese in su l’Ave Maria compero cavoli in piazza, si scontrò

in Amico; il quale con le sue novelle, non si potendo il povero uomo spiccare da lui, lo

tenne sotto la loggia del Podestà a ragionamento con sì fatte piacevoli novelle tanto, che
condottisi fin presso a giorno, disse Amico all’altro pittore: Or va cuoci, il cavolo, chè l’ora
passa »/

Capricciose, disse bene il Vasari, le pitture d’Amico, ma non disconobbe in lui qualche
buon lato e lodò pure qualche lavoro o parte di lavoro, in che fu seguito dal Malvasia,2 dal
Baldinucci,3 dal Bolognini-Amorini4 e via via da quanti si occuparono dello strambo pittore
bolognese sino al Frizzoni, al Jacobsen, al Venturi, il quale però lo giudicò più acerbamente
degli altri.5 E non dico a torto: ma noto esser sintomatico ch’egli, poi, se ne sia occupato

* Ringrazio i cortesi studiosi d’arte che mi aiuta-
rono nelle ricerche necessarie a questo scritto, ossia
il prof. D. Giulio Belvederi, il conte clott. Francesco
Cavazza, il conte dott. Widar Cesarini-Sforza, la pro-
fessoressa Lisetta Ciaccio Motta, il conte Carlo Gamba,
il conte dott. Umberto Gnoli, il dott. Giovanni Livi,
il dott. D. Alberto Serafini, il dott. Albano Sorbelli,
il prof. I. B. Supino e Ring. Guido Zucchini.

1 Le vite dei più eccellenti pittori, scultori ed archi-

tettori, V (Firenze, 1880), pagg. 179, 181 e 182.

2 Carlo Cesare Malvasia, Felsina pittrice (Bo-
logna, 1841), pagg. no-m, 115-118.

3 Filippo Baldinucci, Notizie dei professori dei-
disegno, II (Firenze, 1846), pagg. 125-127.

-t Antonio Bolognini-Amorini, Vite dei pittori
ed artefici bolognesi, parte II (Bologna, 1842), pagine
103-105.

5 Adolfo Venturi, Storia dell’Arte italiana, vo-

L'Arte. XVIII, n.
 
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